100, 120, 150 anni di Pellegrino Artusi

28 Feb 2012, 10:59 | a cura di

È il 1891, trent'anni dopo l'Unità d'Italia, quando Pellegrino Artusi manda alle stampe il primo manuale di cucina italiana “La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene”. Un'opera ambiziosa e un po' folle, a cui nessuno sembrava disposto a credere eccetto Pellegrino, che vi dedicò la propria vita e i p

ropri risparmi.

E proprio per celebrare la sua vita e la sua opera è stata inaugurata il 28 febbraio, presso l'Università di Milano, la mostra “100, 120, 150: Pellegrino Artusi e l'unità italiana in cucina”, in calendario fino al 24 marzo. Nata su iniziativa del Comune di Forlimpopoli (FC), paese natale di Artusi, l’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna e il centro Casa Artusi, la mostra si configura come un percorso di pannelli espositivi che ripercorrono la vita del grande gastronomo italiano a 100 anni dalla sua morte, a 120 anni dalla prima edizione de "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" e a 150 anni dall'Unità d'Italia.

Un modo per rendere merito alla grandezza dell'opera e del suo autore, oggi considerato a giusto titolo il padre della moderna cucina italiana per la lungimiranza con cui scelse di tener fede al suo discusso progetto editoriale. Pomo della discordia era proprio l'assurdità intrinseca all'intento: creare un ricettario di cucina italiana quando l'Italia era a malapena una nazione.

L'unificazione non aveva ancora certo cancellato le differenze culturali e linguistiche, figuriamoci quelle culinarie! Per non parlare poi di quanto fosse disdicevole per l'epoca parlare di cucina e di mangiate! Ma il buon Pellegrino non si lasciò certo scoraggiare e con grande impegno e dedizione intraprese un arduo percorso di classificazione, assimilazione e traduzione delle ricette, che le massaie gli spedivano da ogni parte d'Italia. Un'unificazione linguistica ancor prima che gastronomica, realizzata attraverso la creazione di un vero e proprio dizionario nazionale e di una lingua comune, ispirata al dialetto fiorentino.

Ma, oltre al lavoro filologico, all'Artusi va riconosciuto un altro grande merito: quello di aver aperto la strada a una lunga fila di ricettari e libri di cucina. Prima del suo, infatti, tutte le ricette erano relegate a fogli e fogliacci privati tenuti dalle massaie e non esistevano certo manuali ufficiali. Il suo libro si configura pertanto come un'opera di rottura anche dal punto di vista letterario, che lancerà lo stile di tutti i successivi manuali di cucina: un modo confidenziale di rivolgersi ai lettori osando uno stile garbato e informale, ricco di divagazioni e spunti personali.

Un ricettario moderno, insomma, semplice e pratico, adatto a tutti i focolari domestici e a tutte le aspiranti cuoche, mosse da passione e voglia di superare le difficoltà, a cui "basta che si sappia tenere un mestolo in mano che qualche cosa si annaspa".

L'Artusi vi si dedicò ossessivamente fino alla morte sopraggiunta il 30 marzo 1911, integrandolo e arricchendolo fino al formato finale in cui lo conosciamo oggi: 790 ricette suddivise per brodi, gelatine e sughi, passando attraverso minestre, “principii” (antipasti), secondi, dolci e liquori. Il libro ebbe in pochi anni un successo strepitoso e internazionale, portando sulle tavole di tutti i piaceri della cucina italiana. A testimonianza che, per dirla all'Artusi, "il mondo corre assetato, anche più che non dovrebbe alle vive fonti del piacere".

scarica qui il programma della mostra

di Flavia Rendina
28/02/2012

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