La mia รจ una vitaccia! Fatta di assaggi, curiositร e reportage, ricca di esperienze, incontri con persone meravigliose ed emozioni sensoriali uniche. Quel che piรน dโogni altra cosa mi spinge รจ lโamore per i formaggi. Pensare che da bambina non li mangiavo. Poi a 15 anni, la folgorazione e da allora non mi sono piรน fermata. Il progetto a cui sto lavorando ora รจ una golosa ricerca per scoprire quanti piรน formaggi possibile, in giro per lโItalia, esplorando di volta in volta una diversa regione.
A B Cheese
Questo diario di viaggio si concretizza con il programma A B Cheese, viaggio nellโItalia dei formaggi, in onda il giovedรฌ sera su Gambero Rosso Channel. Non solo: a partire da oggi, in un appuntamento settimanale, vi racconto di volta in volta due tipi di formaggi scovati durante il mio goloso peregrinare. Iniziamo dal Lazio.
Pecorino Romano
Il primo formaggio รจ il pecorino romano. Ne consumo grandi quantitร grattugiato su piatti come bucatini allโamatriciana, mezze maniche alla carbonara, pasta โcacio e untoโ โ antico nome della gricia โ tonnarelli cacio e pepe, a condimento della trippa al pomodoro e mentuccia. In primavera lo accompagno alle prime fave fresche in un infinito rincorrersi di sapori e consistenze, annaffiato da buon vino della zona, a me piace il gusto deciso del Cesanese.
Storia
Il pecorino ha segnato la storia del formaggio. I primi documenti che ne parlano risalgono allโAntica Roma: Plinio il vecchio, Varrone, Columella. ร da queste prime testimonianze che scopro dei 27 grammi: unโoncia di pecorino stagionato era la razione che i soldati delle legioni romane ricevevano in aggiunta al pane e alla zuppa di farro. Una sorta di barretta energetica ante litteram, importante fonte di calcio e di proteine.
Territorio
Oltre duemila anni fa, quasi tutto il latte per il pecorino proveniva da pecore che pascolavano da ottobre a luglio nellโAgro Romano, mentre oggi per il 90% arriva dalla Sardegna. Assistere alla creazione di un formaggio per me รจ sempre emozionante, e anche se elementi e passaggi restano quasi sempre gli stessi, ciascuna lavorazione รจ un universo a sรฉ. Temperature, caglio, rottura, impasto, attesa, forma e stagionatura: sono le variabili a cui va aggiunto il fattore umano, lโantico e tramandato sapere, la conoscenza e la tempistica determinate dal giudizio dellโuomo. Anche se le tecniche di produzione si sono evolute il pecorino romano รจ rimasto molto simile a quello di 2000 anni fa. La sua lavorazione, limitata al Lazio, alla Sardegna e alla provincia di Grosseto, รจ frutto di secoli di esperienza, e i passaggi fondamentali sono affidati ancora oggi alla mano e all'esperienza dellโuomo, in particolare del casaro e del salatore.
Lavorazione
Come si fa il pecorino romano? Innanzitutto con un ottimo latte di pecora da greggi allevate allo stato brado e alimentate a pascolo naturale. Misurato, filtrato e lavorato direttamente crudo oppure termizzato, il latte รจ raccolto in vasche di coagulazione dette polivalenti, dove viene aggiunto un fermento chiamato โsiero innestoโ, preparato tutti i giorni dal casaro secondo un metodo che si tramanda da secoli. Lโinnesto รจ uno degli elementi caratterizzanti del pecorino romano, costituito da un insieme di batteri lattici autoctoni. Dopodichรฉ il latte viene coagulato a temperatura, utilizzando caglio di agnello locale. Allโottimale indurimento del coagulo, il casaro lo rompe con uno strumento detto โliraโ (sembra un antico strumento a corde) fino a quando i frammenti della cagliata non sono grandi come un chicco di grano. Avviene poi una pressatura in parallelepipedi da 40 kg, posti in fasce per dare la prima rozza forma cilindrica. Dopo il raffreddamento e lo spurgo del siero, le forme vengono marchiate con con la nota testa stilizzata di una pecora in quello della Dop, la sigla del caseificio e la data di produzione.
Salagione e stagionatura
A questo punto inizia la salagione effettuata a mano che si alterna a numerosi passaggi su scaffale e dura minimo 5 mesi prima di essere messo in stagionatura per altri 12-24 mesi, sia โbiancoโ che con cappatura in nero, una tempo un isolante ottenuto con la morchia dellโolio, oggi solo una caratteristica estetica. Veder aprire una forma di pecorino รจ uno spettacolo. Il casaro traccia unโincisione lungo lโintero scalzo della forma โ un cilindro alto 40 cm per 35 kg di bontร โ poi inserisce una serie di appositi coltelli nellโincisione e soffia per far entrare aria nella fessura. Un leggero tocco ai coltelli e la forma si apre, rivelando al suo interno aromi e texture da sogno.
