Jean Hummler
“Ora è semplicemente il tempo di alzarsi in piedi e dire no, di alzarsi in piedi e combattere”. Non c'è margine alcuno per mediazione nella visione di Jean Hummler. Lui, alsaziano di origini (e dunque francese), ha iniziato come dipendente della mitica birreria Moeder Lambic di Bruxelles. Dieci anni fa esatti, assieme a un socio, è riuscito a comprarsela e a gestirla secondo la sua filosofia: inossidabile, inscalfibile e radicale. Con un legame strettissimo con la natura, i produttori, i tempi necessari, il territorio. Gli stessi ingredienti necessari per fare la birra lambic, protagonista dei suoi due bar. “Di certo non vendo Coca Cola nei miei locali, né succhi di frutta Looza, i formaggi sono da latte crudo e il pane da lievito madre”: l'impostazione è vicina ai primordi di Slow Food e non a caso Hummler fu uno dei primi a fare da ambasciatore dei dettami di Carlin Petrini nella capitale belga.
Anche per questo la sua reazione alla notizia dell'anno – non solo in Italia – per il mondo della birra artigianale, ovvero l'acquisizione del 100% di Birra del Borgo da parte del colosso AB Inbev (si parla, ma sono voci, di una cifra che potrebbe oscillare tra i 10 e i 35 milioni), è a dir poco netta: “alzarsi e combattere” appunto. “Magari ci vorranno 30 o 40 anni, ma questa battaglia la vinceremo e le grandi industrie la perderanno. È sicuro che sarà così”, ci dice congedandoci dal suo locale appoggiato davanti al Municipio di St. Gilles dove siamo andati ad intervistarlo in qualità di guru della birra artigianale a livello mondiale e in qualità di personaggio assai influente presso tutte le teste pensanti della mondo della birra di qualità in Italia.
La grande industria e gli artigiani
La reazione, dicevamo, è netta. Impensabile, per la mentalità di Hummler, che le grandi industrie possano in qualche maniera preservare la qualità, mantenere per davvero l'autonomia delle piccole aziende artigianali che poco a poco stanno scalando, prima in Nord America e ora anche in Europa. “Io ho visto come fanno. L'ho visto con i miei occhi nei casi in cui c'è stata qualche acquisizione in Belgio: la produzione è stata spostata, la gran parte delle persone sono state licenziate, la qualità è crollata. Lo stesso accadrà per Birra del Borgo: probabilmente la produzione non rimarrà a Borgorose, magari sarà spostata a Leuven in Belgio o ancora più probabilmente in Ucraina, dove costa meno. Perché per queste realtà, realtà da miliardi di ettolitri, anche un centesimo risparmiato per ogni litro è fondamentale; per un birraio artigiano sapete cosa conta un centesimo in più o in meno per produrre una birra? Nulla! L'importante è la qualità”. Inutile far notare a Hummler come questo ragionamento possa risultare un po' ideologico e preconcetto: l'ideologia viene anzi rivendicata. “Certo che è ideologia. L'ideologia è l'unica arma che abbiamo in una situazione simile dove ci confrontiamo con aziende che fatturano in un'ora quello che noi fatturiamo in un anno e che possono comprare il sentimento delle persone e gli articoli dei giornalisti”. Secondo questa eminenza brassicola, insomma, le due partite sono completamente diverse: “il nostro mestiere è fare della buona birra, il mestiere della grande industria è fare denaro, sono due mestieri che non c'entrano niente l'uno con l'altro”.
