Tante le immagini incorniciate alle pareti, dalle nevicate storiche di Roma, alle dediche dei clienti più illustri. In uno scatto d’inizio 1900 si riconosce l'ingresso della bottega con l'insegna "pizzicheria", gli spacci dove non si usava la bilancia, ma si vendeva la merce sfusa a pizzichi. Nel tempo il nome cambia, e allora nel Dopoguerra il negozio diventa una salsamenteria, dove si vendono prodotti in scatola, conserve e salse. Ma per tutti questo angolo di bontà a Trastevere è sempre stato l'Antica Caciara. Il nonno dell'attuale proprietario più di 120 anni fa aveva una piccola lavorazione di "cacio" nel retrobottega. Oggi non si produce più in loco, ma ancora adesso – complice la piramide di forme da 50 Kg di Pecorino Romano al centro del negozio – l'aroma di formaggio attira i passanti e fa girare la testa.
All'Antica Caciara Trasteverina formaggi, salumi e cortesia
Scaffali fino al soffitto e capienti ceste ospitano bottiglie, lattine e vasetti, dove sulle pareti c'è uno spazio vuoto, ci sono ritagli di giornale, cartoline, e fotografie incorniciate che lo riempiono. Il banco dei formaggi a vista è sempre in ordine e trabocca di specialità casearie da tutta Italia, il frigo con i salumi e le alici di Sciacca sotto sale, le tante varietà di insaccati, punte di Pecorino e Parmigiano già tagliate, e sull'uscio, il baccalà nella vaschetta d'acqua, con al ripiano inferiore i ceci già ammollati. E poi la vetrina dedicata alle ricotte di pecora, che tutte le mattine arrivano ancora tiepide, per non parlare della parete di guanciali di Norcia. Roberto Polica, con sua moglie Anna, sono la storia di questo luogo straordinario.
«La pizzicheria l'ha aperta mio nonno Albino nel 1900, poi è subentrato mio padre Antonio, io ci lavoro dal 1963, avevo appena tredici anni», racconta quasi sottovoce il Signor Roberto. Un tratto che lo contraddistingue. Nei quasi vent'anni che lo conosco non gli ho mai sentito alzare la voce, nemmeno nei momenti di massimo caos in negozio, con gruppi di turisti, signore esigenti e viandanti incuriositi da quel luogo fuori dal tempo. E con la stessa calma e cordialità, sempre con un sorriso e il tono pacato, si rivolge a tutti i suoi clienti, sia gli habitué che i passanti. Con gli stranieri, si fa capire a gesti. Con il sorriso, conquista tutti. Tutto nasce dall'amore per il mestiere del padre, che lo spinge a voler iniziare da bambino.
Passione contagiosa
«Papà non voleva che lasciassi gli studi, allora mi ha messo "in prova" per un anno. A settembre con timore gli ho chiesto, "Posso continuare?" e lui ha detto sì. A quell'età non potevo sapere se sarebbe stato il lavoro della mia vita, ma mio padre invece l'aveva capito. Ha visto la mia buona volontà, perché mica servivo al banco: lavavo i pavimenti, pulivo i bagni e rigovernavo i piatti. I lavori più umili. Ma per dirigere un negozio devi sapere anche come si lava per terra, devi fare la gavetta» ricorda.
Nei primi anni Settanta, dopo la morte del padre, Roberto si ritrova a dover gestire da solo il negozio, le consegne, i pavimenti da lavare, tutto durate l'ascesa dei supermercati in città. Le altre botteghe di nicchia iniziavano a subire il contraccolpo economico. I dipendenti del negozio, che avevano il doppio dei suoi anni, timorosi di perdere il posto, tentano di convincerlo a modernizzare. «Mi consigliavano di vendere anche altro, detersivi e pannolini, e soprattutto di allargare l'offerta a formaggi industriali e più economici», dice Roberto. Ma la necessità di onorare il sogno di suo padre e di suo nonno era troppo forte. E così, anche se il futuro è incerto, Roberto rischia, tiene duro e ce la fa. «Quello che ho imparato da mio padre è che se credi in qualcosa, non devi ascoltare nessuno, devi seguire il tuo istinto. Non avrei mai lasciato che la passione di mio padre morisse con lui».