Una pasta compatta, talvolta leggermente occhiata, dal colore che oscilla tra il bianco e il paglierino. Spezzo teneramente la scaglia che mi viene offerta, al naso avverto il profumo di erba tagliata, di paglia umida e di latte. Una sensazione che mi riporta ai pomeriggi della mia infanzia! Lasciato scaldare appena il frammento in bocca, il gusto รจ aromatico, lievemente piccante e sapido.
โIl cacio migliore รจ quello che รจ stato fatto col minimo possibile di medicamentoโ dice Lucio Giunio Moderato Columella nel De Re Rustica, un trattato di agronomia e zootecnica in dodici volumi che rappresenta la maggiore fonte di conoscenza circa l'agricoltura romana scritto nel 50 d.C.
Caciofiore
Il secondo formaggio che voglio raccontare oggi รจ il caciofiore della campagna romana, presidio Slow Food.
Storia
ร considerato lโantenato del Pecorino Romano. Nel 50 d.C. Columella, nel De Re Rustica, descrive la lavorazione del pecorino e del formaggio caciofiore. Si tratta di un formaggio al 100% vegetariano, perchรฉ non รจ ottenuto con aggiunta di caglio animale, come nella maggior parte delle lavorazioni casearie, bensรฌ con un infuso di cardo selvatico, che cresce nella campagna Laziale, che va raccolto a mano in estate.
Lavorazione
Si lasciano seccare gli stami del cardo selvatico, e dopo 20 giorni in sottovuoto si mettono in infusione in acqua per ottenere lโenzima acido che favorisce il coagulo del latte appena munto. Una manciata di coraggiosi produttori e allevatori nel Lazio ha deciso di seguire la ricetta di Columella e ha ridato vita allโantico caciofiore. Ciascuno ha un allevamento di ovini allo stato brado nelle colline laziali, nelle zone dei Laghi di Bracciano e Martignano e la Via Ardeatina, e ciascuno produce un magnifico caciofiore. Come lo fanno? Con tanta forza di volontร ! La vita del casaro-allevatore non รจ facile. Per chi alleva le bestie da latte non esistono Natale, Capodanno, weekend o vacanze. Il latte munto va trasformato in formaggio immediatamente. La lavorazione del caciofiore parte dal latte crudo di pecora, e avviene entro poche ore dalla mungitura. Grazie agli enzimi del caglio naturale estratto dal fiore di cardo selvatico (Cynara Cardunculus), dopo circa 60-80 minuti avviene la coagulazione del latte. Si fa una prima rottura della cagliata in cubotti con una lama lunga e liscia, si lascia riposare per 20 minuti e poi si procede con la seconda rottura che avviene con il mestolo forato o lo spino. La consistenza della pasta รจ simile al budino, e i pezzi risultano irregolari e grossolani, grandi quanto una noce. La cagliata ottenuta si versa nelle fuscelle a forma quadrata per far spurgare il siero.
Salagione e stagionatura
Il giorno dopo, il formaggio viene tolto dalle fuscelle, salato a secco con sale marino, trasferito nella cantina di stagionatura e lasciato riposare su assi di legno. Dopo 30-90 giorni di stagionatura โ durante la quale le forme sono state rigirate almeno una volta al giorno per evitare lโeccessivo sviluppo di muffe in superficie โ finalmente lo si puรฒ assaggiare! Aprendo in diagonale la forma, una mattonella quadrata di circa 10 centimetri per lato con scalzo convesso, si avverte nettissima nel caciofiore la componente erbacea. La crosta edibile grinzosa e giallognola cela una pasta morbida e compatta con leggere occhiature e un cuore dalla cremositร commovente. Il profumo รจ quello della paglia bagnata, delle verdure cotte, e del latte. In bocca, scaldato bene nella masticazione, il gusto del formaggio รจ avvolgente, intenso, dolce e con un retrogusto lievemente amaro di carciofo dato dal cardo selvatico e con una nota grassa ben equilibrata. Le forme pesano 400-500 grammi e a casa mia durano pochissimo. Lo abbino a un calice di vino Pecorino a giusta temperatura, accompagnato da spesse fette di pane rustico come il Lariano. Evviva!
Questi ed altri formaggi li racconto in A B Cheese, viaggio nellโItalia dei formaggi, un programma che va in onda tutti i giovedรฌ su Gambero Rosso Channel Sky 412 alle ore 21:30, a partire dal 12 novembre 2015.
a cura di Eleonora Baldwin