Caro direttore,
ho letto e riletto le geremiadi dei due top chef romani sulla Michelin che ha snobbato Roma (e Milano), non laureando alcun nuovo tre stelle e mi dispiace infinitamente per loro, che l’hanno presa veramente male.
A parte le tenere debolezze umane (“se le ottenesse un progetto come il nostro sarebbe anche un bel messaggio”) che voi jene dattilografe riportate sornioni, i nostri tra i singhiozzi dicono due cose, una solare, una evitabile.
Il lamento di Anthony Genovese e la città che non funziona
Quella solare è che Roma, che ha appena perso l’Expo (menomale) non è una città che produce quel mix di glamour, innovazione, ricchezza smart e profumata di buono da cui spuntano tra le altre cose i ristoranti top, che peraltro storicamente in Italia sono in provincia, a ricordare quando fuori città si viveva alla grande. Roma sta diventando una Venezia con meno acqua e più burocrati, non certo il terreno di coltura delle eccellenze, è piena di turisti che guardano in alto, perché in basso c’è una città in declino, non ha industria e dunque industriali e soprattutto ha una borghesia piccola piccola, l’offerta gastronomica è più che buona tutto questo sommato.
Genovese e l'equivoco del Grande Evento
Certamente la Politica potrebbe e dovrebbe fare molto, ma innanzitutto per rendere la città più seria e vivibile, tutto il resto viene molto dopo ed è soprattutto compito dei privati. Tranne pochissime eccezioni, gli chef che parlano di politica non danno quasi mai del loro meglio, come si dice a Milano: “Ofelè fa el to mesté!” (o per i terribili latini “nec ultra crepidam, sutor!”).
Anche in questo caso, la proposta è confusa per dire poco e punta soprattutto ai soldi pubblici per, indovinate, “un evento importante che a Roma manca, parlo di un evento internazionale, capace di portare qui occhi e orecchie da tutto il mondo e non solo per i monumenti”. Ora, i romani hanno appena scampato il cetriolo di Expo 2030 che esce fuori il cetriolino di Identità Golose alla Nuvola per comunicare al mondo della cucina mondiale che tra Napoli e Firenze esiste Roma. Poiché, ahimè, pago le tasse, pretendo di esercitare il mio infinitesimale diritto a esprimermi su come si spendono soldi anche miei per dire che se la vogliono se la paghino. Trovino i capitali, su Roma stanno arrivando enormi investimenti alberghieri, si affittino la Nuvola e facciano il grande evento. Gualtieri ha altro da fare, che non fa, di più urgente e importante, al massimo si deve investire in formazione, non certo in grandi e piccoli eventi per cui ci sono gli sponsor, molti dei quali saranno certamente affezionati e soddisfatti clienti dei nostri chef.
Se poi si vuole il glamour a spese dell’erario ci si metta in fila, che dai presidenti delle squadre di calcio agli allevatori di labrador, passando per i giocatori di golf, qui è tutta una lobby per gli spicci di Stato. Ma adesso cari chef non è proprio cosa.