Il nome l’hanno preso a prestito dalla controversa figura femminile, intrigante e ricca di personalità, duchessa di Ferrara, che visse in pieno Rinascimento. E i primi assaggi e apprezzamenti confermano un prodotto unico nel suo genere. Solo da qualche mese Lucrezia ha fatto la sua comparsa nel mercato ittico andando a posizionarsi a fianco di altre dei blasonati cugini francesi. Si tratta di un’ostrica tutta italiana coltivata vicino a Comacchio, nel ferrarese, in una valle di sessanta ettari compresi tra lido Estensi e Spina. Una sperimentazione durata oltre tre anni nata dal sodalizio tra Enrico Bergaglia di Finittica e Gian Marco Zanotino di I wai food.
Lo studio per l'ostrica Lucrezia
Per mesi hanno raccolto dati su acqua, territorio, vegetazione e microclima (tutti elementi fondamentali che conferiscono al mollusco il sapore caratteristico) e deciso che quello era il luogo ideale per far crescere il loro prodotto; un luogo unico soprattutto in termini organolettici, vista l’alta concentrazione salina e la ricchezza di fitoplancton nelle acque dove sono adagiate. “Abbiamo fatto studi, ricerche e tante prove” racconta soddisfatto Zanotino “e dopo quattordici mesi, lo scorso settembre, la prima raccolta. L’apertura e l’assaggio della prima conchiglia sono state una vera sorpresa che ha confermato che la strada seguita era quella giusta”.
Essendo l’Italia il secondo paese in Europa per consumo, con oltre seimila tonnellate di prodotto importato, l’idea di creare un'ostrica autoctona di alta qualità e con caratteri riconoscibili dal consumatore è stata la scommessa che li ha messi in gioco.
Il progetto
L’ostrica che hanno deciso di coltivare (il seme è importato per ora dalla Francia, ma nel progetto di sviluppo c’è la creazione autonoma) ha caratteristiche ben precise.
Il guscio si presenta pulito ed eterogeneo con sfumature dalla tinta viola intenso, contaminate da venature color dell’avorio. All’apertura la carne è chiara e scultorea con la polpa che adorna e aderisce perfettamente alla madreperla. “Le acque che avvolgono il guscio e lo fanno sviluppare sono ideali per conferire all’ostrica un colore e un sapore unico” confermano “le correnti continue poi aiutano la crescita ma a queste viene affiancato anche un continuo lavoro manuale che consiste nel muovere delle speciali ceste (di ideazione australiana) simulando maree che espongono il prodotto ad alcune ore di aria e luce alternate all’immersione e al buio. Questo ogni giorno, per oltre un’anno”. L’investimento iniziale di 300 mila euro ha consentito di avviare il progetto e mettere in acqua circa 2000 ceste, ognuna delle quali contiene settanta pezzi, ma l’obiettivo è quello di arrivare a 3200 a pieno regime.
L'ostrica di Lucrezia all'assaggio
Ma veniamo alle caratteristiche organolettiche. La prima impressione che si ha aprendo il guscio di Lucrezia è la carnosità e la grande quantità di polpa che ricopre tutta la superficie e rende l’assaggio davvero soddisfacente. Il muscolo è dolce e tenace, caratteristica conferita dal continuo movimento all’interno delle ceste, e il sapore è persistente e avvolgente, richiama il mare e la frutta secca. “Quelle in cui cresce Lucrezia sono acque molto ricche di vegetazione” spiega Zanotino “ed è proprio la ricchezza di questa vegetazione che macera a lungo in acqua a conferire personalità all’ostrica, rendendola unica nel sapore”.
La ristorazione le ha appena scoperte e, stando agli ordinativi, le sta apprezzando sia nei calibri medi che in quelli più grandi. Il modo migliore per conoscerle è consumarle al naturale, private della propria acqua, magari accompagnate da un sorso di gin al pepe che ne esalta a pieno tutte le caratteristiche che la rendono un ottimo prodotto, anche da esportazione. La raccolta attuale, vista la dimensione ridotta, è di circa mille chilogrammi destinati, però, presto a raddoppiare.