Mentre in Germania, nel 1516, un decreto del Duca di Baviera imponeva l’esclusività dell’orzo come cereale per la birra, appena qualche anno dopo in Belgio, una normativa della città di Halle, ricordava a tutti i birrai la necessità d’impiegare, oltre all’orzo, anche il frumento.
Non è questo l’unico motivo che rende Germania e Belgio così lontani per tradizioni e cultura birraria, ma è una differenza indicativa. Se i tedeschi hanno fatto dell’Editto di Purezza il loro pilastro, i belgi hanno optato per una più creativa libertà d’espressione che ha a lungo difeso le numerose originalità birrarie del paese. Tra tutte, la più identificativa (e curiosa per i non appassionati) è il lambic: definito da uno dei suoi produttori più celebri, Frank Boon, “l’anello mancante tra il vino e la birra” e dal birraio e scrittore Jef Van den Steen “il più antico stile delle birre moderne”.
Foto: Kris Jacobs
Lambic storia e caratteristiche
Ma di che cosa si tratta? Il lambic (detto così, al maschile) è una birra. Quanto antica è difficile dirlo, ma il frumento come ingrediente è richiamato in ordinanze comunali fin dal 1400. Inoltre, almeno fino all’anno Mille, tutte le birre erano a fermentazione spontanea. Ovvero il lievito (necessario per la fermentazione del mosto) non veniva inoculato dall’uomo, ma entrava a far parte della ricetta per via naturale, dal contatto del mosto con l’aria.
Oggi nessuna birra, a parte il lambic appunto, ricorre a questa procedura. Ed è questo l'elemento che più colpisce l’immaginazione e che rende le birre davvero uniche. Ma non è il solo. Il lambic si produce con una miscela di malto d’orzo e frumento non maltato, di norma in un rapporto 60/40 (una legge del 1965 impone una percentuale minima di frumento del 30%); il luppolo impiegato ha almeno due anni di conservazione, per eliminarne tutte le componenti aromatiche e ridurne al minimo la componente amara; infine si produce solo nei mesi freddi (dall’autunno alla primavera).
Botti di lambic
Il passaggio in botte
Inoltre c'è l'affinamento in botte: dopo una notte di raffreddamento in vasca aperta, il mosto viene travasato in botti di legno dove fermenterà e resterà a maturare per almeno un anno. In questo lasso di tempo la birra riduce progressivamente la sua naturale carbonazione (in virtù della permeabilità del legno) e fermenta grazie a un mix di lieviti particolari, i più importanti dei quali sono i brettanomiceti che le conferiscono quelle note inconfondibili e complesse fruttate e “di cantina”, quel gusto asciutto, tannico a volte astringente.
Il lambic può stare in botte per più di un anno, questa è la premessa per la creazione delle geuze, lo “Champagne” belga: blend di lambic di età differenti in cui il più giovane, ancora abbastanza ricco di zuccheri fermentabili, porta in dote una giusta carbonazione.
Iil birrificio Boon
Il Pajottenland
Questa birra ostica, ma capace di provocare feroci innamoramenti, ha un’area storica di produzione: il Pajottenland, territorio a sud-ovest di Bruxelles attraversato dal fiume Senne cui si attribuisce importanza fondamentale per la vita dei caratteristici lieviti. È una specie di oasi che ha saputo difendersi dal cambiamento del gusto dei consumatori e dall’avvento delle birre chiare a bassa fermentazione che anche in Belgio dominano incontrastate il mercato. Ogni due anni, nel Pajottenland, si organizza il Toer de Geuze, un appuntamento fondamentale per scoprire questo microcosmo birrario così particolare.
Morte Subite a Bruxelles. Foto Milo Profi
Fortune e sfortune del lambic
Un gran numero di produttori di lambic hanno chiuso i battenti dal dopoguerra a oggi e ogni tanto, per le campagne del Pajottenland, si incontrano le vestigia abbandonate di antichi birrifici. Alcuni produttori sono scesi a patti con il gusto moderno addolcendo i loro lambic, fermentandoli in acciaio, ricorrendo a sciroppi di frutta. In pochi hanno difeso il castello della tradizione. Ma oggi, per il lambic tradizionale, sembra sia iniziata l’età della riscossa: non solo godono di buona salute i produttori più giovani (quelli che hanno riportato in vita vecchie aziende come Oud Beersel e quelli che si sono buttati ex novo nell’avventura come Tilquin), ma anche alcuni “vecchi” come Lindemans, Timmermans e Mort Subite sembrano intenzionati a ridare fiato (e volumi) al lambic tradizionale. Acquistando ad esempio un numero maggiore di botti come segnale tangibile.
Il futuro di questo unicum birrario passa obbligatoriamente attraverso la salvaguardia del metodo di lavorazione tradizionale, tanto che è nato anche un Presidio di Slow Food. E, fondamentali sono le scelte dei consumatori, in Belgio, in Europa e negli Stati Uniti. Buona parte di queste fermentazioni spontanee prende la strada dell’export. C'è un processo di riscoperta del gusto originale che non sembra quasi avere più ostacoli, sebbene sia appannaggio di una nicchia, capace però di garantire la sopravvivenza, e di dare maggiore impulso alla storicità della “più antica delle birre moderne”.
Nella prossima puntata:
Appunti di degustazione: i lambic da provare assolutamente.
a cura di Maurizio Maestrelli