Camparino in Galleria. L'inizio della storia
Se una città è fatta della storia dei luoghi eletti a ritrovo da chi l'ha abitata nel tempo, il Camparino in Galleria, su Milano, ha molto da raccontare. Il bar simbolo dell'aperitivo milanese deve il suo nome, non a caso, a Gaspare Campari, inventore del celeberrimo liquore rosso associato in tutto il mondo all'Italia. In Galleria Vittorio Emanuele II, nel 1867, Campari inaugurava l'omonimo Caffè, ristorante con vista sul Duomo, assecondando il classico schema casa e bottega: al piano superiore, infatti, l'imprenditore viveva con la sua famiglia, e il figlio Davide, che avrebbe ereditato l'attività a cavallo del passaggio di secolo. La data di fondazione del Camparino in Galleria, infatti, recita 1915: una città in fermento, l'afflato operoso e la modernità celebrata da scritti e dipinti futuristi, che fissano nella memoria l'immagine della “città che sale”.
Proprio al Camparino si ritrovavano abitualmente alcuni di loro, il maitre a penser Marinetti, e Fortunato Depero, che per il prodotto di punta della casa disegnerà l'iconica bottiglietta a calice rovesciato, aprendo la strada al successo dell'aperitivo monodose. Un anno fa, lo spazio nel frattempo passato di mano, è rientrato tra le proprietà del gruppo Campari, oggi multinazionale da grandi numeri, guidata dal Ceo Bob Kunze-Concewitz (4mila persone impiegate, 18 impianti produttivi nel mondo, 50 marchi in portfolio).
Il “nuovo” Camparino. Il restyling del mitico bar
E l'istinto di restituire alla città un pezzo di storia rispettando il rango del luogo ha orientato un'operazione di restauro lunga un anno, che da giovedì 14 novembre milanesi e turisti che affollano la Galleria potranno apprezzare con i propri occhi, ammirando i lampadari Liberty di Alessandro Mazucotelli, il bancone di legno originale firmato all'inizio del secolo dall'ebanista Eugenio Quarti, il mosaico floreale di Angelo d'Andrea. La nuova vita del Camparino prevede anche la partecipazione di Davide Oldani, cuoco che di Milano è diventato un simbolo e per il bar di Campari ha studiato un concetto di cucina moderno e informale, in abbinamento ai cocktail della casa. Il simbolo di questa evoluzione del format è un'invenzione in puro stile Oldani, il Pan'cot.
Il Pan'cot di Davide Oldani
Visivamente accattivante, il “pane arrostito” firmato dallo chef di Cornaredo è frutto di una riflessione su un piatto della cucina povera del territorio: “Mia mamma” racconta Oldani “faceva il pane ammorbidito in acqua e latte, poi lo arrostiva in padella”, servendo in tavola un pane “ri-cotto” per prendere nuova vita. E il Pan'cot di Oldani, che trova nelle sue origini tradizionali il legame con la storia del Camparino e della città, sarà insieme una riflessione sulla lievitazione e la panificazione (a pochi metri di distanza dalla chiacchieratissima pizza di Carlo Cracco) e la possibilità di sfruttare un “foglio bianco” su cui comporre ricette differenti. Realizzato con farine integrali, di grano duro e tenero e lievito madre, il Pan' cot sarà proposto in menu in versione salata e dolce. In abbinamento con carne, pesce, verdura, frutta, e salse ideate a partire dalla tradizione milanese e regionale italiana. Perfetto, quindi, allo scopo di essere declinato in ogni momento della giornata, assecondando la vita del bar. Di fatto, quindi, anche il Pan'cot vuole assurgere a marchio, secondo un approccio alla creazione gastronomica che Oldani persegue da tempo.
Per questo lo chef ha studiato un'immagine grafica riconoscibile, identificabile nella doppia O che richiama l'impiattamento del pancotto. Tra le ricette, lo Zafferano alla milanese, con zafferano nell'impasto, è destinato a diventare signature dedicato a Milano; ma non mancano incursioni nel resto d'Italia, dal Pan'cot Cacio e Pepe alla Frisella.
La cocktail list e il futuro del Camparino
Dietro al bancone del bar, invece, c'è Tommaso Cecca, che coordina una squadra di bartender pronti a far rivivere il mito dell'aperitivo; al Bar di Passo, con servizio di caffetteria e pasticceria homemade dalle prime ore del mattino, o nella Sala Spiritello (quello di Leonardo Cappiello, ideato nel 1921, diventato icona Campari) al primo piano, ristrutturata dallo studio Lissoni Associati per ospitare l'esperienza di pairing tra cocktail e proposta gastronomica, “per assonanza o contrasto”, spiega Oldani, che crede molto nella versatilità del suo Pan'cot: quello alla carbonara, per esempio, sposa lo Spiritello Americano; mentre la rivisitazione del vitello tonnato si abbina al Paesaggio quasi tipografico (Campari, sherry, rum, scorza d'arancia, sale).
La drink list, com'è prevedibile, spazierà dai fondamentali nati proprio al Camparino – come il Campari Seltz, in pairing con pancotto al gorgonzola, composta di pere e pinoli o Zafferano alla milanese – al Negroni (abbinamento suggerito: Pan'cot con capasanta arrostita, zenzero e bietola), ai twist sulla miscelazione classica. Al piano interrato, invece, nasce la sala Gaspare Campari: dove un tempo c'erano i magazzini si terranno corsi di formazione di bartending, degustazioni ed eventi. Perché il passato sarà sempre d'ispirazione, ma Campari evolve. E fa tesoro della sua storia.
Camparino in Galleria – Milano - piazza Duomo, 21 - www.camparino.com
a cura di Livia Montagnoli