«Una bruschetta con lardo di Colonnata e un burro e alici», orecchiamo la comanda del tavolo accanto. «Avete un vino dealcolato?». Il cameriere risponde di no; propone come valida alternativa una coca cola; prontamente accettata dalla coppia. I carri armati schierati contro l’alcol, senza distinzioni di alcun genere, portano a splendidi atti di surrealismo come questo. Le patatine fritte vanno bene, un Brunello di Montalcino no. Semaforo verde per una salatissima cacio e pepe, promossa, è anche veg tra l’altro, una bottiglia di Grignolino è il male.
Ci scofaniamo e poi diamo la colpa al vino
Chiediamo, magari perché ne abbiamo sentito parlare, un mosto d’uva fermentato a zero di alcol senza preoccuparci di stare ingurgitando lo stesso contenuto di zuccheri di un profiteroles. Non lo vogliamo nemmeno sapere. Andiamo a cena fuori in ristoranti che usano burro e strutto per lucidare i piatti, caricando sapori e registri, ma il senso di colpa cade solo su ciò che beviamo. Come se tutto ciò che mangiamo finisse in un altro canale dell’universo. Beviamo rigorosamente naturale, passiamo ai raggi x tutto ciò che è stato usato per produrlo: se le uve sono state raccolte in un giorno frutto o foglia, se è stato utilizzato l’impacco di camomilla in vigna, indaghiamo l’origine dei lieviti (Bolzano o Pordenone?), individuiamo il numero spaccato di solfiti aggiunti e di quelli prodotti naturalmente in fase di vinificazione. E poi lo abbiniamo a un pacchetto di sigarette Marlboro – i più virtuosi andranno sull’elettronica – o un pugno di noccioline dove il sale conta per il 60% e i solfiti il restante 40%.
Religione Zero
Se il vino è da semaforo rosso cosa dovremmo dire del cibo processato che mangiamo senza pensiero alcuno? E dell’offerta scintillante negli aperitivi innaffiati da spritz e superalcolici di prima fascia? E non prendiamocela con tutti quei locali All you can eat, amatissimi dai più giovani per ragioni di prezzo, dove ogni giorno si celebra il pesce intensamente allevato. Fa più male un risotto allo zafferano mantecato a dovere o un bicchiere di rosso? Vogliamo spendere due parole sul 99% dei cornetti ingurgitati dagli italiani nei bar la mattina, accanto a un espresso bruciato? Sono forse più salubri di un calice di Etna Bianco? Siamo davanti a un semaforo impazzito, che scambia il rosso con il verde. Ci svegliamo dal torpore solo quando leggiamo uno zero in etichetta. Prima amiamo il Gewürtztraminer, poi di colpo beviamo solo Metodo Classico Dosaggio Zero. Prendiamo un volo solo per mangiare in un ristorante, basta una cipolla fermentata per sentirci persone migliori. Siamo ciò che mangiamo e beviamo. Con poche idee e anche parecchio confuse.