Scelte coraggiose
E allora resta meticolosa la selezione di prodotti da piccole realtà artigiane, la collaborazione con i norcini di fiducia, la fornitura di un ottimo capocollo prodotto da un suo cugino a Visso, nelle Marche. «Ho persino resistito la comodità di mettere il numeratore per servire la clientela», racconta. «Per farti servire, ovunque vai devi prendere il numeretto, in banca, in farmacia, e sei solo un numero in coda. Nel mio negozio tu sei il cliente che va trattato con rispetto e garbo, mai un numero».
Nel 2016-2017, a seguito del terremoto nel centro Italia che ha annientato Amatrice e che ha devastato Norcia, Visso e Castelluccio, colpendo tante altre località, molti dei produttori che riforniscono l'Antica Caciara erano in grande difficoltà. A causa dei danni e delle perdite si sono visti costretti a rallentare o addirittura interrompere la produzione, ma Roberto li ha tranquillizzati. Anteponendo gli interessi dei produttori ai propri, ha fatto una scelta coraggiosa: non li ha abbandonati e non si è rifornito altrove fino a quando non si fossero rimessi in piedi. «Ho preferito restare senza merce e perdere guadagno piuttosto che rivolgermi ad altri compromettendo il nostro rapporto, ne avrebbe sicuramente sofferto la qualità e la continuità di questo posto».
Il mestiere di pizzicarolo esiste ancora?
La fronte aggrottata si distende e si accende sul viso di Roberto un grande sorriso, «Certo, eccomi! Io sono pizzicarolo nell'anima, amo moltissimo questo mestiere», e non è certo un lavoro facile, «Tutti giorni, fatta eccezione per la domenica, alzo la saracinesca alle 5 della mattina, alle 8 batto il primo scontrino, alle 14 chiudo per la pausa e torno a casa, poi alle 16 sono di nuovo qui. Alla chiusura bisogna liberare il banco dei formaggi e pulirlo a fondo per l'indomani mattina, prima delle dieci di sera non posso riposare». Ma questo non spegne certo quel sorriso. Quando porto i miei food tour a visitare il negozio, e chiedo di preparare un assaggio di pecorino e di canestrato, con qualche fetta di corallina, anche se in negozio c'è tanta gente, lui mi risponde sempre, «Ci penso io, tesoro». Chi frequenta l'Antica Caciara con assiduità è premiato con quel dolce epiteto.
Clientela fedele
Istituzione trasteverina, certo, ma la fama dell'Antica Caciara ha fatto il giro del mondo. Sono tanti i personaggi famosi che considerano Roberto un amico e vengono chiamati "tesoro", «Susanna Tamaro è cresciuta mangiando quello che vedi qui». La scrittrice Premio Pulitzer Jhumpa Lahiri è sempre qui quando torna nella sua casa a Monteverde, «ma io all’inizio non sapevo chi fosse. Fra noi è nata un'amicizia, è diventata una di famiglia». Ma la fama non significa molto per Roberto, che tratta ogni cliente come se fosse unico.
L'ultimo dei pizzicaroli
Il locale è stato chiuso l'estate scorsa per lavori di ristrutturazione. Quando sono entrata esitante alla riapertura, avevo paura di trovare grandi cambiamenti, e invece è tutto come prima, tutto al suo posto. Roberto mi accoglie come sempre con il sorriso, sempre vestito con la cravatta, e il camice e parannanza candidi. Quando gli chiedo qual è il segreto del suo successo, la risposta è sempre la stessa: «L'amore! La mia più grande soddisfazione è fare questo mestiere. Mia moglie e i figli vorrebbero che io smettessi, ma come faccio? È una vita che lavoro. Non riesco a smettere!». L'azienda è stata a conduzione familiare fin dall'inizio, ma i figli di Roberto, uno grafico/imprenditore e l'altro all'estero, non vogliono continuare. «Quando io e Anna non ci saremo più, l'Antica Caciara Trasteverina chiuderà, e sarà la fine di un'epoca».
Antica Caciara Trasteverina – Via di S. Francesco a Ripa, 140A/B – Tel. +39 06 581 2815