La Resistenza dei piccoli contro le multinazionali
La sensazione è di parlare con una sorta di partigiano che si prepara ad una sorta di Resistenza. Jean sta facendo proprio questo, lo sta facendo dal momento in cui è venuto a conoscenza del deal che ha portato il birrificio reatino di Leonardo Di Vincenzo sotto le insegne della più grande multinazionale della birra a livello mondiale. Telefonate tra amici, esclusioni, dispetti, gente che non si parla più e che si toglie il saluto. Anche perché “questo è solo l'inizio”. E ci sono almeno due altri birrifici artigianali che sono in qualche maniera indiziati di questo che viene vissuto come un alto tradimento da parte dei duri e puri. Hummler non vuole rivelarci i nomi ma è facile prevedere quali potrebbero essere: non Baladin, già all'interno di una dinamica per certi versi industriale e strutturata; non Lambrate, dotato di un'indole legatissima al territorio e di un approccio duro-e-puro in pieno stile Moeder Lambic. E allora chi restano? I rumors guardano tutti alle mosse di insegne come Toccalmatto di Fidenza e come il Birrificio del Ducato di Soragna, sempre in provincia di Parma. Staremo a vedere se l'episodio Birra del Borgo \ AB InBev rimarrà isolato o sarà semplicemente il primo di una valanga che potrebbe cambiare i connotati al panorama della craft beer in Italia. D'altro canto, è sempre Hummler a dircelo, l'Italia è considerata a livello mondiale il mercato più vivace in questo ambito e dunque è abbastanza normale che le multinazionali, dopo aver fatto incetta di microbirrifici in America (“stavano perdendo anno dopo anno quote di mercato e in alcuni stati erano passati dal 100% al 50%, con la birra artigianale che aveva rosicchiato metà market share alle grandi corporation grazie a quella che negli ultimi vent'anni è stata la Craft Beer Revolution”), sbarchino in Europa e in particolare nel nostro paese.
Boicottaggi ed esclusioni
La cosa certa è che non troveranno a quanto pare la strada spianata. La Resistenza è in preparazione, appunto. “Cosa faranno se tutti i bar importanti toglieranno Birra del Borgo dalla loro offerta? Cosa faranno se le vendite crolleranno? Si rivolgeranno al supermercato? Ma così ammetteranno il cambio dei connotati del brand”. La reazione prende così i contorni di un boicottaggio intellettuale: l'unica strada possibile secondo Hummler nei confronti di quelle che sono solo società finanziarie che faranno in futuro semplicemente ciò che hanno sempre fatto: acquisire piccoli produttori, toglierli dal mercato, utilizzare quando utili i loro marchi e appiattire la produzione. Anzi, addirittura smettere di produrre limitandosi a comportarsi come corporation. Le reazioni si sono subito concretizzate. Birra del Borgo è stata immediatamente esclusa dal Quintessence, ad esempio, il festival di Bruxelles che ogni anno ospita due birrifici e che quest'anno, a inizio maggio, doveva proporre Masia Angullons e giustappunto l'insegna di Borgorose. Sabato mattina presto, dopo poco più di 12 ore dal deflagrare della notizia in Italia, Jean Van Roy, grande amico di Hummler e titolare della Brasserie Cantillon che organizza la manifestazione, ha pubblicato sui social un post durissimo (lo trovate qui): “Leonardo di Vincenzo è un amico prima ancora di essere un grande birraio, ma noi non possiamo far entrare la volpe nel pollaio”.
Artigianato e industria possono convivere?
Sarà solo la prima di una serie di esclusioni e boicottaggi peraltro ampiamente previsti da Leonardo di Vincenzo che dal canto suo, in maniera quasi renziana alla #matteorisponde, risponde con una sessione in diretta di domande e risposte sul profilo Facebook di Birra del Borgo. Mezza Europa della birra è convinta che la sua creatura, nata per fare birre geniali, sia stata oggi tramutata solo in una fabbrica per fare soldi. A lui il compito, fermi restando i soldi e la tranquillità economica che perfino un birraio artigianale si merita, di convincere sulle ragioni di questa “avventura”. Sullo sfondo una domanda esistenziale che probabilmente, anche in altri settori (ovviamente il pensiero va a Grom, acquisito da Unilever alla fine del 2015), emergerà con forza nei prossimi anni: può l'ingresso della grande industria mantenere autentiche produzioni di qualità e con procedure artigianali senza snaturarle ma, anzi, fortificandone le prerogative? Oppure, come pensa con totale lucidità Jean Hummler, non c'è speranza alcuna che questo possa accadere e bisogna limitarsi a combattere prima ancora che a capire?
a cura di Massimiliano Tonelli