La laurea per l'imprenditorialità
Il contesto è quello di rigore: un'Aula Magna gremita – presente anche il ministro Maurizio Martina e tanti colleghi chef, da Ciccio Sultano a Massimiliano Alajmo - i cortei decorati, dietro la cattedra un'infilata di personalità del mondo accademico, dal Magnifico Rettore dell'Alma Mater di Bologna Francesco Ubertini al professore di organizzazione aziendale Max Bergami (che questa cerimonia l'ha ispirata e fortemente voluta), al direttore del Dipartimento di Scienze Aziendali Carlo Boschetti. E l'ambito di pertinenza tradisce subito la peculiarità della laurea ad honorem che l'ateneo bolognese ha deciso di assegnare al “laureando” Massimo Bottura, emozionato e bardato di tutto punto, stretto tra i professori. Imprenditore esemplare, prima ancora che chef in vetta alle classifiche mondiali. Almeno stavolta, per il tempo di ricevere il riconoscimento in Direzione Aziendale: non più abile cuciniere alla guida della Francescana, né promotore di un'iniziativa solidale che ha letteralmente conquistato il mondo, o ambasciatore per eccellenza dell'alta ristorazione italiana all'estero... O meglio, tutto questo insieme, perché “il percorso di Massimo Bottura si colloca all’incrocio tra imprenditorialità, cultura e tecnica e rappresenta un esempio per la diffusione della cultura italiana e per lo sviluppo del Made in Italy a livello internazionale”, spiega il rettore Ubertini. E la motivazione che legittima la consegna di uno dei riconoscimenti “tra i più solenni di tutta la vita accademica”, non lascia adito a dubbi: “Massimo Bottura rappresenta un caso esemplare di gestione di una piccola impresa familiare italiana, raggiungendo in pochi anni un successo senza precedenti e una notorietà a livello globale. Dal punto di vista aziendale ha realizzato una deliberata strategia di crescita, volta allo sviluppo della qualità e alla visibilità internazionale, mediante visione, capacità imprenditoriale, creazione e gestione del team, innovazione di prodotto e raggiungimento di un livello di servizio molto elevato”.
Bottura: esempio concreto di eccellenza italiana
E di più, un inequivocabile “esempio di innovazione”, in cui si fanno confluire la valorizzazione della tradizione e del territorio, l'ispirazione all'arte contemporanea e alla musica jazz, tutto al servizio di una creatività che genera successo, reddito, crescita professionale, “inesauribile desiderio di scoperta”. Del resto, conferma il Magnifico Rettore aprendo la cerimonia, “Bottura incarna un tipo di esperienza culturale connessa con l'Italia, e nello stesso tempo la sua storia personale va in molteplici direzioni: in lui la sapienza del cibo è unita alla capacità dell'imprenditore”. La sua è “una saggezza antica applicata ai nostri giorni”, che attribuisce “un valore specifico ai gesti”, perché per Massimo Bottura “la tradizione è una conquista lunghissima”. E questo non è scontato. Poi c'è l'impegno sociale, che più volte tornerà nei discorsi del pomeriggio bolognese: “Bottura non è solo un creativo, ma un uomo che sa condividere con la società i risultati della sua azione, e agisce nei punti nevralgici del nostro tempo”. E per tutto questo, chiosa il rettore, “un esempio concreto di eccellenza italiana”. Quando la parola passa a Max Bergami la platea ha modo di ripercorrere la lunga carriera dello chef, imprenditore alle prime armi ai tempi del Campazzo e più tardi guida sicura della Francescana, “un approccio da imitare per visione, focalizzazione strategica, identità comunicativa, persistenza”, e non solo un modello per la ristorazione, ma per tutte le piccole imprese. Anche se, e Bergami si prende il tempo per sottolinearlo, “questa è una laurea a tutta la cucina italiana , ai produttori e ai distributori dei prodotti italiani all'estero”, a chi persegue progetti impossibili perché crede nella possibilità di riuscire. E il sentimento in cui sfuma la Laudatio è quello della gratitudine. Sincera.
È bello essere patata
Quando dopo la consegna del diploma prende la parola il laureato, per la sua Lectio Magistralis, l'emozione è palpabile. E il primo ricordo è per la mamma che non c'è più. Bottura si muove abile su e giù attraverso la storia sua e della squadra che è sempre al suo fianco, anche a Bologna, sugli spalti dell'Aula Magna. E la sua realtà, quella costruita insieme a loro, la paragona a una bottega rinascimentale, un laboratorio di idee dove si condividono stile e cultura. E di più un movimento, capace di creare insieme il turismo gastronomico: “Siamo gli imprenditori del bello e del buono”, afferma convinto. Parla di energia, positività, meraviglia, motivazione. E dubbio. “A noi piace sempre vincere”, e per questo è importante giocare “con il cuore e con la mente”. Ma pure contemplare “la capacità di saper sbagliare, inciampando sull'inaspettato per guardare il mondo da un'altra prospettiva”. È il momento di citare Ops!, la mitica crostatina. Poi però arriva il momento delle patate di Montese, quella che sognano di diventare “un glorioso tartufo”. Ma in fondo sono “solo” patate. È il dessert della “nuda verità”, squisito nella sua realtà, “perché non tutti possiamo essere tartufi, per la maggior parte siamo patate. Ed è bello essere patata”. Applausi.
a cura di Livia Montagnoli