Una chiacchierata con Claudio Stefani Giusti, Ceo di Acetaia Giusti 1605, può essere tante cose. Il ricordo delle scorribande in Salumeria da zio Giuseppe (“il nonno di mia madre”), quando bambino si divertiva a intingere il dito nelle botti del balsamico, “oggi guai a farlo, le regole prima di tutto”; e la sorpresa di un ragazzo che suona con gli amici in cantina, “quando un giorno, scendendo per fare le prove, ci siamo ritrovati invasi dalle botti di aceto: lo spazio non bastava più, e da qualche parte le nuove botti dovevano pur essere sistemate”. Poi, diversi anni dopo, l'ingresso in azienda, alla guida di quella eccellenza produttiva made in Italy che ha condotto verso la conquista dei mercati internazionali negli ultimi 13 anni di crescita continua, con il piglio “rivoluzionario” del manager cresciuto tra l'Italia e la Francia in una grande multinazionale. Il filo conduttore, però, è nitido, e affonda le radici in un tempo antichissimo, risalendo alle origini della produzione di aceto balsamico di Modena, negli attici di via Farini, dove nel 1605 la famiglia Giusti avvia le prime batterie di botti destinate all'affinamento di uno dei prodotti principe dell'artigianato enogastronomico italiano.
L'aceto balsamico, dalla storia alla conquista dell'estero
Con la produzione di aceto balsamico – e aceto balsamico tradizionale Dop, più raro e pregiato perché ottenuto unicamente dal mosto cotto, invecchiato almeno 12 anni, mentre al balsamico bastano 60 giorni (fino a 3 anni) e la ricetta prevede un mix tra mosto e aceto di vino – la famiglia Giusti si confronta da 17 generazioni. Attraverso secoli di storia fatta di aneddoti, pratiche rigorose, attesa, strategie commerciali, affinate però solo negli ultimi decenni: “L'internazionalizzazione del balsamico è iniziata tra gli anni Settanta e gli Ottanta, quando mio zio ancora si limitava a vendere in bottega. Negli anni Novanta sono subentrati mio padre e i suoi fratelli, hanno cominciato a esportare, creare l'identità del brand, ma pur sempre in un contesto ristretto”. Claudio, dal canto suo, che con il prodotto aveva avuto un rapporto diretto sin da piccolo - “ma non immaginate dinastie d'impresa in stile Marzotto, parlerei piuttosto di una cosa di famiglia, nel senso affettivo del termine” - nel frattempo aveva intrapreso la sua carriera altrove: laureato in ingegneria gestionale, per una grande multinazionale assume un ruolo di business consulting estremamente dinamico, “giravo molto, seguivo progetti sempre diversi in team molto giovani, spesso mi trovavo a prendere decisioni importanti in tempi strettissimi”. Un'esperienza che gli sarebbe tornata molto utile negli anni a venire: nel 2004 arriva la proposta di “tornare” in famiglia - “l'attività era stazionaria da 3 anni, i soci volevano vendere, mio padre aveva bisogno di qualcuno disposto a svecchiare l'azienda, mi chiese se fossi disposto a farlo” - dall'anno successivo Claudio inizia il suo percorso “di vita” alla guida dell'Acetaia Giusti, non prima di aver sperimentato quanto il marchio godesse già di prestigio nel mondo, “in occasione di un viaggio in America, come rappresentante di Giusti presso Williams-Sonoma: restai stupito dalla grande credibilità che attribuivano al nostro prodotto, io avevo sempre ricondotto tutto a un affare familiare”, un'epica costruita tra le mura di casa, che invece si rivelava d'improvviso l'arma vincente per conquistare i mercati.
