“Mi saprebbe dire per caso dove vanno le anatre quando il lago gela”? chiedeva il Giovane Holden di J.D. Salinger a proposito dell'inverno a Central Park. Provocando, applichiamo il topos letterario alla cucina di mare: i ristoranti che in agosto placano la nostra voglia di spaghettate vista arenile, che fine fanno quando cade il gelo? Terminata la calca turistica, non caleranno mica la saracinesca?
La stagionalità della pesca
La risposta è (quasi mai) no, ma per capire il perché occorre operare un ribaltamento semantico. Infatti la pesca (e di conseguenza, molti grandi locali di mare) si trovano nel pieno della loro attività proprio d'inverno, mentre è a ridosso dei mesi estivi che spesso devono (o decidono di) fermarsi. Scelta paradossale? Nemmeno un po'. Chi conosce il mondo ittico sa che la pesca ha una stagionalità, esattamente come l'agricoltura, ma per ragioni diverse, dettate dal momento della riproduzione della fauna marina, dalle sospensioni temporanee della pesca, dalle migrazioni dei grandi piccoli pelagici, dai cambi di temperatura. I cuochi che (per ragioni etiche, ecologiche o semplicemente di selezione qualitativa) scelgono di utilizzare in cucina solo pescato selvaggio, fresco, locale o mediterraneo, si pongono automaticamente limiti molto pesanti.
Così la Vecchia Marina di Roseto degli Abruzzi, tavola in cui si officia la poesia del mare (una delle migliori trattorie d'Italia per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso) resta chiusa durante il fermo pesca in Adriatico, un mese tra agosto e settembre. “Ci prendono per pazzi perché d'estate chiudiamo”, ci racconta Gennaro D'Ignazio, in cucina insieme alla sorella Loredana, e coadiuvato in sala da Giovanni Parnanzone, marito di quest'ultima. Gennaro, del resto, si reca alle aste di persona, nelle notti dal martedì al venerdì, dove confluisce il prodotto pescato dalle marinerie con licenza di pesca a strascico. La più vicina è a Giulianova, ma nell'arco di poche decine di chilometri ci sono quella di Pescara e, a nord, quella San Benedetto del Tronto. La scelta ricade sul luogo dove c'è il pesce migliore nel pieno della stagionalità.
In alcuni casi è preferibile mangiare il pesce d'inverno, anche per motivi ecologici
“Perdo molto tempo a parlare ai miei clienti di queste questioni: nell'Adriatico è assolutamente preferibile mangiare il pesce d'inverno. D'estate c'è la ressa per la richiesta, i prezzi si alzano, i marinai lavorano meno di fino, tendono ad andare di fretta con lo strascico, fattori che vanno a discapito della qualità”. E soprattutto c'è un problema di temperature: “Il nostro mare è chiuso, ha poche correnti e si riscalda molto. Alcune volte la temperatura d'uscita è intorno ai 25 gradi, un grado di calore pericoloso per la proliferazione batterica. Èmolto più difficile trattare il pescato d'estate, chi non lavora bene si porta a casa un prodotto scadente”.
Per preferire il pescato invernale c'è poi, non da ultima secondo D'Ignazio, una ragione ecologica: la pesca a strascico, che già di per sé ha un impatto ambientale forte, andrebbe scoraggiata d'estate, dato che quello è il periodo in cui si rischiano i danni più grossi.
I pesci vanno a riprodursi nelle acque calde; alcuni di quelli che vivono al largo, nella fase riproduttiva si avvicinano alle coste, a basse profondità. Sarebbe facile catturarli in tali momenti, ma vorrebbe dire predare il mare della popolazione futura. Ed è proprio durante i periodi riproduttivi, per favorire un buon ripopolamento degli stock, che scatta il famoso “fermo pesca”.
Le ragioni del fermo pesca
Cos'è? L'espressione è chiara: una sospensione temporanea dell'attività di pesca, con calendari stabiliti zona per zona da un decreto ministeriale, per tutelare alcune specie ittiche e garantirne, appunto, la riproduzione.Un tentativo di regolamentazione, avviato dal Ministero delle Politiche Agricole, che blocca le imbarcazioni con reti a strascico, reti a divergenti e reti volanti per 30/40 giorni consecutivi (la pesca oceanica è fuori dalla normativa, così come la pesca al gambero di profondità, che ha regole tutte sue). Il provvedimento decide per l'anno in corso: ad esempio, nel 2017, si è cominciato nell'alto Adriatico (da Trieste ad Ancona) dal 31 luglio al 10 settembre - nel pieno della stagione turistica, quindi - per finire con il tratto costiero da Livorno a Imperia, fermo tutto il mese di ottobre. Nei periodi di stop i prezzi naturalmente si alzano: ristoratori e commercianti, che solitamente lavorano sulla prossimità, reperiscono il pesce in altre coste e la limitata produzione locale dovuta alle barche della piccola pesca, che possono ugualmente operare, non soddisfa la domanda. Aumenta poi la possibilità di trovarsi nel piatto prodotto non fresco, allevato o straniero.
