Noma ha aperto nel 2003. Prima piano, poi forte, poi fortissimo. Ha cambiato il mondo dell’alta cucina a livello planetario. In epoca contemporanea prima di René Redzepi solo Ferran Adrià era riuscito a raggiungere questi livelli di ricerca gastronomica. All’inizio del 2017 Noma ha chiuso, all’inizio del 2018 riapre in un luogo nuovo, con un approccio evoluto, con uno spirito rinnovato. L’attesa è grande, per non dire spasmodica. Basta sapere che le prenotazioni per aggiudicarsi i primi tavoli disponibili del Noma 2.0 da febbraio ad aprile sono andate esaurite in pochissime ore. Abbiamo chiesto agli opinion leader del mondo dell’enogastronomia cosa si aspettano dalla più grande novità dell’anno. C’è chi sostiene che il nuovo Noma punterà l’attenzione sulla selvaggina, chi invece giura che ci parlerà di erbe e orto. Ecco una selezione delle 20 opinioni uscite nel numero di gennaio del Gambero Rosso.
Massimo Bottura - Cuoco di Osteria Francescana a Modena
Lo spazio approntato per il ristorante sarà sicuramente straordinario, non ho dubbi. Quando si porta la luce illuminando l’oscurità e c’è una grande energia positiva, questa è sempre contagiosa. Non è tanto il fatto che ci sia un nuovo Noma, se vogliamo, quanto l’importanza di un luogo che cambia la percezione per tutto quello che c’è intorno. Ed è quello che ha sempre fatto René, cambiando il modo di pensare e di vivere il ristorante da parte dei nordici. Con una cucina che è cultura, formazione, turismo e tante altre cose insieme.
Enrico Cerea - Cuoco di Da Vittorio a Brusaporto
Ricordo bene quando ho mangiato da Noma, perché è stata un’esperienza estremamente interessante. Per la scoperta di prodotti che noi utilizziamo poco o sono assolutamente sconosciuti, per i cuochi che uscivano in sala a spiegare i piatti, le tecniche utilizzate e i prodotti, per la piacevolezza di un ambiente essenziale e minimal, tipicamente nordico. C’è da aspettarsi anche nel nuovo ristorante una serie di novità stimolanti, e sarà curioso vedere il processo creativo di un cuoco che dopo aver chiuso il suo locale ha girato il mondo con dei ristoranti pop up per poi ritornare a casa sua dimostrando notevole forza e coraggio.
Eleonora Cozzella - Giornalista
Mi aspetto che con il nuovo Noma René continui sulla strada di un forte orgoglio legato ai prodotti e alla cucina del Nord. Lui è stato tra i primi a concepire un fine dining che muoveva da tecniche di cucina internazionali applicate sulla materia prima locale. Con il valore aggiunto di aver creato un movimento, ed essere stato fonte di ispirazione per molti giovani, perfino nella lontana Islanda. Ricordo come fosse ieri un piatto evocativo del vecchio Noma come The Jensen’s Hard Winter of 1941, fatto di tuberi, rape e radici marinate. Riportava alla mente quello che si cucinava in Danimarca nell’inverno più freddo del secolo scorso, durante l’occupazione nazista, ma con la classe e l’eleganza della cucina moderna di René.
Luca Iaccarino - Giornalista
Dice Il saggio: se vivi un’esperienza straordinaria, non tentare mai, mai di ripeterla. Grazie al cielo non sono saggio e pure mi piace il rischio, dunque il 28 febbraio – a un anno praticamente esatto dalla mia prima e unica visita – tornerò al Noma. Ma sarà un Noma diverso da quello che provai, sarà la famigerata “fattoria” di cui Redzepi parla da tempo. Premetto: il pranzo al “vecchio” Noma è stato il pasto più indimenticabile della mia vita. Non penso di subire il fascino delle mode, ma sono convinto che la fama del lavoro di Redzepi fosse ben meritata: un tasso di creatività, di abnegazione, determinazione, elaborazione e gusto (tanto gusto!) mai visto. Torno al nuovo Noma sperando di replicare quell’emozione, sapendo però che di prima volta ce n’è una sola. Tuttavia mi è bastato vedere l’annuncio – quel quadretto acquerello con il disegno di una cozza e una sola parola, “Seafood” – e ho detto agli amici: “Dobbiamo prenotare”. Mi aspetto di passare nella “fattoria” l’intera giornata come feci nel “vecchio” locale, di farmi raccontare tutti i loro pazzi esperimenti, di vagare per campi innevati immaginando come saranno al ritorno del caldo, di mangiare meravigliose creature marine - al Noma d’inverno si viene per il mare, in primavera per le verdure – trattate come uova di Fabergé, come solo loro fanno. Mi aspetto il nitore e il freddo e la luce desaturata del Grande Nord; mi aspetto un posto accogliente in mezzo al gelo, un focolare con tanti ragazzi e ragazze sorridenti che si prenderanno cura di noi. Mi aspetto il fascino irresistibile del bel René che quando parla fa l’effetto di San Francesco e ammansisce pure i lupi. Mi aspetto anche di separarmi da 429 euro, quelli che spesi la prima volta, cosa che fa soffrire e molto il mio tratto di DNA cresciuto in Liguria. Ma magari le attese verranno smentite, come lo è stata la prima: credevo fosse praticamente impossibile prenotare, così come lo era stato un anno fa, e invece è bastato collegarsi al sito al momento dell’apertura delle iscrizioni, pagare in anticipo e il tavolo era nostro. Grazie al cielo i bagarini non hanno ancora scoperto il mondo della ristorazione.
