Prenotati a La carta della birra. Etichette in carta, giuste per il menu domenica 13 novembre dalle 15.oo alle 16.30
Mauro Pellegrini
Mauro Pellegrini si occupa di degustazione e divulgazione della cultura brassicola di qualità da una decina d'anni. Marketing manager per una grande associazione di rappresentanza datoriale, è stato contagiato da questa passione dopo un corso frequentato proprio con l’associazione della quale, in seguito, ha contribuito a fondare la sede laziale: l’ADB - Associazione Degustatori Birra. Nel 2016, convinto dell’esaurimento di quell’esperienza, insieme a un nutrito gruppo di degustatori e docenti ha deciso di fondare UDB - Unione Italiana Degustatori Birre, della quale è diventato il primo, orgoglioso, presidente: una vera associazione nazionale che in questo periodo sta cominciando a muovere i primi passi in tutto il paese, con corsi di degustazione ed eventi di ogni genere che trovano il loro minimo comune denominatore nella diffusione culturale di carattere brassicolo. Non solo: Pellegrini ha anche gestito un pub, fondato un grande festival tematico romano e collabora con Fipe - Confcommercio, Assobirra, il Birrafondaio e con il Gambero Rosso. Lo abbiamo intervistato.
Quali sono le motivazioni del successo della birra "artigianale" in Italia?
Sintetizzando al massimo direi: la curiosità del pubblico italiano, molto più alta di quanto si possa pensare se adeguatamente stimolata; la capacità dei birrai, fin dagli albori del movimento negli anni ’90, di farsi largo nel mercato, pur con pochi mezzi e spesso in modo confuso ma pieno di buona volontà e voglia di farsi conoscere; la ricchezza delle creazioni, in termini di profumi, gusto e simbologia creativa, così nettamente più interessanti e appaganti rispetto a qualsiasi prodotto industriale. Tutto questo nonostante una produzione frammentata e a volte dalla qualità altalenante, e una legislazione poco chiara in materia.
I nostri birrai come hanno affrontato il rapporto con una tradizione che non gli apparteneva?
A viso aperto, con la sfrontatezza che nella storia ha contraddistinto le migliori esperienze italiane: l’afflato brassicolo innovativo proveniente dagli Stati Uniti ha rappresentato un veicolo eccezionale per manifestare la volontà di “fare qualcosa di nuovo”, di diverso. La birra artigianale ha avuto un significato di rottura in chiave di condivisione, apertura e freschezza.
Da dove provengono le spinte innovative?
E le novità in merito sono state innervate sia da flussi di innovazione tecnica, che dal recupero di tradizioni pressoché dimenticate anche nei loro Paesi di provenienza, fino alla contaminazione creativa orientata all’ibridazione di esperienze esistenti per produrre nuove realtà.
Quali sono le birre e gli stili che riscuotono più successo sul mercato italiano? ci sono stati dei cambiamenti nel corso degli ultimi anni?
Abbiamo avuto contesti nei quali il percorso commerciale si è originato dagli stili di tradizione belga, per poi virare per qualche anno sulle luppolature generose di stampo anglosassone e, soprattutto, americano. Negli ultimi due anni, a stili quali Ipa, Apa, American Ipa e Double Ipa si è affiancata una notevole ricerca e rilancio degli stili tradizionali tedeschi e boemi, come Keller, Rauchbier e Pils.
E poi ci sono le birre acide
A tutto questo c’è da aggiungere il percorso di crescita costante, quasi stupefacente, che sta interessando le birre acide e, in particolare, i prodotti a fermentazione spontanea: i distributori fanno a gara per accaparrarsi le migliori bottiglie dei pochi, grandi produttori e assemblatori esistenti, a volte anche ricorrendo a pratiche commerciali poco edificanti. Per prodotti fortemente caratterizzati da sentori non certo facili da apprezzare, si tratta certamente di un successo che ha dell’incredibile.
Chi è il consumatore tipo della birra artigianale?
Al ragazzo ventenne che frequenta il beershop di quartiere, immagine stereotipata del bevitore di birra artigianale, oggi si affiancano clienti di ogni età, con una particolare attenzione alla fascia 35-50. È il target maturo per sensibilità e stile di vita, desideroso di sperimentare e con la disponibilità economica sufficiente per potersi permettere di comprare quotidianamente prodotti a circa 10 euro al litro e, occasionalmente, anche prodotti che vanno ben oltre questa cifra.
Secondo te, l'espansione del rinnovato movimento brassicolo, nazionale e internazionale, ha cambiato il rapporto della birra con la ristorazione? E come?
