Halloween è trascorso da poco, ma gli orrori non sembrano finire qui. Sono da brividi infatti le nuove immagini che immortalano la crudeltà all’interno degli allevamenti intensivi di trota in Polonia. Questa volta, in seguito a un’indagine sotto copertura, a lanciare l’allarme è stata la CIWF (Compassion in World Farming), organizzazione non profit che opera per la protezione e il benessere degli animali allevati a fini alimentari e che da sempre si batte a favore di colture e sistemi agro-ecologici più sostenibili.
L’inchiesta
La denuncia è partita da un team di investigatori che in segreto ha raccolto materiale sui metodi di acquacoltura portata avanti in ben quattro strutture del paese baltico, rilevando manovre e condizioni a dir poco inquietanti. L’indagine prende in considerazione tutte le fasi dell’allevamento di questa specie ittica, verso la cui produzione sono concentrati gli sforzi di diversi paesi dell’Unione Europea, Italia inclusa. A partire dagli incubatoi e le vasche d’ingrasso fino all’ultimo stadio di lavorazione del prodotto. Per chiarire il livello di brutalità registrato, alcune violenze vengono inflitte ai pesci prima ancora che muoiano: ammassati, vengono sventrati da vivi, quando non finiscono schiacciati da altri barili, spesso senza acqua. Senza parlare poi degli spazi soffocanti in cui vengono allevati: vasche sovraffollate di acqua sporca, vettori impressionanti di batteri e in cui non di rado si osservano feci che galleggiano in superficie. Gli abusi proseguono con le procedure di macellazione visto che le pratiche di stordimento elettrico nella maggior parte dei casi mostrano la loro inefficacia, perpetrando un’inutile agonia agli esseri marini. Già sotto tortura, perlopiù senza pinne, e privati dei bulbi oculari eradicati con foga impressionante e senza alcuna procedura che rispetti il benessere minimo dell’animale. E una sorte altrettanto dolorosa spetta alle trote anche quando sono destinate alla ristorazione.
“Vuoti normativi”
Chissà se prima o poi le strategie di acquacoltura (ma il discorso potrebbe essere allargato a qualsiasi forma di allevamento intensivo) possano abbracciare un diverso modus operandi, magari volto alla tutela delle specie ittiche ma anche dell’uomo (visto che i casi di antibiotico-resistenza stanno diventando meno rari). Allo stato attuale, si fa comunque sentire la necessità di un’appropriata normativa comunitaria che tenga conto dei principi che regolano mondi diversi da quello umano, con cui interagiscono e al cui sviluppo futuro contribuiscono inevitabilmente. La preoccupazione per l’assenza di misure legislative soddisfacenti viene espressa (quasi come un’esortazione) dalla direttrice di CIWF Italia, Annamaria Pisapia: “ questi animali hanno diritto a essere protetti da un’ampia legislazione specie-specifica, ed è per questo che esortiamo l’UE a introdurne una senza ulteriore indugio”.