«Bisogna aumentare le ore di laboratorio delle scuole alberghiere, ora sono scese a 6 a settimana, negli anni Novanta avevamo 18 ore, mentre in un liceo artistico sono 13». L'ammonimento è di Mariella Organi, maître de La Madonnina del Pescatore di Senigallia e una delle più importanti professioniste del mondo della sala. Ne parla in occasione dell'Assemblea 2024 di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) dedicata a Formazione ed educazione che ha coinvolto i no i più rilevanti del mondo della ristorazione e dell'agroalimentare con il claim “i protagonisti per una nuova cultura del cibo”. Cultura a tutto tondo, a partire da quella che si forma sui banchi di scuola. Quell'istruzione tecnico professionale (come è quella alberghiera) di cui il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha sostenuto il rinnovamento con l'adozione del modello 4+2 che da estate scorsa è legge.
«Con la nuova filiera tecnico-professionale costruiamo un canale di istruzione di serie A, in grado di dare una solida formazione ai nostri ragazzi, secondo programmi fortemente innovativi, che assicureranno competenze teoriche e pratiche di qualità, anche grazie al contributo delle imprese» commentava a luglio scorso il ministro. «In tanti stanno aderendo» commenta a distanza quasi 4 mesi il ministro. La riforma prevede che le scuole possano invitare chef, nutrizionisti, agronomi, e altri professionisti del settore per tenere lezioni o laboratori. Una riforma che, secondo il presidente di Fipe, Lino Stoppani ha «l’obiettivo di rafforzare la funzione educativa e di orientamento della scuola, riscrivendo anche le linee guida per l’insegnamento di una materia con potenzialità importanti per l’impatto personale e sociale: l’educazione civica». Quell'educazione che deve «promuovere i valori fondamentali per una cittadinanza attiva» inclusi quelli relativi all’alimentazione, al rispetto del cibo, alla sostenibilità, al diritto di accesso al cibo, inserito nella Dichiarazione Universale tra i diritti fondamentali dell’uomo, e a una corretta alimentazione, «collegando l’alimentazione ai temi economici, salutistici, sociali ed etici».
L'importanza della cultura della materia prima
Il punto, però, è quello sottolineato da Organi: l'inadeguatezza dell'attuale modello, che non solo non professionalizza a sufficienza i giovani ma non contribuisce a costruire l'ossatura della nostra società: «è nei laboratori, nel contatto con la materia prima che sentiamo la vibrazione del prodotto. Non solo – aggiunge - dobbiamo educare i nostri ragazzi a controllare cosa c'è nella pattumiera la sera». Avere un'esperienza diretta con il cibo è quel che permette di percepirne la fragranza, il gusto e il valore reale; riconoscere il vero cibo di qualità da quello che qualità non ha, il cibo con il suo collegamento con il mercato, con la società rurale, con il lavoro e la storia di cui non si può fare a meno. In questi termini la formazione è una leva di consapevolezza, soprattutto in un momento storico, come quello attuale, in cui i social trasformano quel che mangiamo in un'esperienza esclusivamente visiva mentre lo stesso storytelling può contribuire a confondere le cose. Il punto è formare cittadini e consumatori in grado di riconoscere la qualità e darle il giusto prezzo.
L'indagine di Ipsos I giovani e il cibo commissionata da Fipe, che esplora valori e comportamenti alimentari di persone di età compresa tra 18 e 34 anni, ha testimoniato che la questione prezzo è dirimente: dal rapporto emerge che mangiare fuori è un modo per uscire dalla routine, gratificarsi e vivere un momento di convivialità, ma il 51% degli intervistati trova nel prezzo un elemento di dissuasione. «Credo sia giusto il cibo costi quel che costa oggi, anzi credo venga pagato troppo poco». Il cibo di qualità non può avere un prezzo troppo basso: «Pensiamo all'olio, tanto viene prodotto solo grazie alla passione delle famiglie. Quando non ci saranno più queste persone, chi ci darà un prodotto di così alto livello?»