Le Case cantoniere come risorsa per il turismo sostenibile
Il progetto arriva da lontano: già sul finire del 2015 il Ministero dei Beni Culturali si era detto pronto a incentivare il recupero delle Case cantoniere dismesse in vista del Giubileo, per promuovere il turismo diffuso sul territorio. L’intenzione di trasformare gli ex edifici gestiti dall’Anas in ristoranti, alberghi e luoghi deputati all’ospitalità, per dirla tutta, era già contemplata nell’Art Bonus, il testo varato dal ministro Dario Franceschini nel 2014, che in materia di gestione e valorizzazione del patrimonio nazionale si pronunciava in favore del recupero di spazi ed edifici demaniali ormai inutilizzati, con l’affidamento a privati o cooperative che potessero restituirgli nuova vita. E le celebri Case cantoniere, con la facciata rosso pompeiano che fa capolino su tante consolari e strade statali d’Italia, sembravano offrire un’opportunità concreta per il rilancio di un turismo lento e sostenibile, in tutta la Penisola. Quindi la collaborazione tra Ministero, Anas e Demanio aveva portato a individuarne ben 1600 in attesa di essere recuperate, chiamate a rappresentare “un brand formidabile” del sistema Italia, come ribadiva convinto Il ministro Franceschini.
Il bando dell’Anas. Il progetto pilota
Oggi il censimento dell’Anas ridimensiona il computo a 1244 Case cantoniere, di cui 650 ancora a disposizione (il 10% ad alto potenziale turistico), pronte a intraprendere una nuova vita dopo 186 anni (il 13 aprile 1830 un Regio Decreto del Regno di Sardegna istituiva la figura del Cantoniere) di onorato servizio a garanzia della sicurezza sulle strade. Ecco allora il primo bando di una lunga serie, che coinvolgerà 30 unità tra Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Puglia destinate a diventare bar, alberghi, ristoranti o punti d’accoglienza all’avanguardia, free wi-fi e infopoint.
Per partecipare alla gara indetta dall’Anas c’è tempo fino al 31 ottobre 2016: lo Stato si riserverà la possibilità di valutare l’offerta economica più vantaggiosa in base alla qualità della proposta, poi decreterà gli assegnatari. E nel frattempo l’Anas si impegna a ristrutturare gli immobili, per un investimento complessivo ci circa 8 milioni di euro in tre anni (per ristrutturarle tutte servirebbero 300 milioni, si cercano collaborazioni e investitori decisi a finanziare il progetto su vasta scala che seguirà il progetto pilota). Concretamente, se il progetto non si arenerà dopo le prime battute – come purtroppo è capitato di vedere spesso in Italia - le prime Case cantoniere 2.0 saranno pronte per l’estate 2017, e al concessionario spetterà valorizzarle con progetti di ospitalità sostenibile, dietro compenso di un canone d’affitto mensile che si aggira tra i 1500 e i 1800 euro.
I criteri di assegnazione. Viaggiare, fermarsi, riscoprire
Per chi deciderà di cimentarsi con la sfida, l’Anas ha messo a punto un manuale di progettazione, “destinato ai progettisti che devono redigere progetti di recupero delle case, alle imprese coinvolte nella realizzazione, agli allestitori e, infine, ai gestori che avranno così una sorta di vademecum per l'arredo e l'allestimento di ogni ambiente della casa cantoniera”, si legge nel documento. Tra i servizi che si intende promuovere, la ristorazione – come la possibilità di pernottare in una struttura alberghiera sui generis – riveste un ruolo importante, confermando l’importanza del turismo enogastronomico per il nostro Paese. Ma i candidati dovranno prestare attenzione a preservare l’identità del luogo, muovendosi sui valori dell’autenticità, della genuinità e del legame con il territorio, garantendo efficienza energetica e innovazione tecnologica.
Chi può partecipare? Start up, singoli imprenditori, consorzi, cooperative e associazioni con almeno tre anni di esperienza nel settore turistico-ricreativo. Le concessioni dureranno 10 anni, poi si procederà con un nuovo bando di gara. Tra le strutture che presto potrebbero rinascere come alberghi, ristoranti, botteghe tipiche ben 5 case nell’area di Cortina d’Ampezzo, ma anche strutture dislocate lungo la via Francigena, ad Altamura, Cisterna di Latina, Castagneto Carducci e sul lago di Garda. Sul sito del progetto pilota tutte le informazioni per partecipare.
a cura di Livia Montagnoli