Spaghetti al pomodoro, il piatto che tutto il mondo ci invidia. Una preparazione apparentemente semplice ma in grado di trasformarsi in un’indimenticabile esperienza di gusto, che non a caso ha sedotto grandi chef. Da Fulvio Pierangelini che durante una lezione presso la facoltà di Scienze Gastronomiche di Parma lo ha descritto come il piatto della memoria ad Alfonso Iaccarino che ne ha fatto il suo cavallo di battaglia, scusate se è poco.
Ma il vino? In questo caso l’abbinamento non è assolutamente scontato, a differenza di come si potrebbe pensare.
Iniziamo subito dalle bollicine, anche se con risultati deludenti. Il Valdobbiadene Brut Cuvèe del Fondatore Graziano Merotto pulisce la bocca ma la sensazione metallica si fa spiacevolmente presente, mentre per quanto riguarda il Franciacorta Extra Brut di Ricci Curbastro l’acidità del pomodoro ne esalta eccessivamente le note vegetali. Discorso inverso per l’Oltrepò Pavese Cruasè dei F.lli Giorgi, sicuramente un gran vino ma che sovrasta la componente acida della perla di Corbara. Nota di merito per lo Champagne di Alain Reaut, prodotto biodinamico che riesce ad esaltare il carattere mediterraneo della nostra portata.
Con i bianchi, però, la situazione cambia. Sul lombardo Lugana siamo tutti concordi nel sottolineare la piacevole nota nocciolata e minerale, e anche l’abbinamento con il Frascati Superiore di Poggio Le Volpi conquista pareri favorevoli; l’Epos riesce ad ammorbidire tutte le note vegetali del piatto andando a pescare sentori nel bouquet dell’orto: salvia e basilico si prendono subito a braccetto e vengono raggiunti da granella di mandorla e gocce di vaniglia, per un accordo territoriale armonioso ed elegante.
Il Pinot Bianco dell’Alto Adige regala freschezza e pulizia mentre il Verdicchio dei Castelli di Jesi si gioca tutto sulle note vegetali, un bel connubio.
Troppa energia per il Catarratto di Barraco, un gancio destro per gli spaghetti al pomodoro, così ci si sposta in Penisola con il Furore Bianco di Marisa Cuomo; con un bel risultato, e il pensiero vola verso Il Principe Antonio De Curtis, alias Felice Sciosciammocca, ed il suo maccheronico balletto tratto dalla pellicola Miseria e Nobiltà.
La costa adriatica, invece, ci regala il Pecorino Tiberio con cui si realizza un’accoppiata positiva ma non esaltante, così come con il Friulano di Felluga; il Sauvignon, dal canto suo, carica tutto sulla foglia di pomodoro, che si impadronisce così del palato lasciandolo amaro.
Non riscuotono lo stesso successo i rossi e i rosati; con il Bardolino perdiamo la freschezza, invece il tannino del Cabernet Franc risulta essere troppo violento per il pomodoro.
Sufficienza guadagnata sul filo di lana per la Schiava, mentre si vuol far notare il riuscito incastro con il rosato ligure Mea Rosa Cantine Lunae Bosoni.
Alla prova un abbinamento con la birra, ma è un azzardo; no secco per la Via Emilia del Birrificio del Ducato, così come la belga La Chouffe Blonde, mentre sembra essere più rispettosa la tedesca Kölsch.
And the winner is? Frascati Superiore Epos’10 Poggio le Volpi, che con i suoi profumi naturali, immediati e mediterranei riesce a celebrare un’unione semplice e genuina, ma tutt’altro che banale.
Questi i risultati dei nostri assaggi, avete altre proposte? Sperimentatele e fateci sapere come sono andate.
a cura di Giulia Sampognaro. Ha collaborato Giuseppe Buonocore