7 Days Out su Netflix. L'Eleven Madison Park di New York protagonista di un nuovo insolito format tv

8 Gen 2019, 14:09 | a cura di
Cosa è successo nella settimana che ha preceduto la riapertura in grande stile dell'Eleven Madison Park quasi un anno e mezzo fa? Sette giorni di riprese per scoprirlo, seguendo Daniel Humm, Will Guidara e la loro squadra

Il nuovo inizio dell'Eleven Madison Park

All’inizio dell’autunno 2017, domenica 8 ottobre di quasi un anno e mezzo fa, l’Eleven Madison Park di New York riapriva i battenti dopo un impegnativo rinnovamento degli spazi. Tre mesi intensi di lavoro per regalare al ristorante più prestigioso della città una veste più consona all’evoluzione che sala e cucina hanno vissuto in oltre 10 anni di attività sotto la guida di Will Guidara e Daniel Humm, complici nel traghettare quella che all’inizio degli anni Duemila era una “semplice” brasserie da 500 persone a servizio verso un concetto di alta ristorazione concentrata sul cliente non meno che sulla sperimentazione in cucina. Alla base del successo, per ammissione dei suoi stessi fautori, c’è sempre stata una cura maniacale del dettaglio guidata dal desiderio di realizzare qualcosa di speciale nella città che ha gli occhi del mondo puntati addosso. Così le tappe di questa saga, quelle di un’impresa diventata mitica, sono scandite da scelte difficili, momenti di grande gioia (le Tre Stelle, il raggiungimento della vetta della 50 Best nel 2017), ricordi memorabili, decisioni coraggiose e ripartenze, che nel gioco di squadra e nel perfetto coordinamento di un ingranaggio complesso hanno trovato la propria forza.

7 Days Out. Il nuovo format di Netflix

A questa storia, agli ultimi 7 giorni di una maratona a ritmi serrati in vista della riapertura dell’Eleven Madison Park dopo la ristrutturazione, è dedicata un’intera puntata della nuova serie 7 Days Out, disponibile da qualche giorno su Netflix. Una produzione che del fattore tempo fa la chiave di indagine per comprendere grandi eventi legati al mondo della moda, dello sport, della gastronomia, come nel caso che ci riguarda più da vicino: un conto alla rovescia scandito dai giorni che passano nella settimana più stressante di tutto il percorso, quando ogni domanda deve trovare la sua risposta e il lavoro di squadra diventa il segreto per dominare l’ansia da prestazione che sale. Capita così che, più di una qualsiasi puntata di Chef’s Table, i tre quarti d’ora montati ad arte da 7 Days Out (indubbiamente la regia lavora per rendere l'impresa più epica di quanto non sia stata in realtà, ma anche questo è il bello del “cinema”) siano in grado non solo di restituire in presa “quasi” diretta le emozioni e le aspettative di uno degli snodi più significativi della storia recente dell’Eleven Madison Park, ma soprattutto il sistema di lavoro che sta dietro alla crescita di una grande impresa, affascinante sin negli aspetti più maniacali della sua gestione.

Lo staff dell'Eleven Madison Park riunito prima del servizio

Come funziona un grande ristorante

Davanti alla telecamera, Humm e Guidara definiscono i parametri e orientano la narrazione, dispensando pillole di sapienza imprenditoriale a uso e consumo di chi non conosce la loro storia: da un lato l'ex ciclista professionista svizzero che poco dopo i 20 anni arriva a New York, e in città scopre la voglia di inseguire il suo sogno americano; dall'altro il figlio di ristoratori che già da bambino desidera muoversi in sala, soddisfare le aspettative del cliente. Poi l'incontro: uno schivo e di poche parole, l'altro un fiume in piena... “Io stavo sulle mie, Will mi faceva mille domande; ha saputo coinvolgermi, e quell'incontro è durato per sempre”. Ma è il team che si muove intorno a loro - la direttrice creativa, il tecnico del gas, l'architetto e i ragazzi di sala, gli addetti alle luci e l'head chef Dmitri Magi – a conquistare la scena nel racconto degli inesorabili 7 giorni che separano il ristorante dalla riapertura.

Chi vuole scoprire come si muove una macchina impostata per essere perfetta non deve far altro che osservare: la simulazione del servizio con stoviglie e finti clienti, in un “gioco di ruolo” che coinvolge tutto lo staff; la gestione delle anatre in cella di maturazione; l'ansia per l'allaccio del gas che non arriva, o per le nuove sedute troppo rigide. E l'infinita lista delle cose da fare prima dell'inaugurazione, fino al rito del barbiere in vista del primo servizio. Ecco spiegata quella teoria del cigno che apre la puntata: quel che vediamo della grande ristorazione è solo l'eleganza di un animale che scivola sull'acqua. Ma cosa succede sotto la superficie? L'happy ending arriva a sciogliere ogni tensione: “Noi viviamo per questi momenti” spiega Will Guidara “Non lavoriamo semplicemente nel business del cibo, ma in quello del contatto umano”. L'ultimo atto ci riporta a quella domenica di oltre un anno fa: i primi clienti, la magnificenza della nuova sala, la cucina che gira efficiente. Il calore umano e l'emozione per un nuovo inizio.

 

a cura di Livia Montagnoli

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