Negli ultimi tempi si è fatto un gran parlare del Codice della strada di Matteo Salvini. Un caso mediatico in tema sicurezza stradale. C’è chi crede ancora che siano stati modificati i limiti massimi del tasso alcolemico consentito. Invece, per quanto sia intervenuto un inasprimento delle sanzioni, i limiti sono rimasti gli stessi. E a distanza di mesi dall’entrata in vigore delle disposizioni, continuano a regnare incertezza e confusione. Il risultato? Nessuno sa più come comportarsi a tavola e in giro con gli amici; se bere o no, e se sì, quanto. Tutto per paura di risultare positivi all’alcol test. Del resto, spaventa l’eventualità che un po’ di vino ci faccia ritirare la patente, soprattutto in quelle città in cui l’alternativa al proprio mezzo è un servizio di trasporto pubblico che lascia a desiderare.
Perciò, partendo dal presupposto che il consumo di bevande alcoliche debba essere sempre moderato e responsabile (sempre), abbiamo consultato due stimati esperti per fare luce sul rapporto fra alimentazione e alcolemia. La medica nutrizionista Debora Rasio e il dietista Luca Laudani ci hanno aiutato a capire meglio il modo in cui variabili e processi incidono sui livelli di etanolo in corpo.
Cambia qualcosa fra vino e cocktail?
Per prima cosa è opportuno precisare che la risposta del nostro corpo all'alcol assunto può cambiare in base a una serie di fattori; si consideri ad esempio il fatto che abbiamo tutti un metabolismo diverso. Questo assunto non esclude però l’esistenza di principi generali che possano valere per tutti. Dunque, iniziamo con il dire che gli effetti del vino non sono uguali a quelli dei cocktail. Come ci spiega la Dottoressa Rasio, questi ultimi contengono spesso una percentuale significativa di zuccheri, un dettaglio che può fare la differenza: «I cocktail ad alto contenuto di fruttosio amplificano gli effetti dell’alcol, non tanto per una variazione nel suo assorbimento, quanto per un’interferenza nel metabolismo. Gli zuccheri, esattamente come l’etanolo, sono rapidamente assorbibili quando passano dallo stomaco all'intestino tenue per arrivare al fegato. È qui che il fruttosio complica il processo di detossificazione, sovrapponendosi all’alcol e potenziandone così la tossicità. Questo doppio carico metabolico genera un eccesso nelle vie di smaltimento epatico, innescando uno stress ossidativo che può innalzare il tasso alcolemico più del previsto. A parità di alcol contenuto, quindi, un bicchiere di sangria può stordire più di un calice di vino, proprio a causa di questa sinergia metabolica tra zuccheri e alcol».
Dello stesso avviso Laudani: «Nei cocktail questa combinazione può determinare uno svuotamento gastrico e un assorbimento più veloce, con il rischio che i picchi siano rilevati subito dall’etilometro».
L’impatto degli altri macronutrienti
Diverso il caso in cui lo zucchero derivi da una fetta di torta. Una distinzione messa in evidenza dalla dottoressa dell’Università di Roma La Sapienza: «Ci sono pure grassi, carboidrati e proteine nella torta. Questi macronutrienti, insieme, rallentano lo svuotamento dello stomaco facendo sì che l’etanolo entri in circolo in modo più lento e dilazionato, con l’induzione di picchi alcolici minori. In tal caso, il rilascio dallo stomaco all’intestino tenue — da cui passa l’80% dell’alcol — avviene in più “volte”. Un conto è assorbire i grammi di alcol in 4-5 ore, altro conto è farlo in mezz’ora. I grassi riescono a impegnare la digestione per più tempo. Seguono le proteine, e infine i carboidrati, che si digeriscono più velocemente. In generale, più un pasto è ricco e complesso, maggiore sarà il tempo di svuotamento gastrico; di conseguenza, il picco di assorbimento risulterà minore».
Che funzione ha l'acqua?
L’alcol può comportare disidratazione. Quindi, quando si “beve”, è buona regola reidratarsi con dell’acqua. Per il dietista Luca Laudani, ai fini dell’etilometro, non avrebbe una reale incidenza: «evita la disidratazione che può causare l’annebbiamento delle proprie facoltà. Poi, in termini pratici, può rendere meno propensi a bere vino perché offre una sensazione di riempimento dello stomaco». L’esperto quasi quasi allude a un rapporto di proporzionalità inversa fra i due.
