Loro hanno per certi versi inventato tutto: il marketing della ristorazione, l'alta cucina dove non andare se non si ha preventivamente prenotato, le grandi tavole dentro ai grandi alberghi e perfino gli agnolotti al plin. Ma oltre a questo gli Alciati sono un modello gestionale, organizzativo, economico. L'ennesima dimostrazione che eccellenza, ricerca e imprenditorialità profittevole possono andare d'accordo in Italia.
“Ogni giorno c’è un cliente che evoca un ricordo o un aneddoto legato ai miei genitori e allora capisco quanto sono vivi nella memoria di tante persone. Hanno creato qualcosa di veramente grande in un periodo pionieristico della ristorazione, sono stati degli autentici precursori. Mi rendo conto che non smetto mai di imparare da loro, è come se avessimo sempre una mano sopra di noi”. Andrea è il più giovane (classe 1971) dei tre fratelli Alciati. Con Ugo (1967) e Piero (1962) continua a scrivere ogni giorno i tanti capitoli di una delle più entusiasmanti storie della ristorazione piemontese e italiana, iniziata con papà Guido e mamma Lidia a Costigliole d’Asti, a metà degli anni Sessanta, con il Bar Centrale e poi con il ristorante Guido.
L'origine dell'agnolotto del plin e della prenotazione
Prima di questa coppia immortale, l’agnolotto era quello quadrato, tipico del Monferrato. Poi, grazie a Lidia, si comincia a parlare solo dell’agnolotto del (o al) plin: quello del pizzico tra indice e pollice con cui si chiude la pasta sul ripieno di carne e verdure. Prima di loro, al ristorante si entrava e basta, senza particolari procedure, quasi solo per occasioni speciali o per cene aziendali perché non c'era ancora il turismo enogastronomico. Poi, su idea di Guido, fuori la porta compare un cartello: “Il ristorante lavora solo su prenotazione”.
Due piccole, grandi rivoluzioni. Due (delle tante) intuizioni da marketing ante litteram. “Mio padre era un visionario – ricorda Piero, enologo ed esperto uomo di sala – e ha sempre avuto ben chiaro quale sarebbe stato il suo posto: il suo obiettivo era quello di creare un desiderio che la gente non sapeva ancora di avere. Andava a Samboseto, a trovare Peppino Cantarelli, oppure ai 12 Apostoli a Verona o alla Santa a Genova, da Nino Bergese, tutti luoghi straordinari, una sorta di summa di quella che sarebbe diventata l’alta ristorazione. Non c’era ancora l’interesse dei media, se la cantavano e se la suonavano, erano dei grandi affabulatori. Io accompagnavo spesso mio padre, mi sono fatto due palle così da piccolo…”.
Lo staff di sala e cucina
Gli Alciati bros (tre come altre fratellanze perfette, dai Cerea ai Roca) curano oggi un complesso network di insegne e attività da 30mila coperti ogni anno, per un fatturato di 5 milioni di euro...
Il racconto dell'impero Alciati continua nel numero di giugno del Gambero Rosso.
a cura di Federico De Cesare Viola
foto di Davide Dutto
QUESTO È NULLA...
Nel numero di giugno del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate la storia completa con tutti gli indirizzi degli Alciati, i ricordi di famiglia, la collaborazione con Oscar Farinetti iniziata già nel 2006, agli albori di Eataly, e il racconto del nuovo progetto di consulenza a Parigi. Un servizio di 8 pagine che comprende anche le 8 regole della sala secondo Piero Alciati (con le infografiche di Alessandro Naldi), un bel ritratto degli Alciati firmato dal produttore di vino Angelo Gaja e una timeline con tutte le tappe fondamentali di questa incredibile storia.
Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store
Abbonamento qui