a > il corso "Il Cous cous" e accompagnerà i partecipanti all’interno dei ricordi e dei riti che l’hanno portata ad amare la cucina della sua regione, la Sicilia. Sarà un percorso ricco di profumi e aromi, di sapienza e segreti del mestiere, che Marilù condividerà con i partecipanti.
La preparazione del cous-cous fa parte del suo bagaglio di ricordi, quell’insieme di immagini e sensazioni che ognuno di noi ha e che ti accompagna per tutta la vita; tra questi la chef palermitana custodisce il cous-cous. Questo piatto è un elemento del territorio trapanese: lo si mangia come piatto tradizionale e nelle occasioni di festa ad Alcamo, a Marsala, a Mazara, a Trapani, nelle Egadi, a San Vito, a Pantelleria. E’ un sapore di questi luoghi, di queste terre e di questi mari.
Il colore e i profumi che compongono il piatto lo rendono una vera e propria festa: la semola di grano duro, la cipolla, l’olio di oliva delle colline, il sale del mare, il pepe e la cannella, l’alloro, l’aglio e il prezzemolo, le mandorle e il limone, il pesce, il concentrato di pomodoro e la menta.
E gli strumenti di lavoro, vere e proprie protesi che diventano un tutt’uno con il corpo di chi prepara questa specialità: la mafararda, la couscousera e la pignata. La semola viene “incocciata”, ridotta in piccoli “cocci”, grani, nella mafararda: si spruzza un pò d’acqua con la mano sinistra mentre con la destra si lavora la semola imprimendo un verso rotatorio fino ad ottenere i piccoli granelli che andranno poi cotti a vapore. Servono pazienza, tempo e tranquillità nel rito del cous-cous. La semola deve cuocere e poi riposare. Successivamente verrà condito col brodo di pesce e fatto riposare per quasi un’ora, avvolto in un panno di lana, all’interno della mafararda.
La gestualità che accompagna il rito del cous-cous ne fa uno spettacolo corale unico e avvincente, raggiungendo una dimensione quasi teatrale. Questa volta i protagonisti sarete voi e avrete l’opportunità di essere guidati da una custode della tradizione, senza dimenticare che la sapienza popolare non si scrive. Si tramanda.
Giovanni Angelucci
22/11/2011
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