Quello che succede in pianura spesso è sotto gli occhi di tutti, mentre sfuggono alla moltitudine le sorti silenziose della montagna, che in Romagna vuol dire Appennino. Già dopo la prima ondata di maltempo di inizio maggio, avevano colpito i danni subiti, poi peggiorati, dalle vigne di Modigliana e Brisighella, e con esse le sorti dei vignaioli che pure abituati a confrontarsi ogni giorno con il lavoro della terra e il cambiamento climatico, sono rimasti in silenzio di fronte alla forza della natura. Filari danneggiati, vigneti impraticabili con i perimetri erosi dalle frane che mettono a repentaglio queste produzioni eroiche d’Appennino. Ora a rischio ci sono le selve di marroni Igp di Castel del Rio, nella vallata del fiume Santerno a monte di Imola, la seconda ondata di maltempo sta facendo disastri.
I castagneti secolari di Castel Del Rio
“Nel 1976 il castagneto nelle nostre zone ammontava a 455 ettari, oggi 411, ma stimiamo che questa nuova ondata di maltempo ne possa cancellare un altro 10%” spiega il presidente del Consorzio castanicoltori di Castel del Rio Giuliano Monti. Questo potrebbe essere davvero il colpo di grazia. Dal 2011 lottiamo contro la vespa cinese, e non ne eravamo ancora usciti perché i lanci di insetti antagonisti non sono stati risolutivi come si sperava. Poi abbiamo subito la siccità e ora queste piogge torrenziali che sgretolano la nostra montagna”. Ora i soci del consorzio sono infatti 27, contro i 130 di pochi decenni fa, ma soprattutto hanno una età media sempre più alta. Finora sono stati loro a custodire questo paesaggio appenninico e una produzione di pregio che alimenta una piccola economia locale. Nel 2022 sono stati circa 1500 i quintali di marrone Igp raccolto.
A preoccupare non è solo la perdita di alberi, ma anche il fatto che le frane stanno cancellando un poco alla volta le vie di accesso per raggiungere i castagneti, oltre che le abitazioni di chi abita e lavora in collina.
Monia Rontini dell’azienda agricola Il regno del marrone, che ha il castagneto più grande della vallata, con oltre 40 ettari, e dedica percorsi didattici e ambientali nella propria selva, spiega che il pericolo maggiore al momento è la perdita di vie di accesso. “Le radici, a volte secolari, dei nostri castagni non sono sufficienti a trattenere la terra impregnata dall'acqua che non smette di piovere”, anche oggi infatti la Romagna si è svegliata sotto la pioggia. Oltre alle strade provinciali, che si sono sgretolate in più punti, anche quelle comunali e le strade bianche utilizzate dai castanicoltori per accedere alle piante per fare manutenzione non esistono più in molti punti diventa quindi difficile lavorare in queste zone.