Appuntamento maturo, giunto al terzo anno, eppure capace di mantenere la sua spontaneità. Una specie di ritrovo segreto per assaggiare le nuove annate di Montevertine e Monteraponi, presentate dai loro artefici al Four Season di Firenze.
L'appuntamento
Martino Manetti e Michele Braganti sono amici da diversi anni; fatto che spiega, in parte, la convergenza delle loro visioni. E viceversa. Storie e date diverse, certo, il fazzoletto di Radda ricamato da angoli praticamente opposti, suoli e altitudini peculiari, eppure un approccio, un’idea di vino e un modo di intendere il lavoro di vignaiolo capace di accomunare le loro opere.
Quest’anno l’attesa era ancora maggiore, se possibile, soprattutto per via del millesimo 2016, giustamente considerato straordinario, con cui si presentavano alcuni vini di riferimento dei due, Montevertine e Pergole Torte in testa.
Ma vediamo com’è andata, tra conferme e qualche sorpresa, con la precisazione dovuta che si tratta di un primissimo assaggio, peraltro su vini che in molti casi devono ancora finire in bottiglia. Messe le mani avanti, ecco le nostre impressioni del momento.
La degustazione
Monteraponi – Chianti Classico 2017
Annata tosta, si sa. Siccitosa e calda, appena mitigata da qualche pioggerella settembrina. Produzione risicata e vendemmia decisamente anticipata rispetto alla media. Il vino è composto quasi esclusivamente da sangiovese, con una piccola quota di canaiolo (5%), fermenta spontaneamente in vasche di cemento e matura in botti grandi. Ha ancora un accenno tostato ad avvolgere il frutto, scuro e maturo, denso ma con una bella dimensione balsamica, specie in bocca. L’alcol brucia un po’ il sorso ma non compromette l’equilibrio complessivo. Col passare dei minuti emergono profumi speziati decisi, soprattutto di pepe.
Montevertine – Pian del Ciampolo 2017
Per l’annata valgono le cose dette, dunque un Pian del Ciampolo un po’ atipico, specie in riferimento a millesimi più classici (come la spettacolare versione 2016) e quantità ridotte all’osso. Per dare l’idea del livello della cantina, questo è il vino di ricaduta, fatto con “uve di seconda categoria”, come dice Martino, e torchiato. I contenitori? Cemento, prima, e un anno di botte, poi. Il naso non perde il suo tradizionale vestito rosso (grazie più ai frutti che ai fiori), forse un po’ più scuro e intenso del solito. È soprattutto la bocca ad avere qualcosa in più: dimensione, polpa e grip tannico da annata calda. Così doveva essere, così è.
Monteraponi – Chianti Classico Il Campitello 2016
Forse il vino che più risente della sua condizione di “campione da botte”. Per le verifiche ci sarà tempo, una volta uscito dal legno; per ora un rosso dai profumi opulenti, tra frutti più scuri del solito e infiltrazioni etereo – tostate. Meglio la bocca: più leggibile, definita e in linea con i caratteri dell’annata. Nel bicchiere, dopo un po’, si distende, fino a incrociare nuance più chiare e di erbe selvatiche. Vedremo più avanti.
Montevertine – Montevertine 2016
Sarà che anche lui è campione da botte ma nel bicchiere fa le piroette. Parte scuro, ingarbugliato, quasi confuso e finisce brillante, limpido, tutto su fiori e piccoli frutti rossi, sassi, cenni minerali e spruzzate di pepe nero. Nel dubbio è il sorso a chiarire come stanno le cose. Impressionante fin da subito, energetico, verticale e succoso, raggiunge un clamoroso equilibrio tra dolcezza fruttata e tensione acida. Tannino delizioso, raddese, appuntito e saporifero.
Montevertine – Le Pergole Torte 2016
Sangiovese in purezza dalle vigne storiche dell’azienda, un anno di barrique e poi botti più grandi. Il dibattito è se sia meglio questa versione, la 2010 o la ’13, tanto per rimanere a fatti recenti. Rimane il dubbio (speriamo di avere molte possibilità per fugarlo) e la certezza di un’annata che rimarrà negli annali. Il godimento, proprio per questo, arriverà strada facendo, perché al momento si sentono tante cose che hanno bisogno di sistemarsi e trovare la silhouette giusta. Ci sono i fiori rossi freschi, quelli blu e le cerase mature, lo spessore e la profondità, il dolce il salato, la tensione e il tannino raffinato. C’è anche una sfumatura eterea e un lieve accenno alcolico che il tempo provvederà ad amalgamare. Vino da dimenticare in cantina per un po’.
Monteraponi – Baron’Ugo 2015
Tre anni di botte, fatto raro. Come alcuni grandi rossi di un tempo o le Gran Reserva spagnole, tanto per giocare coi pensieri. Al solito, forse più del solito, parte con sensazioni che lo fanno sembrare evoluto per poi schiarirsi. Ha ragione chi sostiene sia un vino romantico, quasi d’altri tempi, per via di quei tratti autunnali, quasi decadenti, da gentiluomo di campagna. Foglie e fiori secchi, dunque, potpourri ma frutto ben presente, poi erbe e menta, a ravvivare la scena. In bocca seta e cortecce, garrigue, un tocco giallo vicino al frutto rosso, a ricordare che l’annata è stata calda. Vino che rapisce chi, come noi, vuol essere rapito. Da sindrome di Stoccolma.
*Nota finale: segnaliamo l’acquisto di 3 nuovi ettari da parte di Montevertine. La notizia è che sono rivolti a nord, cioè alla ricerca di temperature più fresche e minori irradiazioni solari. “Venti anni fa nessuno avrebbe voluto comprare vigne con queste caratteristiche. Per continuare a fare vini sapidi che stanno bene a tavola bisogna guardare a soluzioni nuove”, confida Manetti. Segni dei tempi, e soprattutto del clima che cambia.
Montevertine - Radda in Chianti (SI) - Loc. Montevertine 1 - http://www.montevertine.it/
Moteraponi - Radda in Chianti (SI) - http://www.monteraponi.it/
a cura di Antonio Boco e Giuseppe Carrus