Trump e le politiche alimentari
Tra le forme di assistenzialismo che un'amministrazione pubblica dovrebbe essere in grado di garantire, le politiche alimentari hanno sempre rivestito un ruolo essenziale, per la natura stessa del bisogno irrinunciabile che soddisfano. Tanto semplice da risultare banale. E quando dall'urgenza di pianificare la migliore soluzione possibile dipende la sorte di 46 milioni di persone – tanti sono gli americani indigenti in tutti gli Stati Uniti, uno su sette - la questione si fa drammaticamente più seria. Ecco perché preoccupa non poco l'ultima posizione assunta dal presidente Donald Trump in materia di aiuti alimentari e servizi essenziali per tutte le famiglie che si arrabattano sulla soglia di povertà. La minaccia di abolire il sistema dei cosiddetti food stamp varato da Barack Obama per contenere il problema, Mr. Trump l'aveva paventata già all'indomani del suo insediamento alla Casa Bianca, quando in molti speravano che gran parte dei suoi piani scriteriati fossero dettati solo dall'entusiasmo degli inizi, reduce da quegli eccessi che in campagna elettorale gli avevano regalato la vittoria. Il motivo? Di nuovo, tanto semplice da risultare banale: costi troppo elevati per finanziare per intero la macchina degli aiuti. Ora l'amministrazione Trump torna all'attacco con un provvedimento che oltre al danno paventa anche la beffa: si comincia dal taglio, com'è logico, per un'ammontare pari al 30% in meno del budget allocato al Supplemental Nutrition Assistance Program ogni dieci anni.
La scatola “del raccolto” con il cibo confezionato
Ma è la soluzione studiata per contenere i costi la vera pietra dello scandalo: per non scontentare nessuno, sostiene sicuro Trump, le famiglie indigenti riceveranno una scatola di derrate alimentari già confezionata di tutto punto per soddisfare il fabbisogno di ognuno. Nel dettaglio, quella che qualcuno ha già mestamente dipinto come l'evoluzione della razione K fornita alle truppe conterrà pasta, cereali e cibo in scatola non deperibile, il cui valore in denaro (circa 90 dollari al mese) sarà decurtato dalla cifra a disposizione sulla carta elettronica che oggi il programma di assistenza garantisce a chi ne ha bisogno (circa 126 dollari). Carte, ricorda la stampa americana, che hanno validità in circa 260mila negozi di alimentari e farmer's market della nazione, e permettono a chi le possiede di acquistare cibi freschi o confezionati, senza limiti di scelta. Ognuno, insomma, impiega le proprie risorse (seppur modeste) come meglio crede. L'imposizione di Trump, invece, limiterebbe (fino a ridurre del tutto) l'accesso a prodotti freschi, influenzando negativamente le abitudini alimentari di intere famiglie, e – è facile intuirlo, a lungo termine – pesando in misura sempre maggiore sulla spesa sanitaria nazionale. Altri, invece, fanno timidamente notare che la logistica necessaria a sostenere una simile impresa – la distribuzione mensile della food box porta a porta, o nel migliore dei casi in punti di raccolta disseminati anche negli angoli più remoti degli Stati Uniti – è chiaramente fallimentare ancor prima di essere messa in piedi. Osservazioni logiche e dati alla mano, dunque, cui si aggiunge l'indignazione di un Paese (gran parte, almeno) stremato dagli scenari di intolleranza e tensione che si concretizzano ogni giorno per l'irresponsabilità del Presidente degli Stati Uniti in carica. Per ora l'introduzione delle America's Harvest Box (le scatole del raccolto, se non è un ossimoro questo!) è al vaglio del Congresso. Potrebbe rivelarsi solo un'idea balzana, ma i precedenti lasciano temere per il peggio.
a cura di Livia Montagnoli