Un'azienda moderna
Ecco, la storia moderna dell'Acetaia Giusti comincia così: “Nel 2005 il fatturato si aggirava intorno al milione e mezzo di euro, in organico 7-8 dipendenti della vecchia guardia. Io ho scelto subito di non fare semplicemente il figlio, mi sono impegnato per portare il cambiamento: non esistevano un catalogo dei prodotti, un sito, una rete commerciale adeguata. Ho lavorato per imparare, assunto una nuova grafica, ripensato il packaging partendo da studi sulle antiche etichette. Abbiamo tra le mani un prodotto prezioso da raccontare, siamo un brand e dobbiamo fare cassetta sull'identità. Il know how produttivo da solo non basta”. Oggi in Acetaia Giusti lavorano 50 persone, l'età media si aggira intorno ai 30 anni, il fatturato (quintuplicato negli ultimi 10 anni, oltre 8 milioni nel 2017) è equamente diviso tra mercato nazionale ed esportazioni, “in testa la Germania, poi Stati Uniti e Sud Corea, in una rete di retail di piccole realtà, soprattutto gastronomie, in piccola parte gdo, ma solo di un certo tipo”. Del resto, in controtendenza, Claudio ha lavorato per riposizionare il prezzo al rialzo: “Aumento il prezzo per valorizzare il marchio di fronte a un prodotto di grande storia, ma recente successo. Negli ultimi anni l'aceto balsamico ha invaso gli scaffali, ma l'enorme ventaglio di prezzi al pubblico non aiuta il consumatore. La colpa è anche di un disciplinare redatto negli anni Sessanta che non identifica la qualità. E allora è la credibilità del marchio che fa la differenza, insieme alla capacità di farsi conoscere”.
Perché il balsamico piace nel mondo
Come? Le strategie sono molteplici, il grande appeal del prodotto aiuta: “Il segreto del balsamico? Cominciamo dal gusto, agrodolce: piace in America perché è un ottimo condimento per insalate e può sostituire le loro salse ipercaloriche; in Germania amano le salse e la cucina italiana, il nostro aceto unisce le due cose; in Oriente apprezzano la componente balsamica, in linea con i precetti del benessere a tavola”. Questo fa volare le esportazioni – il 90% di tutto il balsamico prodotto a Modena finisce all'estero – e per Giusti ha significato triplicare la produzione incrementando il numero di botti, anche se lo zoccolo duro resta quello riunito nel Gran Deposito di Giuseppe Giusti (a lui si deve la codifica, nella seconda metà dell'Ottocento delle regole per il “Perfetto Aceto Balsamico”: provenienza delle uve, qualità delle botti e tempo di affinamento), oggi trasferito nel borgo agricolo ottocentesco alle porte di Modena, che è diventato il nuovo quartier generale dell'azienda. Nell'antico fienile ci sono le botti di aceto balsamico, nel sottotetto la “collezione” più pregiata di balsamico tradizionale: 400 sono le botti storiche di Settecento e Ottocento ancora in attività.
Uno spazio aperto al pubblico. Il nuovo museo
Lo spazio è aperto al pubblico, l'assaggio si concretizza nell'ex casa dei lavoranti, al termine di un tour didattico di cui riparleremo a breve: “Siamo felici che le persone vengano a scoprire con i propri occhi la nostra storia, ad assaggiare un prodotto fortunato anche sotto il profilo commerciale: la bottiglia è piccola, graziosa, si può tranquillamente trasportare in valigia. Anche questo invoglia all'acquisto”. Ma il merito spetta soprattutto alla visita (gratuita) del nuovo Museo Giusti, inaugurato da qualche settimana: un percorso guidato – 6 gli slot pdisponibili ogni giorno, meglio prenotare – tra 10 sale espositive ricche di cimeli, tra botti entrate nel mito di famiglia e bottiglie antiche, depliant pubblicitari di inizio Novecento e un torchio di metà Ottocento usato per la spremitura delle uve. La ristrutturazione del borgo ha richiesto un investimento di 2 milioni di euro, spesi per assecondare un trend in crescita: nel 2017 sono arrivati a Modena per scoprire la storia del balsamico 20mila visitatori, in maggior parte stranieri, “e noi vogliamo diventare una cosa che vale la pena fare, per recepire il boom del turismo enogastronomico sul nostro territorio. Il tour prevede anche una visita alle botti, la nostra è una tradizione bella da vedere, oltre che affascinante da comprendere: in acetaia si respira il profumo delle botti mentre si imparano i segreti del processo produttivo”. In parallelo corre il rapporto con la ristorazione, un'altra idea in divenire a supporto dell'identità del brand: “Abbiamo in mente di inaugurare un format di ristorazione nostro, dei punti Giusti in giro per il mondo per raccontare la versatilità dell'aceto balsamico, presentando piatti semplici da capire, gustosi e insieme didattici”. Mentre l'altra novità in cantiere riguarda il mondo dei distillati: presto, Giusti terrà a battesimo anche un vermouth invecchiato nelle botti del balsamico. La storia continua.
Museo Giusti – Modena – Strada Quattro Ville, 155 – 7 su 7, ingresso gratuito, su prenotazione – www.giusti.it
a cura di Livia Montagnoli