La storia di Muriel Valencia: dal Perù all'Europa sulla strada del buon cibo
Ci sono storie che iniziano lontano, magari dall’altra parte del mondo, e poi trovano casa vicino a noi, magari sotto a un portico di Bologna, figlie di un incontro di quelli che cambiano la vita. Una di queste storie è quella di Muriel Valencia, peruviana di nascita, studi in Brasile e una prima vita tra giornalismo e produzioni agroalimentari sempre nel paese sudamericano.
Poi nel 2014 Muriel è arrivata a Bologna per frequentare il master in Storia e cultura dell’alimentazione sotto la guida dello storico Massimo Montanari. “I formaggi erano una mia passione sin da quando ero bambina, con il master ho avuto modo di stare qualche mese in Francia, nella Loira, e la fiamma si è riaccesa. Sono stati i formaggi di capra ad aprirmi il mondo del formaggio artigianale. E da quel momento ho cominciato a viaggiare per conoscere sempre più territori e sempre più produttori”.
L'idea di un negozio dei sogni a Bologna
Tornata a Bologna Muriel comincia a ragionare su un suo progetto, un negozio dei sogni con formaggi da tutta Europa. “Ne parlai con Elisa Argentesi, titolare dell’enoteca Faccioli, una donna che con il vino naturale già aveva fatto un progetto innovativo e militante a Bologna. Neanche avevo pensato a una socia, lei però mi disse senza esitare che sarebbe stata al mio fianco”. Quel malinteso, benedetto, è diventato così un progetto che a Bologna mancava e che va controcorrente rispetto a una proposta sempre più omologata dalla presenza di turisti da tutto il mondo. “Abbiamo oltre 50 formaggi da 5 paesi diversi, una selezione figlia di un lavoro continuo, la ricerca è la cifra di questo piccolo grande negozio”.
Guardando le vetrine, reali o virtuali si trovano cose come il blu di bufala di Casa Madaio, la toma di robiola con oltre 40 giorni di stagionatura de Le Ramate, e poi formaggi quasi dimenticati, come La Toma "Pagnotta" o la Toma del Ticcio alpe Vallezoo In Valsesia, il Morbier dello Jura, di latte crudo vaccino attraversato dalla caratteristica riga nera di carbone vegetale o ancora il caprino prodotto in una piccola latteria in Poitou Charentes e affinato nella cenere da Hervé Mons, e la feta – quella vera – di latte di capra e pecora.
Ai formaggi si abbinano i vini naturali selezionati da Elisa, olio extravergine di piccoli produttori e una serie di prodotti agricoli – uova, giardiniere, marmellate, aceti, miele, il pane di Calzolari – che restituiscono l’idea di naturale a 360 gradi. “La mia esperienza con l’enoteca Faccioli, in via Altabella, mi ha fatto capire che Bologna era pronta per una esperienza coraggiosa e senza compromessi. C’è una nuova generazione di produttori che non si limitano al vino, faccio su tutti l’esempio di Foradori, e la moderna idea di agricoltura è sempre più aperta a combinare esperienze diverse. La terra, e non il prodotto semplicemente, è sempre più al centro dei progetti di valore”. E così questa vetrina bolognese dà voce a tante esperienze diverse, unite da una unica filosofia: rispetto e qualità a tutti i costi. Una voce fuori dal coro che farà scuola, un posto che a Bologna mancava, una storia di donne e visione, di una sfida che porta in città un’idea di mondo che deve essere un modello per il futuro.
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