Amalfi vuole bandire la moda dei limoni “farciti”: “Sporcano la città, stop all’asporto”

6 Mar 2024, 17:47 | a cura di

Fermi tutti: quel rito social a cui nessun turista sembra essere disposto a sottrarsi rischia - fra qualche giorno - di diventare vietato, o quasi. Qui Amalfi, già gloriosa repubblica marinara, terra di celebratissimi limoni e di mare cristallino. Da qualche anno, complice la viralità di un cliccatissimo post di un food influencer, c’è una moda irrinunciabile soprattutto per gli Instagram-addicted: acquistare il limone farcito con sorbetto o gelato, diventato un prodotto di punta di bar, gelaterie e yogurterie, e fotografarlo con lo sfondo del Duomo.


Con il giusto hashtag, la cartolina è servita. Buon per i commercianti (il prodotto costa al cliente tra i 7 e i 12 euro), che hanno fiutato l’affare proponendo con sempre maggior convinzione l’opzione del gelato nel guscio di un Limone Sfusato Igp, la varietà autoctona dalla forma ellittica e dall’olio essenziale irresistibilmente profumato.
Meno - a quanto pare – per il pubblico decoro.

Al punto che il sindaco di Amalfi, Daniele Milano, ha avviato un procedimento amministrativo che, previa consultazione aperta con i cosiddetti ‘stakeholder’, potrebbe portare in dieci giorni a un’ordinanza che vieti la vendita da asporto del prodotto.
Il perché è presto detto, come sintetizza la nota inviata ai pubblici esercenti, con la quale si stigmatizza «l’abbandono indiscriminato dei residui del prodotto su ogni genere di superficie del territorio, quali ad esempio pavimenti stradali, scalinate, usci delle porte, finestre, causando problemi di immagine e di decoro urbano, creando una condizione igienico-sanitaria precaria per la Città di Amalfi, luogo di straordinaria bellezza e prestigio, riconosciuta dal 1997 Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco».

L’ultima relazione del comando di polizia municipale, datata 16 febbraio, è eloquente: i residui dei limoni farciti, spesso ancora pieni, finiscono lungo le scale o negli angoli delle strade. E anche quando lasciati nei cestini stradali, «diventano fattore di forte attrazione per vespe ed altri insetti”.
E dunque, con buona pace del turismo di massa fatalmente attratto dal gusto delicato e dal like facile, a mali estremi, estremi rimedi?
«La moda è nata negli ultimi anni e sembra essere sfuggita di mano con effetti assai più deleteri rispetto allo street food classico. - lamenta il primo cittadino –. Nulla contro una trovata di marketing la cui diffusione, della quale sono diretto testimone, favorisce la ricchezza del territorio. Ma se non si trovano soluzioni immediate, opteremo per disporre l’obbligo dei consumi farciti sul posto”. Niente più foto con lo sfondo del Duomo, dunque. A meno che il percorso partecipativo di consultazione promosso dall’Ufficio Ambiente del Comune, non porti all’individuazione di “una o più modalità di limitazione degli effetti negativi dovuti alla vendita d’asporto, on l’osservanza di precise prescrizioni igienico-sanitarie».

La risposta dei commercianti

Una foto a uso social: il limone farcito è della Gelateria del Corso

Ma i titolari dei bar che ne pensano? «Che il paese soffra per il fenomeno non ci fa piacere. – dice Maria Nolli della Gelateria del Corso – Vogliamo trovare una soluzione, scongiurando il rischio di dover rinunciare a un prodotto che nasceva proprio per valorizzare la buccia dei nostri limoni, che altrimenti finirebbe subito al macero e che è piena di oli essenziali: un modo, insomma, per promuovere una delle eccellenze della Costa d’Amalfi. Noi acquistiamo i limoni sfusati dai piccoli contadini, ogni gelato è una storia. Potrebbe bastare allora servire i gusci in un contenitore compostabile e magari puntellare il centro di cestini ad hoc, chiedendo espressamente ai turisti di aiutare a tenere pulita la città».

«Siamo stati i primi a proporre i limoni farciti. – spiega Maria De Vita, che con il marito Giuseppe e la famiglia estesa gestisce le gelaterie ‘A sciulia e Sporta Marina – Nei nostri gusci di limoni sfusati che coltiviamo direttamente nei terreni di cui disponiamo serviamo sorbetti al limone o agli agrumi e una variante con crema al latte. Abbiamo iniziato nel 2004, riprendendo un trend diffuso già negli anni ’50 del ‘900 nei grandi alberghi della Costiera e dando così valore a limoni altrimenti destinati ai fruttivendoli, a fronte di cifre irrisorie. Ma è da due anni che la moda ha avuto un boom: questione di marketing, potremmo anche tornare a vendere coppetta o cono. In alternativa, siamo d’accordo a chi propone un cestino ad hoc per ogni attività e un contenitore ecocompatibile per ogni limone farcito».

Se i “contadini volanti” si estinguono

Ma per la verità in Costa d’Amalfi i grattacapi legati al Limone Sfusato non finiscono qui, anzi. «Temiamo un futuro nero per la limonicoltura, condizionata da un progressivo abbandono dei terrazzamenti a causa della scarsa redditività, degli effetti del cambiamento climatico e del disinteresse delle nuove generazioni verso l’agricoltura», sottolinea con amarezza Salvatore Aceto, tra i principali produttori dell’area e protagonista, con la sua Amalfi Limoni Experience, di percorsi alla riscoperta della meraviglia dei limoneti amalfitani.
«Il punto è che lo sfusato amalfitano è prodotto di un’agricoltura eroica, perché legata a un terreno morfologicamente complesso, dove quasi tutte la attività sono manuali e si percorrono scale ripidissime per portare i carichi. Come si fa – si domanda Aceto – a essere competitivi con i limoni della Sicilia, che vanno sul mercato a 20 centesimi al chilo, o della Spagna, addirittura a 18 centesimi?». Anche per questo i cosiddetti “contadini volanti” (fortunata aespressione coniata dalla giornalista Flavia Amabile e legata alle straordinarie acrobazie tra i pergolato, anche a diversi metri di altezza, per piegare i rami dei limoni durante la potatura) provano a portare la loro battaglia a Roma. «Insieme all’associazione Innesto di Cetara, chiediamo una sorta di reddito di contadinanza, rappresentando le nostre difficoltà, comuni a luoghi dell’agricoltura eroica come le Cinque Terre o le piccole isole», dice Aceto.
«Conosciamo le difficoltà dei limonicoltori, e anche per questo siamo impegnati a vedere sempre più riconosciuta la specificità della nostra vocazione agricola. – interviene il sindaco Daniele Milano – Per porre un freno al progressivo abbandono dei nostri limoneti, la cui coltivazione un tempo costituiva l’economia primaria di Amalfi, ci siamo iscritti al registro dei paesaggi rurali storici e candidati al programma GIAHS  (acronimo di Globally Important Agricultural Heritage Systems) della Fao. Cerchiamo, con la Regione Campania, misure in grado di far comprendere all’Ue la peculiarità di una produzione piccola ma fortemente identitaria».
E c’è allora chi annota, sagacemente, che se i limoni di Amalfi spariranno il problema del decoro urbano passerebbe in secondo piano. Fatalmente.

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