C’è differenza fra uomo e donna?
Sul punto la posizione dei dottori è inequivocabile: uomini e donne hanno una capacità metabolica diversa in relazione al funzionamento dell’enzima ADH (alcol deidrogenasi). Nella donna questo sistema di difesa e conversione dell’alcol in acetaldeide è meno operativo. Il contributo della nutrizionista Debora Rasio tuttavia non si limita al genere: «È anche una questione di genetica, etnia e abitudini alimentari. C’è chi è un buon metabolizzatore e chi no. Negli asiatici, per esempio, l’attività di detossificazione dell’ADH è ridotta, rendendo meno efficiente il metabolismo dell’alcol. D’altro canto, il consumo di crucifere crude come verza, cavolo rosso, rucola e senape, può supportare la funzione epatica grazie alla loro capacità di stimolare il sistema antiossidante e ridurre lo stress ossidativo indotto dall’alcol. Sono ortaggi contenenti isotiocianati, composti che migliorano la detossificazione epatica e aiutano a neutralizzare i radicali liberi prodotti durante il metabolismo dell’alcol. Sembra che gli antichi romani avessero colto l’importanza di questi ortaggi: iniziavano i banchetti mangiandoli crudi per tollerare meglio l’abuso di vino e cibo».
Meglio bere bollicine, vino bianco o rosso?
Ai fini dell’etilometro tale distinzione non avrebbe una particolare rilevanza. Semmai, la minore o maggiore tolleranza del singolo a uno, piuttosto che a un altro, può dare origine a una diversa reazione infiammatoria. Le stime resterebbero indicative; qui non ci sono principi validi erga omnes. Cosa che vale anche per il tempo di smaltimento dell’alcol: la risposta individuale varia in base alle caratteristiche di ognuno. Il dottor Laudani prova comunque a integrare il quadro: «Il tempo per raggiungere il picco alcolemico è di circa 30 minuti a stomaco vuoto, di un’ora a stomaco pieno. Chiaramente, più alto è il picco e più tempo serve al corpo per poter metabolizzare. In alcuni casi sono necessarie perfino 5 o 6 ore».
Timing: pranzo vs cena
L’efficacia con cui riusciamo a metabolizzare qualsiasi bevanda alcolica, così come i farmaci, varia in base al momento della giornata. Il timing si configura come una variabile importante per il nostro organismo. Ce lo spiega bene Rasio: «Bisogna distinguere tra il consumo di alcol a pranzo e quello a cena perché la digestione e la detossificazione epatica seguono ritmi circadiani di luce/oscurità. Durante il giorno, siamo predisposti a una digestione più rapida, ragion per cui l’alcol viene assorbito più velocemente, raggiungendo picchi ematici più elevati in minor tempo. La sera, invece, il fegato è maggiormente coinvolto nei processi di detossificazione, e l’enzima alcol deidrogenasi lavora meglio, favorendo il metabolismo dell’etanolo. Questo spiega perché la sera, rispetto al giorno, si tollera meglio l’alcol e si avvertono meno i suoi effetti tossici».
Il mito dell’alcolista
Gli esperti poi considerano solo una leggenda l’ipotesi che il bevitore assiduo possa avere maggiori chance di farla franca nel caso in cui fosse sottoposto all’etilometro. Va dritto al punto il dietista: «È solo una percezione. Per chi è abituato, magari il consumo non sfocia in ebbrezza. Ma al test non avrebbe via di scampo». Secondo la dottoressa Rasio l’etilista sarebbe addirittura più esposto a causa delle «carenze nutrizionali (che rendono più vulnerabili alle tossine e impediscono una detossificazione appropriata), e per via della compromissione del fegato (danni epatici che inficiano le funzioni dell’organo) […]». Alle leggende metropolitane anche noi preferiamo la scienza; mentre agli eccessi, sempre moderazione ed equilibrio, che dovrebbero accompagnare qualsiasi abitudine alimentare.