Non lo sta cambiando come dovrebbe, e qui dovremmo tutti impegnarci di più. Tra gestori impauriti dai prezzi dei prodotti artigianali e della loro incostanza qualitativa, e chef fossilizzati sui propri asset conoscitivi, oltre a quelli legati da solidi contratti con parecchi zeri come testimonial di prodotti brassicoli industriali, la birra artigianale non sta entrando in simbiosi con la ristorazione come si pensava succedesse solo qualche anno fa. Ci sono in giro ottime carte dedicate e ristoranti che fanno dei loro piatti alla birra artigianale la propria bandiera, ma rappresentano ancora eccezioni alla regola.
Alessandra Viscardi
Tra i ristoranti con una solida carta delle birre va citato Epiro, a Roma, dove la proprietaria Alessandra Viscardi e il sommelier Francesco Romanazzi, propongono una lista di etichette brassicole di grande identità, caratterizzate dal filo conduttore della fermentazione spontanea. Con Alessandra, partiamo da dove abbiamo finito con Mauro Pellegrini.
È cambiato il rapporto della birra con la ristorazione? Se sì, come?
Sicuramente negli ultimi anni il rapporto tra birra e ristorazione - in particolare quella di livello medio-alto - è cambiato moltissimo. A questo riguardo voglio sottolineare l'importanza del lavoro svolto in Italia (e non solo) ormai diversi anni fa da Teo Musso e Leonardo di Vincenzo, che hanno avuto il coraggio di esporsi proponendo i loro prodotti a un pubblico abituato a pasteggiare solo con il vino, e abbinandoli ai menu di grandi chef. Purtroppo c'è ancora molto lavoro da fare: forse per via di interessi economici rimane ancora estremamente comune trovare piatti di altissima cucina - a base di ingredienti selezionati con incredibile attenzione - abbinati a birre industriali, incoerenza che trovo assolutamente inaccettabile.
Nel tuo ristorante c'è una carta della birra che affianca quella del vino. Perché il cliente dovrebbe scegliere una birra al posto del vino? E verso quale scelta lo indirizzate?
Non credo ci sia un motivo per cui preferire vino o birra nel nostro ristorante: semplicemente, come si sceglie tra carne e pesce, così si può scegliere vino o birra in base all'umore della serata o bere entrambi durante lo stesso pasto. Il nostro lavoro consiste nell'indirizzare i clienti verso quello che può soddisfarli in maniera più assoluta e libera da vincoli.
Perché avete pensato a una carta che prevede per la stragrande maggioranza birre acide a fermentazione spontanea?
La complessità e la versatilità che contraddistinguono le birre a fermentazione spontanea le rendono a mio avviso vicine alla nostra cucina e capaci, in generale, di dialogare molto meglio col cibo rispetto ad altre tipologie di birra, soprattutto dopo un certo periodo di invecchiamento. Inoltre l'acidità che hanno in dote, consente loro di svolgere un'ottima azione di pulizia e di rinfrescante contrasto durante un pasto ricco, saporito e variegato. Infine, secondo me il mondo delle birre a fermentazione spontanea, pur vastissimo, è pressoché ignorato da tutti, e vale dunque la pena impegnarsi per farlo conoscere.
L'ultima domanda è destinata a Francesco Romanazzi, sommelier della Trattoria Epiro, innamorato dei vini "veri", artefice di una carta netta e senza compromessi: c'è un legame tra il mondo delle birre artigianali e quello dei vini naturali?
Assolutamente sì. Nel nostro caso il fil rouge è la fermentazione spontanea, processo per noi fondamentale ed elemento di assoluta distinzione rispetto al mondo convenzionale. Le caratteristiche di acidità, imprevedibilità, spontaneità e soprattutto vitalità che contraddistinguono certi prodotti sono a nostro avviso imprescindibili e rappresentano un importante valore aggiunto. Le nostre scelte dipendono da un criterio di selezione comune che ormai quasi involontariamente intreccia gusto, etica e cultura: l'importanza della tradizione familiare, l'attenzione al territorio, la dimensione artigianale sono sicuramente alcuni degli elementi fondamentali che legano tutti i produttori presenti nella nostra lista.
Gourmet 2016 | Torino | Lingotto Fiere, padiglioni 2 e 3 | dal 13 al 15 novembre | Tutte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito www.gourmetforum.it
Epiro | Roma | piazza Epiro, 25 | tel. 06 6931 7603
a cura di William Pregentelli
I volti di Gourmet
Valerio Massimo Visintin
http://www.gamberorosso.it/it/food/1025779-i-volti-di-gourmet-valerio-massimo-visintin
Prenotati a La carta della birra. Dieci etichette in carta, giuste per il menu (http://www.gourmetforum.it/evento/12/la-carta-della-birra-dieci-etichette-in-carta-giuste-per-il-menu) domenica 13 novembre dalle 15.00 alle 16.30
Prenotati a Birra. Gli stili all'italiana (http://www.gourmetforum.it/evento/41/birra-gli-stili-all-italiana) lunedì 14 novembre dalle 14.30 alle 16.00