Tutti contro l’Europa. Uno sport nazionale tornato in voga nelle ultime settimane, da quando le proteste dei trattori hanno bloccato intere città prima di prendere la strada di Bruxelles. Il principio è molto semplice: quando tutti ce l’hanno con te, la cosa più semplice da fare è nasconderti in mezzo alla folla e darle in pasto un nuovo bersaglio. E, a ben guardare, è esattamente quello che stanno facendo le principali associazioni di categoria italiane alle prese con la difficile gestione degli agricoltori in rivolta.
La giravolta delle associazioni di categoria
Lo ha fatto, in primis, Coldiretti, quando ha capito che non era aria. Appurato che era proprio con la sua confederazione che ce l’avevano gli agricoltori, Ettore Prandini, con un gioco di prestigio degno di Houdini, ha lasciato in fretta e furia Fieragricola per precipitarsi a Bruxelles con tanto di casacca gialla (un vago riferimento ai gilet francesi?) al grido di “Non è l’Europa che vogliamo”.
Ma lo hanno fatto anche gli altri. Confagricoltura ha preso con veemenza le distanze dalle scelte europee: «L’ho sempre detto: la Pac è un fallimento» ha detto il presidente Massimiliano Giansanti prima di correre nel cuore dell’Europa. Cia ha riprovato a infilare dentro al dibattitto il suo piano per punti, bollando come insufficienti le proposte di Bruxelles, tra cui quella di tenere a riposo il 4% dei terreni.
Tutti d’accordo, dunque su chi è il nemico numero uno. Un nemico a tempo, tra l’altro, visto che a giungo si voterà per il nuovo Parlamento europeo. Ma dove erano tutti quando l’Europa legiferava sulla Politica Agricola Comune? E soprattutto, chi è l’Europa?
Intanto in Italia torna l’Irpef agricola
Dall’altra parte della barricata, ci sono coloro che protestano e che sostanzialmente chiedono: più soldi, più sussidi, meno prodotti dall’estero, meno accordi con i Paesi internazionali (quello con il Mercosur è il primo a pagarne le conseguenze, insieme a chi, come i produttori di vino, ci sperava). Tutto tranne la pace nel mondo.
Neanche a dirlo, le destre estremiste, naturalmente antieuropeiste, vedendo l’opportunità per dare la spallata maggioranza Ursula, hanno subito cavalcato l’onda. Quale migliore occasione in vista delle prossime elezioni europee?
Peccato che in Italia i sovranisti siano già al potere e che Coldiretti (dapprima additata come nemico dei manifestanti) in questo momento è il sindacato più vicino a Palazzo Chigi, tanto da guidarne le principali scelte. Difficile, quindi, prendersela con l’una lasciando fuori il Governo.
Dal canto suo il ministro Francesco Lollobrigida ha provato a fare la sua mossa (tardiva): incontrare i manifestanti accorsi davanti ai cancelli di Fieragricola. Mossa bollata dal capo dei facinorosi Danilo Calvani come “una pagliacciata”: «Erano gli agricoltori iscritti al suo partito», ha detto. Tra farsa e realtà, è quasi passato in sordina, il fatto che il Governo Meloni, con un anacronismo quasi commovente, abbia appena reintrodotto l’Irpef per gli agricoltori. Ma la colpa, ovviamente, è dell’Europa.
Il capro espiatorio si chiama Green Deal
In questo scenario a dir poco confuso, ecco che arriva il Green Deal o transizione ecologica (parola che ora va più di moda di sostenibilità): il candidato numero uno per diventare il capro espiatorio perfetto. Lo ha detto chiaramente Lollobrigida, usando l’espressione «anni di follie green».
«Agricoltori, allevatori e pescatori sono i primi ambientalisti», ha scritto in un recente post, «Per questo, dal primo giorno il Governo Meloni è andato in Europa per denunciare le politiche green ideologiche che negli anni hanno messo in ginocchio la nostra agricoltura, considerando la sostenibilità ambientale prevalente sulla sostenibilità economica e sociale». È questa, quindi, la via d’uscita per ribaltare la partita e passare da accusati a vincitori.
Per carità, l’Europa (sempre questo convitato di pietra, di cui è bene ricordare, l’Italia fa parte) ha le sue colpe, vedi la folle proposta di ridurre i fitofarmaci del 50% entro tre anni, senza dare alternative ai produttori. Ma questo non basta a ripulirsi le coscienze.
Semplificando la massimo: "transizione ecologica" is the new "immigrazione". Tutti hanno da dire la propria, ma nessuno ha soluzioni. Tranne una che - per restare in terreno “verde” - è sempre un evergreen: prendersela con l’Europa.