Giovedì gnocchi, venerdì spaghetti al pomodoro. Per lo meno questo venerdì. Quello scelto da itchefs-gvci.com (il sito che fa capo al Gvci - gruppo virtuale cuochi italiani) per celebrare in tutto il mondo il Belpaese e la sua cucina. Ogni anno, ormai da sette inverni, il 17 gennaio si celebra l'International Day of Italian Cuisine (Idic) con un piatto che può spaziare dall'antipasto al dolce e dalla Sicilia al Trentino Alto Adige, ma che abbia un unico denominatore comune: l'appartenenza indiscussa alla lunga lista culinaria del made in Italy.
Lo scorso anno è toccato al tiramisù, nel 2012 all'ossobuco alla milanese, e via via andando a ritroso, al pesto genovese, alle tagliatelle al ragù bolognese, al risotto alla milanese e agli spaghetti alla carbonara. Così oggi, a dispetto del tempo grigio in Italia e della congiunzione tra il numero 17 e la giornata di venerdì, in tutto il mondo si festeggia la cucina italiana con un bel piatto di pasta al pomodoro: una ola immaginaria di spaghetti è già in movimento – con la sua scia tricolore - lungo i fusi orari di ogni continente, dalla Nuova Zelanda agli Usa, dalla Cina all'Africa, passando chiaramente anche per l'Europa e l'Italia. Saranno oltre 2200 i cuochi (almeno stando al numero di iscritti al gruppo) che oggi daranno prova della loro abilità ai fornelli per preparare quello che viene definito “the Italian culinary pride”. Centro nevralgico della manifestazione è New York City, capitale storica della cucina italiana fuori dall’Italia, dove tre cuochi under 35 che rappresentano il futuro della cucina italiana nel mondo prepareranno la loro versione di Spaghetti with tomato sauce: Luca Signoretti (Ristorante Roberto’s, Dubai), Matteo Bergamini (Ristorante SD26, New York) ed Enrico Bartolini (Devero, Cavenago di Brianza), con tanto di collegamenti video in diretta con ristoranti italiani nel mondo, compresi - per la nostra Penisola - il President di Pompei e il Vico di Villa Torretta a Milano.
Ma perché proprio gli spaghetti al pomodoro? Lo spiega Rosario Scarpato, managing director di ItChefs e giornalista enogastronomico: “Di solita la scelta ricade su un piatto italiano conosciutissimo all’estero e per questo ampiamente taroccato”. E il pensiero non può che andare allo scandalo scoppiato pochi mesi fa sulla salsa di pomodoro made in China, spacciata per italiana. “Caso cinese a parte” continua “la nostra è anche una risposta a questi tipi di misfatti gastronomici. Una delle mission principali della Idic è, infatti, educare i consumatori internazionali (ma anche nazionali) ai piatti tradizionali della cucina italiana. Moltissimi di loro di questi piatti hanno spesso conosciuto solo le versioni, diciamo, “creative” o peggio quelle fatte con ingredienti di scarsa qualità e scelti per soddisfare i palati locali”. Adesso, però, le cose stanno cambiando e la cucina italiana all'estero comincia a non essere più solo sinonimo di cucina turistica, ma anche e soprattutto di alta qualità come ricorda lo stesso Scarpato: “Una delle cose che è cambiata è il modo di diffusione: a portare in giro la cucina del Belpaese non sono più gli emigranti italiani come cento anni fa. Per questo si può dire che la ristorazione nei Paesi senza emigrazione italiana è molto più evoluta: perché impiega per esempio cuochi nati in Italia e che qui hanno studiato e fatto esperienza. Parlo di Cina, Giappone, Medio Oriente anche Russia. Ma detto questo anche nei Paesi di tradizionale emigrazione italiana (Usa, Germania, Inghilterra) le cose sono migliorate moltissimo, spesso per mano di cuochi stranieri. Pizza e spaghetti sono sempre il simbolo della nostra cucina, ma si tratta sempre di più di piatti fatti con eccellenti prodotti e da cuochi preparatissimi”. Gli stessi cuochi che quando si misurano con spaghetti al pomodoro sanno bene che non stanno cucinando un piatto semplice e banale, ma che al contrario si trovano di fronte ad una delle prove più difficili da superare. Come si dice, il semplice è difficile. E poi le variazioni sono tantissime: dalla scelta del pomodoro (San Marzano, Vesuviano, Pachino, e la lista potrebbe continuare) al tipo di pasta, passando per la cottura e per l'entrata in scena dell'olio. Ma una domanda non può sfuggire all'attento popolo gourmet d'Italia: spaghetti al pomodoro (e aggiungiamoci pure basilico fresco!) il 17 gennaio? Magari niente di strano per chi fa la spesa al supermercato tra i reparti traboccanti di fragole e melanzane all-weather, ma cosa ne penserebbe il contadino che semina in primavera per raccogliere i pomodori in estate? Senza lanciarsi in campagne contro la destagionalizzazione dilagante, leggere in pieno inverno le ricette di chef noti e meno noti, in cui si decanta l'ingrediente principale appena colto dall'orto (che se bio fa ancora più chic) fa un po' riflettere. Scarpato ci spiega la sua: “Non credo che celebrare lo “Spaghetti day” a gennaio risulti così azzardato soprattutto perché noi ci occupiamo di cucina italiana nel mondo, in metà del quale è primavera o estate, nell'emisfero australe. E poi molti cuochi usano anche pomodori pelati che possono essere di eccellente qualità”. Giusto. Ma certo il pomodoro fresco - ammettiamolo - è tutta un'altra storia. E se, per accontentare i palati di tutte le latitudini e temperature, si istituisse una seconda giornata - magari estiva - di cibo italiano nel mondo? Così magari il 17 gennaio in Italia (e nell'intero emisfero boreale) si potrebbe ripiegare su una calda zuppa di verdure. Quelle di stagione ovviamente.
International Day of Italian Cuisines | itchefs-gvci.com
a cura di Loredana Sottile