La chiave è nel rapporto con i fornitori
“Non dobbiamo essere estremisti e far finta che non esistano la grande pesca e le importazioni”: Gianfranco Pascucci, cantore della cucina di mare nel suo Pascucci al Porticciolo di Fiumicino, tenta di assumere una visione empirica. “Io sono un piccolo, faccio trenta coperti. Non dobbiamo dimenticare i numeri: è lì che si gioca la battaglia. Il pesce importato ricopre gran parte del mercato, bisogna occuparsene, approfondire e divulgare. Ci sono zone del mondo in cui le tradizioni di pesca sono antiche e danno da vivere a intere comunità. Le importazioni non sono il male assoluto: il male vero è non distinguere se si incentiva con gli acquisti un tipo di pesca distruttiva piuttosto che un altro”. Attentissimo all'ecosostenibilità e ambasciatore delle oasi WWF, Pascucci è pure noto per la materia prima eccezionale che trasforma nella sua cucina. “La chiave è nel rapporto con i fornitori. Quando si crea una relazione virtuosa con il pescatore, si riesce anche a indirizzarne il tipo di pesca e gli standard qualitativi”. Circuito privilegiato che in estate, per forza di cose, viene a mancare: “Agosto è un mese che non sopporto, il mercato impazzisce, i prezzi si impennano, si lavora sotto pressione e la qualità ne risente. In quel periodo domina un certo tipo di economia e di domanda che non mi interessa assecondare”. E la squadra di Pascucci al Porticciolo fa una scelta controcorrente: chiude il locale nelle settimane a ridosso di Ferragosto, quelle che in teoria sanerebbero i conti economici.
Elogio alla stagione fredda
Qui parte un autentico elogio alla stagione fredda: “Il mare d'inverno è una possibilità. Dà l'opportunità al cuoco di mostrare altro, di far conoscere nuovi abbinamenti ai clienti. Le persone non vengono da te per il sole e godersi in spensieratezza lo spaghetto con la tellina e il vino bianco fresco. Vengono da te perché sono curiosi di provare la cucina di mare, non la cucina di pesce”. Così, mentre il turismo di massa e le ferie (spesso) obbligate ci costringono a rivolgere la nostra attenzione al mare solo d'estate, proprio nei giorni d'inverno ci sarebbe modo di scoprire un mercato vario, un ventaglio differente di sapidità, pesce di pezzatura eccezionale. Gianfranco racconta l'incanto della burrasca, che finisce lasciando un tesoro di abbondanza a disposizione dei pescatori. “Il mare d'inverno è una sorpresa continua, lo devi scoprire. Si può giocare, i sapori sono profondi. Il mare d'inverno è concettuale. Con i suoi profumi, le sue incostanze, lo scirocco e la tramontana, i venti violenti e contrari che celebrano quella magia tra le onde che è la mareggiata”.
Con le temperature basse il pesce è migliore
Si entusiasma per la pesca nelle giornate fredde anche Luciano Zazzeri, patron de La Pineta, sulla spiaggia di Marina di Bibbona. Nello storico ristorante di famiglia – con lui diventato punto di riferimento internazionale – impara da piccolo a conoscere e praticare tecniche e tempi del mare (la barca oggi la usa poco, la cucina non lascia tempo, ma suo cugino supplisce a mestiere). Pescatore, amante dell'orto e della caccia ai colombacci, si schiera a favore dell'inverno: “Senza la calca estiva possiamo sì fare una buona spesa e cucinare in libertà, ma è proprio il pesce a essere migliore con le temperature più basse”. Entrano in gioco questioni di conservazione, ma anche le caratteristiche organolettiche della fauna marina e dell'habitat circostante. “Con il crudo è evidente: un pesce eccezionale dà un crudo eccezionale. Nella stagione calda alcune specie diventano grasse: le orate, ad esempio, oppure le ostriche, che assumono una consistenza quasi lattiginosa”. Non tutto chiaramente è migliore: “Il cappone in estate è delizioso, è gentile, ora è asciutto e si pesca poco. La pezzogna - quella vera, la napoletana o la livornese – è, invece, signora d'inverno. E così palamite, spigole, orate, gallinelle, San Pietro. Gli scampi sarei pazzo a comprarli a 80 euro al kg a dicembre quando non sono neanche imperdibili”. La spesa fuori stagione non ha senso: “È antieconomica e i prodotti sono meno buoni. Funziona come per i vegetali, non si scappa”. La cucina dello Zazzeri conquista tutti, gourmet e palati più conservatori. Luciano nasce in sala, per questo non scorda quanto sia importante che i cuochi conoscano bene il servizio e gli ospiti. E quando questi cercano qualcosa che non ha a disposizione? “Se i prodotti non sono al meglio qui non li trovano. È una questione di serietà. Il cuoco ha in mano la salute delle persone: io usando buon pesce, extravergine e cotture delicate non faccio altro che rispettare i miei clienti”.
a cura di Pina Sozio
foto di Lido Vannucchi
QUESTO È NULLA...
Nel numero di febbraio del Gambero Rosso, un'edizione tutta nuova in questi giorni in edicola, trovate anche un focus sulle ragioni delle stagioni secondo Gennaro D'Ignazio e gli approfondimenti dello chef Mauro Uliassi e dei professionisti del banco Beppe Gallina e Gino Amoruso. Un servizio di 10 pagine dedicato al mare d'inverno, che include anche la top ten dei ristoranti di pesce aperti fuori stagione, i dieci pesci tipici dell'inverno rappresentati dai bellissimi disegni di Marcello Crescenzi e un utile glossarietto dei pesci sconosciuti.
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