“Ho sentito che si concludeva un ciclo” dice semplicemente Alfio Ghezzi per spiegare la fine del suo rapporto quasi decennale con la maison Ferrari e il ristorante di famiglia, Locanda Margon, dove da poco più di un mese c'è Edoardo Fumagalli.
Alfio Ghezzi al Mart di Rovereto
Un ciclo chiuso, dicevamo. E tanta voglia d fare, stavolta da solista. “Sono partito sviluppando alcuni progetti” continua “tra cui quello per la gara d'appalto del ristorante caffetteria del Mart (il museo d'arte contemporanea di Trento e Rovereto, ndr), ho scaricato il bando e consegnato tutto prima del 23 luglio. Quindi sono partito per il Caucaso, pensando che ci fossero tempi lunghi per i risultati”. Sulla montagna tra Europa e Asia l'accesso a internet era limitato. “Un giorno in albergo riesco a collegarmi e mi ritrovo più di 70 messaggi: mi ero aggiudicato il bando”. Risultati in tempi record per una concessione di 6 anni e un progetto che in questo preciso momento è in fase di messa a punto. Ma che è già definito nei suoi punti chiave.
Mart di Rovereto: la caffetteria ristorante
“Il Mart ha ripensato questo spazio come a un prolungamento dell'esperienza degli ospiti nel museo” racconta lo chef. In passato le cose non erano andate per il verso giusto “invece ora la caffetteria ne rappresenta l'ultimo anello, grazie al nuovo interior curato dallo studio Baldessari e Baldessari con l'architetto Botta. Oggi questi spazi sono un grande omaggio al design italiano”. Lavori ben fatti, dice, “aggiungerò un forno e farò qualche piccolissimo aggiustamento, ma è tutto molto curato, con grandi spazi organizzati secondo una logica precisa, con un flusso corretto”.
La location, pensata in modo sartoriale per lo spazio che la ospita, diventa un elemento centrale e coerente con il resto. “Ci tenevo a essere in un luogo così significativo e realizzare qui la mia cucina”. Una cucina che non esita a definire nei termini di una nuova italianità: “sì, ho deciso che il mio nuovo percorso sarà essenzialmente italiano, eviterà prodotti non nostrani” questo, spiega, per una questione di responsabilità e consapevolezza: “responsabilità che sempre più il cuoco è chiamato ad avere nei confronti dell'ambiente: non far viaggiare i prodotti è una scelta di responsabilità, che implica la consapevolezza di avere dei limiti”. A questi due elementi chiave se ne aggiunge un terzo, la semplicità: “credo sia un retaggio marchesiano del mio modo di cucinare”.
I tre momenti della caffetteria del Mart
La proposta si dipana durante tutto l'arco della giornata con un'offerta flessibile che non si esaurisce nei momenti canonici del pranzo e della cena. “Si parte al mattino con colazioni semplici ben realizzate, con torte da credenza, lievitati, pani e poi si arriva fino al pranzo e alla cena”.
Cosa si mangia al pranzo del Mart: tre proposte informali
Informale, versatile, gustoso, il momento del pranzo si articola in tre diverse direzioni: Veloce con gusto, dove hanno grande spazio lievitati realizzati con grande cura e attenzione, due tipi di panini, la pizza nel ruoto e quella alla pala e poi insalate e via discorrendo; Passeggiando in Trentino con una scelta di 4 piatti che raccontano il paesaggio e la tradizione gastronomica regionale con originalità e autenticità, dando ampio spazio a carni e prodotti locali, con aringhe affumicate e baccalà unici pesci di mare, quelli che appartengono alla storia locale; e poi i Classici della cucina italiana in cui è la nostra cucina nella sua complessità al centro della proposta, “quella complessità che, come diceva Marchesi, è legata alla varietà delle tradizioni regionali”.
La scelta dei prodotti e dei produttori è uno degli elementi su cui si concentra oggi Ghezzi, con l'obiettivo di diminuire il percorso tra produttore e chef - “proprio ieri ho visitato un ortofrutta che fa produzione e vendita diretta” racconta – e che detta il ritmo di una cucina oggi più che mai orgogliosamente italiana. I prezzi? “Dipende: si va da meno di 10 euro al picco massimo di 20 euro per un secondo di carne strutturato”.
