Ormai sono stati avvistati e assaggiati in ogni forma e con ogni ripieno: cubici, sferici, addirittura schiacciati. La narrativa moderna sui lievitati in generale sembra spesso piegarsi a tendenze estreme e visivamente accattivanti, a scapito della qualità intrinseca di un classico della pasticceria. Sul New York Times, Tejal Rao, critico gastronomico, descrive un'esperienza mattiniera alla Petitgrain Boulangerie di Santa Monica, dopo aver ordinato un semplice croissant vuoto, entusiasmante: «Mentre affondava tra i miei denti, ha soffiato aria calda e profumata di burro, che mi ha fatto sentire non solo come se stessi mangiando questo croissant, ma come se lo stessi respirando. È stato così bello ricordare che nell'era competitiva e spesso assurda dei croissant estremi, uno semplice potrebbe avere questo effetto».
La magia del croissant semplice
La semplicità che è in grado di evocare un croissant vuoto è una un momento di sintesi perfetta di consistenza, sapore e profumo, afferma il critico del New York Times. Al contrario, la tendenza attuale verso croissant ibridi e sfogliature estreme (e fotogeniche) sembra talvolta sacrificare queste qualità. «Il semplice croissant non è, a prima vista, entusiasmante. Non ha la geometria vorticosa di un croissant Suprême (quello di Lafayette Grand Cafè & Bakery, ndr) o il guscio da esibizionista di un ibrido appena diventato virale, che sa da quale angolazione vuole essere fotografato. Non è drammaticamente ristretto, uniformemente sagomato, dorato o colorato. Il semplice croissant non è fatto per la macchina fotografica», e nonostante il successo virale, la maggior parte bucano lo schermo e niente più: questi lievitati “estremi” come li chiama il giornalista, sembrano spesso spesso privi della leggerezza e della friabilità che dovrebbero caratterizzarli.
L’importanza della sfogliatura
Qualche tempo fa usciva sulla rivista Eater un articolo dal titolo evocativo: “Possiamo lasciare che i croissant siano croissant?” , nel quale venivano criticate le tendenze fantasiose dei lievitati, che portano a prodotti appiccicosi e unti. Mentre il maestro dei pasticceri italiani, Iginio Massari, ha criticato (o meglio demolito) i croissant sferici. Il focus è sulla tecnica di sfogliatura e laminazione, cruciale per la creazione di un croissant perfetto: quando l’impasto viene pressato in forme geometriche o arricchito con creme pesanti, la consistenza soffre. Per questo motivo il croissant deve essere lasciato libero di espandersi permettendo al vapore di fuoriuscire e creare quelle tasche ampie, ariose e caratteristiche. Ma la vera grande sfida è trovare un equilibrio tra estetica e qualità, senza compromettere il gusto.
Tendenze estreme e compromessi
Questo solleva la domanda fondamentale: perché usare l'impasto del croissant se non si vuole lasciarlo crescere ed espandersi nella sua forma naturale? La soluzione non è abbandonare le nuove e creative tecniche di pasticceria, ma trovare un equilibrio tra forma e sostanza. Che sia cubico o sferico, anche negli stampi più ristretti, un'aspetto importante è comunque la tecnica e l'abilità del pasticcere, ma ci sono anche stampi più "facili", come ad esempio quello utilizzato per il kouign-amann (dolce al burro tipico della Bretagna, regione a nord-ovest della Francia), dove l'uso non compromette la struttura interna del dolce, permettendo agli strati di sfogliare correttamente.
Piccola apologia del cornetto all’italiana
Il cornetto italiano (non la brioche, quella è solo con il tuppo), diversamente dal suo cugino francese ricco di burro, ha origini che risalgono ai pasticceri veneziani del XVII secolo, che rubarono la ricetta della mezzaluna lievitata a quelli viennesi, che al tempo lo preparavano con farina, zucchero e spezie. La sua forma crescente e il ripieno di crema o marmellata sono diventati poi un'icona della colazione made in Italy, un momento sacro e molto di tendenza oggi. Ma è ancora un argomento di grandi divisioni, quando si parla di colazioni, e stavolta il problema non è la forma, ma il contenuto: mentre il cornetto francese può vantare i molteplici strati di sfoglia burrosi, nella ricetta comune del cornetto italiano, oltre a farina, latte, zucchero, sale, burro (in quantità inferiore rispetto al croissant) e lievito, vengono aggiunte le uova. L’impasto finale è infatti meno sfogliato, più morbido e soffice con un'alveolatura più fitta e regolare. De gustibus non est disputandum. Ma, la prossima volta che qualcuno si trovi davanti la vetrina del bar, si conceda il lusso di sceglierne, che sia croissant o cornetto, per favore uno vuoto.