Un nuovo capitolo: la petizione in difesa dei valori tradizionali
Inizia un'altra settimana, si apre un capitolo nuovo. L'ennesimo. Se non avete ancora indovinato l'affaire home restaurant si arricchisce di nuove sfumature e vede l'ingresso in campo di nuovi attori. La presa di consapevolezza del Governo italiano, che tramite una risoluzione del Ministero allo Sviluppo Economico solo un mese fa ha posto fine al regime di anarchia in merito alla normativa in materia di home restaurant, ha scatenato come prevedibile pareri discordi, dividendo l'opinione pubblica. Ma il fronte più agguerrito sembra essere decisamente quello degli strenui difensori del fenomeno che importato dall'estero – dove ogni Paese ha provveduto a legiferare in merito – sta rapidamente esplodendo anche in Italia e conta nuovi adepti ( e nuovi avventori) ogni giorno.
Quindi dopo la reazione compatta di un centinaio di ristoratori faidate riuniti in associazione nel nuovo movimento HomeRestaurantItalia, ecco arrivare prevedibilmente la petizione popolare. Via Change.org. Le posizioni del documento ribadiscono la contrarietà ai provvedimenti varati dal Ministero, che già la presidente della neonata associazione di tutela – Daniela Chiappetti – si era affrettata a contestare, in nome di una limitazione ritenuta discriminante ai danni degli home restaurant, ingiustamente (a parer loro) assimilati alle attività di somministrazione di cibo e bevande.
La normativa vigente in Italia e l'attività di somministrazione
L'attuale risoluzione di legge fa infatti derivare ogni provvedimento in materia dall'inquadramento dei ristoranti casalinghi nel novero dei più diffusi servizi di ristorazione, che dispensano un pasto in cambio del pagamento di una somma di denaro.
Se anche la petizione – che tutti possono sottoscrivere sul celebre sito web – fa appello ai valori di promozione territoriale e tutela del patrimonio gastronomico tradizionale, tramite il recupero di ricette familiari e locali servite in un ambiente informale che favorisce i rapporti umani (e non si capisce perché tali presupposti sarebbero sufficienti per fare la differenza a livello normativo), le conclusioni del testo suggeriscono una strada ancora diversa per dirimere la questione.
Si parte da un assunto ritenuto incontrovertibile: l'iter burocratico cui gli home restaurant saranno assoggettati dalla nuova normativa scoraggerà le future aperture, mettendo al contempo fuori legge le attività già esistenti.
Il DDL 1271 27/02/2014 in materia di home food
Quindi, che fare? La proposta è ancora una volta quella di chiamare in causa una legge esclusiva, dedicata all'home food, che non determini un regime di concorrenza con la ristorazione professionale, ma uno stato di complementarità (Daniela Chiappetti ha già proposto l'assimilazione ai bed&breakfast). E allora perché non rispolverare un disegno di legge che giace al vaglio del Senato da più di un anno? Nello specifico il DDL S. 1271 del 27/02/2014 con Disposizioni in materia di promozione e di svolgimento dell'attività di home food, dove l'home restaurant viene inquadrato come “un'attività che rappresenta per molte casalinghe, ma anche per i giovani un’opportunitàoccupazionale che, anche se in forma diversa, in qualche misura è già stata sperimentata attraverso ilbed and breakfast”.
La proposta, mai realmente presa in considerazione, dovrebbe consentire ai proprietari ed affittuari di una struttura abitativa di utilizzare massimo due camere per “espletare il servizio di home food, per un numero massimo di venti coperti al giorno”. Ma i locali in questione devono possedere anche i requisiti igienico sanitari per l’uso abitativo previsti dalle leggi vigenti, il tutto senza cambio di destinazione d’uso della struttura abitativa.
Ecco il fine ultimo della petizione: chiedere l'approvazione in tempi brevi del DDL. Siete convinti? In caso affermativo, il link per firmare la petizione lo trovate qui sotto.
www.change.org/p/parlamento-italiano-home-food-approvazione-ddl-s-1271-del-27-02-2014