Mart: la proposta gourmet della sera
Cambio d'abito e di scena per la cena, quando l'offerta si sposta su un versante più chiaramente gastronomico, diminuiscono i coperti (25, circa la metà rispetto al giorno) e Ghezzi articola la sua idea: “sono affascinato dalle locande del passato, dove l'ospite si sedeva e gli venivano portate le pietanze in rapida successione, anche senza che lui scegliesse. È una cosa che segna la personalità del cuoco, declina gli ingredienti e le tradizioni” illustra Ghezzi. “Quindi non ci sarà la carta, ma” aggiunge “dato che questo limitava un po' l'interazione delle persone, ho pensato a una soluzione intermedia”. Ovvero un degustazione di 7 portate con le prime 5 imposte dalla cucina così che l'ospite possa conoscere il lavoro dello chef, scegliendo però il secondo piatto, “quello che dà significato al pasto, è il suo apice, mentre antipasti e primi ne rappresentano un avvicinamento. Mi sembrava giusto che l'ospite potesse scegliere la portata principale, quella che in altre culture è chiamato, on a caso, il main dish”.
Cosa si mangia al Mart
Ancora presto per avere un'idea precisa di menu, di certo ci saranno dei piatti che hanno segnato il percorso professionale di Ghezzi e il suo approccio al paesaggio, “è un modo di cucinare che mi porto dentro” riflette “ho sempre lavorato perché dei piatti diventassero immagine di me, ovvio che qualcuno lo porto con me, magari leggermente modificato”. E il pensiero va a cose come Patate patate patate, Insolito trentino, Trippa e cipolle in terza classe... 100 anni dopo. Un'eredità vitale che incontrerà nuovi piatti in un menu ancora work in progress, ma in cui sono fissati alcuni punti fermi che ne caratterizzeranno il servizio, come la presenza di una pietanza da condividere, sporzionata direttamente in sala dallo chef, o il pane che avrà dignità di portata a se stante. I lievitati sono al centro di un attento lavoro, in perfetta armonia con la renaissance dell'arte bianca che investe artigiani di mezzo mondo. “Comincio ora una formazione a Milano, da Crosta (Tre Pani nella nostra Guida Pani&Panettieri d'Italia, ndr): Simone Lombardi e Giovanni Mineo sono dei cari amici, hanno passato molto tempo da me, ora è il momento che io vada da loro”
Il prezzo della cena? Anche per questo è presto ancora. Ma di una cosa è certo Ghezzi: “sarà un costo equo, non voglio che si dica che sono troppo caro o troppo economico, voglio un prezzo corretto per il tipo di pasto che propongo”.
Cosa si beve al Mart di Rovereto
Anche sul fronte beverage si lavora alacremente con le idee ben chiare: “una proposta piuttosto ristretta, massimo 150 etichette, con una preferenza per quelle di montagna e per cantine che condividono una stessa filosofia; vigneron, piccoli produttori che lavorano in un certo modo”. A dare man forte nella realizzazione della cantina, Lorenzo Rondinelli che ha lavorato con Ghezzi molti anni, al Trussardi alla scala. Per la cena ci saranno 3 percorsi creati ad hoc: uno a base di vino, uno di birra e uno di miscelati, estratti e centrifughe.
Cucina come arte? No, grazie
Occorrerà aspettare ancora un po', probabilmente un paio di mesi, prima che tutto sia operativo. Si procede rapidamente, ma non di fretta: “perché si stabilisca una relazione positiva con il museo. Il ristorante ne è parte integrante pur essendo un elemento diverso”.
Cucina come arte? “No”, risponde categorico “la cucina non è arte per me, ma è qualcosa che ha a che fare con l'abilità manuale. Sono le mani del cuoco che sceglie i prodotti, li trasforma, e lo fa più e più volte per replicare le ricette ogni giorno, questo non attiene all'arte. L'elemento in comune è l'emozione” conclude “è quella che unirà l'arte del museo e la cucina del Mart, i visitatori escono dal museo con un ricordo, e spero che escano da lì con un'emozione che fissa nella memoria anche i piatti, gli arredi, il servizio. È questo il significato vero che muove la nostra idea di ristorazione in un museo”.
Mart - Rovereto (TN) - corso Angelo Bettini, 43
a cura di Antonella De Santis
foto del locale di Jacopo Salvi e Alessandro Nassiri