Paolo Marchi - Giornalista
In un’epoca nella quale si va nei ristoranti e a disposizione c’è spesso un solo menu, quindi ci si deve per forza adattare, devo dire che la scelta di René Redzepi dice molto della personalità del cuoco. Che, lo sappiamo è geniale e non ci sono certo dubbi sulla riuscita del progetto Noma 2.0. Il quale si preannuncia da subito come l’evento imperdibile del 2018, visto che i biglietti del primo menu denominato Seafood sono andati letteralmente a ruba in poche ore. Sono molto curioso di come sarà organizzato il nuovo ristorante, anche perché in questi casi si entra in una dimensione che è esattamente il contrario della cucina al servizio del cliente. Qui è il cliente che si mette nelle mani del cuoco, il quale decide tutto. È un po’ come andare a messa, oppure osservare le opere di un’artista.
Alessandra Meldolesi - Giornalista
Leggendo l’autobiografia di Marco Pierre White, forse l’archetipo dello chef contemporaneo, si sviscera il dilemma dello chef di successo: che succede dopo il traguardo? Una situazione di cui ha scritto anche Freud, a proposito del successo e di Macbeth. White si è ritirato, Ferran Adrià ha rovesciato la cucina in non-cucina, per parafrasare Croce, concentrandosi sul sapere e anche esplorando nuovi concept. Sono curiosa di scoprire quale sia la strada scelta da René Redzepi per marcare un prima e un dopo in una situazione topica per il mondo dell’alta cucina. Sarà sicuramente altrettanto geniale del Noma.
Ana Ros - Cuoca di Hisa Franko a Caporetto
René è una delle persone più intelligenti che io abbia mai incontrato. È un saggio ed è un visionario. Mi aspetto un nuovo capitolo della storia della cucina.
Lorenzo Sandano - Giornalista
Se è vero che per il nuovo Noma uno dei punti ideologici fondamentali vuole evidenziare una qualità del prodotto che fa rima con stagionalità, mi aspetto grande attenzione e ricerca rivolte al gusto nella sua essenza più naturale, spontanea e selvaggia. Spazio ai sapori veri e ai frutti della Madre Terra in assoluta libertà. Rimanendo sul tema della decantata importanza della materia prima, anche tramite il rispetto e la trasformazione ai fornelli, mi aspetto meno assemblaggio e piùfuoco. Ritorno a cotture, tempi e gesti ancestrali. I trascorsi devoti e assoli vegetariani maturati dal Noma negli anni, mi fanno ben sperare in nuove letture e frontiere rivolte al comparto vegetale e al mondo delle fermentazioni. Perché no, anche nella capacità di rendere più interessante e coerente l’inflazionato concetto dell’orto urbano.
Lido Vannucchi - Fotografo
Dal Noma mi attendo sicuramente che chiami uno dei fotografi non dico più bravi ma più visionari e affascinanti dello scibile mondiale, per vedere i suoi piatti fotografati da tale fotografo. Non mi aspetto nulla, ma attendo un loro pensiero visto che mi hanno sempre entusiasmato per il loro modo di fare. Ecco forse solo una cosa mi aspetto realmente, che continuino a fare scuola e ad essere una voce spesso fuori dal coro.
Paolo Vizzari - Giornalista
René Redzepi per me è stato cronologicamente l’ultimo uomo in grado di innovare davvero i concetti di cucina e ristorante, trasformando le difficoltà di un territorio spoglio nel punto di forza della sua proposta. Ora ha avuto tempo di studiare il passo successivo girando il mondo per trarre ispirazioni varie e, sono sicuro che sarà nuovamente in grado di spostare l’asticella con un progetto da cui mi attendo un ulteriore stimolo per l’intero mondo della ristorazione.
a cura di Gualtiero Spotti
QUESTO È NULLA...
Nel numero di gennaio del Gambero Rosso trovate anche le opinioni di: Francesco Apreda (Cuoco dell’Imago a Roma), Claes Bech Poulsen (Fotografo), Ivan Berezuckiy (Cuoco di Twins Garden a Mosca), Riccardo Camanini (Cuoco di Lido 84 a Gardone Riviera), Terry Giacomello (Cuoco dell’Inkiostro a Parma), Andrea Grignaffini (Giornalista), Jakob Mielcke (Cuoco di Mielcke & Hurtigkarl a Copenhagen), Oliver Piras (Cuoco di Aga a San Vito di Cadore), Alessandro Proietti Refrigeri (Ex cuoco al Noma, oggi chef coordinatore delle pizzerie Berberé), Alberto Schieppati (Giornalista). Non solo, abbiamo raccontato la storia del Noma e di René Redzepi, il quale ha passato gli ultimi tempi incontrando farmer svedesi, vagando per i boschi e frequentando le scogliere e le baie più nascoste per recuperare il giusto spirito e l’approccio verso il prodotto locale. Uno speciale di 10 pagine, arricchito con i disegni di Marcello Crescenzi (alcuni li vedete anche qui), dove abbiamo spiegato cos’era il Noma e che cosa sarà dopo il 15 febbraio, con divagazioni sui progetti del Nordic Food Lab - organizzazione open source fondata nel 2008 da Rene Redzepi e Claus Meyer come supporto di ricerca del Noma, che dal 2014 fa parte del Dipartimento di scienze del alimentari dell'Università di Copenaghen - sui piatti must di René Redzepi e sulle altre novità che riguardano la capitale danese, tra cui un nuovo fenomeno: quello del pane bruciato, il cui massimo esponente è Richard Hart.
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