I Food Priders di Torino
È una p che fa la differenza quella che distingue il chiacchierato – loro malgrado – lavoro dei food riders, da quello dei Food Priders. E nella Giornata Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare i protagonisti sono loro, ambasciatori bici muniti del Food Pride, che per le strade di Torino trasportano il cibo invenduto recuperato nei negozi di prossimità per consegnarlo a destinazione, presso i punti di raccolta di Pozzo Strada, Borgo San Paolo, Porta Palazzo e Borgo Vittoria. Il progetto, com’è logico che sia, non nasce né si esaurisce in un giorno, e per tutto il 2019 si svilupperà intorno ad attività di formazione e sensibilizzazione contro lo spreco alimentare e per una corretta alimentazione che limiti gli scarti. Il fulcro, però, restano i food priders, che la propria attività di recupero delle eccedenze ancora commestibili l’hanno avviata tempo fa al mercato di Porta Palazzo, quando i banchi chiudono e il volume di scarti da riciclare di uno dei mercati più grandi d’Italia è ingente.
Lotta allo spreco, educazione al consumo
Presto, forte del suo successo, l’iniziativa sarà estesa anche ad altri mercati della città, e nei Comuni della prima cintura torinese, come Nichelino, e l’idea è quella di coinvolgere anche le scuole, con lezioni frontali che indirizzino i ragazzi a una gestione consapevole dei rifiuti. Poi arriveranno le cene sociali, gli eventi di piazza, le lezioni di cucina antispreco gratuite, rivolte a chi vive in difficoltà economiche, perché possa imparare a razionalizzare le risorse. Non a caso, sciogliere l’acronimo Pride evidenzia tutte le finalità di un progetto ambizioso fondato sulle buone pratiche: Partecipare Recuperare Integrare Distribuire ed Educare.
I numeri dello spreco
Dunque oggi, vedendo sfrecciare un food prider in bicicletta, sarà bene riflettere sulla situazione di un fenomeno che in Italia e nel mondo è ben lungi dall’estinguersi: nonostante i buoni risultati della Legge Gadda, nel nostro Paese ognuno getta nella spazzatura in media 65 kg di buon cibo ogni anno (dati del Food Sustainability Inde). Nel mondo, invece, la portata del fenomeno è ancor più spaventosa: il 40% del cibo prodotto e messo in vendita viene sprecato senza mai raggiungere la tavola. Ecco perché anche le “piccole” operazioni virtuose possono rivelarsi utili alla causa: da quando è partito nell’area mercatale di Porta Palazzo, il progetto Food Pride ha permesso di recuperare e redistribuire circa 60 tonnellate di prodotti ortofrutticoli destinati al macero, a vantaggio di 200 famiglie indigenti che nel 2018 hanno usufruito dell’iniziativa. E con un significativo abbattimento dei costi economici e ambientali per la città di Torino e i torinesi.
Oggi, intanto, a Roma si riuniscono all’Empam l’agroeconomista Andrea Segrè e Luca Falascioni, coordinatore della Giornata di Prevenzione istituita con il sostegno del Ministero dell’Ambiente. Ad ascoltarli, centinaia di studenti, che prenderanno parte al panel Educazione Alimentare, un gioco da ragazzi. Sarà un modo per celebrare anche i 20 anni di attività dell’associazione Last Minute Market, nata come costola dell’Università di Bologna per lottare contro lo spreco alimentare. E l’occasione per riflettere sui dati aggiornati di un fenomeno che riguarda soprattutto la sfera casalinga, dove le cattive pratiche sono dure a morire, anche se non sempre – e non in modo così univoco – le statistiche sulle abitudini di consumo degli italiani parlano chiaro: il rischio, come rivela l’analisi del Fatto Alimentare, è quello di cadere nell’allarmismo di una leggenda metropolitana che si ripete da anni. Quindi bando alla spreco, sì, ma con criterio.