Arrivato allโultima pagina del menu, lโavventore sedutosi a uno dei tavoli che da Banchina di Levante si affacciano sullโAdriatico potrebbe legittimamente domandarsi cosa ci faccia, qui, un intero percorso di degustazione dedicato alla selvaggina. Eppure, basta alzare gli occhi fuori dalla finestra per vedere come tra mare e cielo vi sia solo una linea sottile, una sfumatura diversa di azzurro. E se le acque si spingono fin lรฌ, a pochi metri da noi, il loro profumo continua e arriva oltre, a chilometri di distanza, specie quando la bora garrisce, per rubare le parole di Umberto Saba. E poi, da queste parti i pescatori sono da sempre anche contadini e cacciatori: bastano pochi chilometri per addentrarsi da Senigallia fino alle falde dellโAppennino, e raccoglierne i tesori.
La caccia
Non stupisce, allora, che su questi lidi si sappia interpretare con intelligenza la cacciagione, materia solitamente riservata a rade sortite stagionali e relegata al finale di menu, quando i sapori si fanno piรน forti e decisi. La cucina di Mauro Uliassi si nutre dellโosservazione e del ricordo, e La caccianasce idealmente dalla contemplazione di quella linea allโorizzonte, a suggerire una compenetrazione di due mondi cosรฌ lontani, e dalla memoria di levatacce mattutine e ore passate in appostamento, con lโaria di mare che inebria le narici mescolata allโodore di polvere da sparo. Il risultato รจ lโideale complemento degli altri due percorsi, il Classicoe il Lab,da cui recupera e reinventa spunti e creazioni, e che a sua volta compenetra e contamina, con piatti di grande luciditร concettuale, tecnica invisibile (si pensi allโestrazione a freddo con Pacojet per lโolio di perilla che dร la nota vegetale alla grouse), ed eleganza visiva innata, senza inutili orpelli o effetti speciali.
Non troverete, qui, certi temerari tuffi in apnea del Lab come il Benvenuti al mare o lo straordinario Mare dentro, ma le portate iniziali nascono dallo stesso spirito creativo, con lโesplorazione delle sfumature ferrose e iodate e la ricerca di impercettibili analogie, a sottolineare questa affinitร segreta. ร quanto accade con lโiniziale tartare di lepre, ricci di mare e olio di ginepro, punto dโincontro di acqua e terra affidata alla ferrositร in comune tra il crudo della selvaggina e le gonadi del frutto di mare, queste ultime declinate in forma di granita: le diverse temperature e consistenze inizialmente spiazzano, poi incuriosiscono, infine conquistano.
Il gioco si fa ancora piรน intenso con la seconda corsa: grouse, ostrica, semi e olio di perilla. Amaro e iodato, la carnositร del volatile e quella del mollusco, i sentori quasi torbati della carne che fanno a rimpiattino col salmastro e il minerale della controparte marina. Bellissimo anche a vedersi, con lโimpiattamento a dare dinamicitร al tutto, ogni boccata una pennellata diversa.
Dopo i contrasti si torna sulla terraferma: il fondente di patate con anatroccolo e tartufo nero rilegge uno dei classici dello chef marchigiano, con lโanatroccolo al posto delle mazzancolle. Un piatto avvolgente, morbido, rassicurante come un focolare acceso in una serata di fine autunno.
La royalealla maniera di Uliassi non cerca di reinventare la ruota, ma si limita a perfezionarla con una variazione sul tema, col germano al posto della lepre. Il perno, lโingrediente-chiave, รจ il sangue, quello vero di cui รจ composta la densa salsa scura che nappa la royale come un guanto, e quello evocato dal rosso vivo del melograno che ne accompagna la presentazione e funge da elemento rinfrescante e sgrassante. La marchesiana foglia dโoro appoggiata sul medaglione di carne farcito suggella la maestositร di un piatto regale di nome e di fatto, alla vista e al palato.
Lโamore per gli ingredienti poveri contraddistingue le due portate conclusive della parte salata, in cui le frattaglie sono protagoniste. Nei ravioli con finanziera di selvaggina, burro e salvia e nocciole caramellate, la succulenza del ripieno e della salsa รจ esaltata dal frutto, che aggiunge lโelemento croccante e dona una persistenza gustativa lunghissima.
Il percorso culmina con il colombaccio alla marchigiana, altro caposaldo del ristorante di Banchina di Levante, sintesi ideale della simbiosi tra memoria del gusto e Adriaticitร :rustico alla vista, con il petto disossato e infilzato in uno spiedino a sormontare un crostino col patรฉ delle interiora (saltate con burro, cognac e foie gras), in realtร millimetrico per tecnica e realizzazione, con il crostino, apparente comprimario, a guadagnare il proscenio, un boccone che vale da solo il viaggio. Un punto dโarrivo che รจ il piรน bellโomaggio possibile alle proprie radici, e che sintetizza la qualitร culturaledellโidea di cucina di Uliassi: la ricerca di emozioni nel piatto come viaggio interiore, il recupero della memoria come spunto per โesplorare lโinesploratoโ, lโimportanza di capire chi siamo e da dove veniamo per costruire il futuro.
Uliassi - Senigallia (AN) - Banchina di Levante, 6 โ 071 65463 - www.uliassi.it
a cura di Roberto Curti