A Milano c’è una trattoria dove è impossibile prenotare. E non è Trippa

12 Ott 2023, 17:40 | a cura di
La cronaca delle difficoltà a trovare un tavolo all’Osteria Alla Grande!, dove spadroneggiano le goliardiche “brigate gastronomiche”. “Le critiche? Non ci servono, meglio se non andiamo di moda”

A Milano c’è una trattoria dove è quasi impossibile prenotare. Si chiama Trippa e la conoscono tutti, quella che la amano (tanti) e quelli che la detestano (pochi, di solito quelli che non essendo mai riusciti ad accaparrarsi un tavolo fanno come la volpe con l’uva).

A Milano c’è una trattoria dove è quasi impossibile prenotare. Si chiama Alla Grande! e sulle guide non la troverete, sta in periferia, zona Baggio, e si tiene a rispettabile distanza dal gastrofighettame meneghino. Vive di passaparola e questo basta ai titolari, che “meno se ne parla di noi e meglio è, già non riusciamo ad accontentare i nostri clienti affezionati”.

La non recensione di Osteria Alla Grande!

Quella che state per leggere non è una recensione, o meglio è una recensione a un locale dove non sono riuscito a mangiare. Una piccola storia apparentemente trascurabile, se non fosse che alla fine dice molto di quello che accade nella capitale gastronomica d’Italia, dove apparentemente vivono due mondi paralleli, che non comunicano: quello dei cuochi artificiali, delle stelle, delle interviste, degli uffici stampa, delle fandome e dei groupie; e quello della ristorazione normale che vive come se i social non esistessero, non instagrammabili, non corruttibili, che alle sirene del successo preferiscono i tappi di cera della beata inconsapevolezza.

Un sito antidiluviano

L’Osteria alla Grande è un locale storico in via delle Forze Armate, al numero 405, fuori da ogni rotta gourmet. Un posto semplice, arredato come la casa di un accumulatore seriale, almeno a giudicare dalle foto (ripeto: non ci sono andato). Ha una pagina internet che sembra progettata da un webmaster di vent’anni fa e forse lo è, un ciclostile navigabile (ma giusto un po’). Non c’è menu, non c’è un link per le prenotazioni, non ci sono foto di piatti, non ci sono sermoni. Il massimo del marketing è affidato a frasi da volantino: “Prezzi bassi – si legge – cucina casalinga, familiarità nei modi”. Punto.

Personaggi alla Stefano Benni

Nel locale spadroneggiano le cosiddette “brigate gastronomiche”, che paiono essere animate da personaggi degni del “Bar Sport” di Stefano Benni: lo Smilzo, il Sistesi, in cucina la Elena, che si dice esser moglie di uno dei due. Tutto è all’insegna della goliardia: foto inguardabili, personaggi troppo magri o troppo grassi, vestiti come si farebbe al massimo nello stanzino delle scope della Fashion Week. La cucina è quella di casa (parliamo sempre per sentito dire): tagliatelle, cotolette, rognoncino trifolato, cassoeula. Qui si viene per mangiar tanto spendendo il giusto. “Primo abbondante 9 euro, secondo con contorno 15 euro, vino sfuso, ottimo, 8 euro, bottiglie 15 euro, dolci 5 euro, grappe, 3 euro. Coperto: paghiamo noi”.

Dialogo surreale al telefono per prenotare

Sono affascinato da una simile antiretorica. Voglio andare. Vedere se un posto simile è realtà o racconto. Chiamo diverse volte e non trovo mai posto. Una volta me lo trovano con grande difficoltà ma – colpa mia – faccio tardi in redazione e amen. Riprendo a provare senza successo, per varie settimane. Alla fine, mi impunto. Chiamo un venerdì: “Ma no, il venerdì e il sabato c’è la musica, siamo prenotati da settimane”. Il sabato manco a provare, la domenica è chiuso, il lunedì pure. Chiamo il martedì: 39 telefonate registrate dall’iPhone, sempre con il segnale di occupato. Attorno alle 19 finalmente libero. Stasera? “Ma no, tutto pieno” (tono incredulo). Anche tardi: “Ma no, mica so quando si liberano i tavoli” (tono umile). Non fate il doppio turno? “Qui la gente deve sentirsi libera” (tono conciliante). Allora domani? “No, tutto pieno” (tono vagamente seccato, il tipo inizia a sospettare di parlare con un pirla). Mi dica lei quando. “Ma non saprei” (tono annoiato). La prossima settimana? “Mica prendiamo prenotazioni da una settimana all’altra” (tono beffardo). Ma se mi ha detto che il venerdì e il sabato siete prenotati con largo anticipo… “Ma quelli sono clienti abituali…” (tono logico). A questo punto faccio l’errore degli errori. Ma io sono un giornalista…: “Ma qui i giornalisti meglio che non vengano, a noi delle critiche sui giornali non importa. Ci manca solo che andiamo di moda. Anzi qui è meglio che non venga”. La lezione è finita.

Faccio prima ad andare da Trippa.

 

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