Prenotati a Progettare e gestire un ristorante di successo domenica 13 novembre dalle 16.00 alle 17.30
Cesare Battisti
Milanese autoctono, Cesare Battisti ha lavorato per molti anni in giro per l’Europa, anche su navi da crociera, prima di tornare nella sua Milano. Dove ha gestito inizialmente il Ristorante Solferino, insegna storica di cucina meneghina, poi l'Antica Trattoria della Pesa. Ma è solo nel 2009 che decide di dar vita al suo progetto, con l'aiuto del socio storico Danilo Ingannamorte e l'obiettivo di rendere contemporanea l'espressione della cucina della sua città, mantenendo sempre la memoria e il rispetto delle tradizioni. Apre così il Ratanà, in una palazzina di inizio Novecento all’interno della sede della Fondazione Catella, alle pendici dei tanti grattacieli e nuovi palazzi di Porta Nuova.
Il nome è ispirato alla figura di Don Giuseppe Gervasini, detto el pret de Ratanà, prete-guaritore vissuto nella prima metà del Novecento, figura controversa e difficile da decifrare, ma rimasto nella memoria di migliaia di milanesi come un religioso che curava con le erbe coltivate in giardino. Un po' come lo chef, pardon, cuoco meneghino, dal carattere riservato, che però si rivela un conversatore appassionato e coinvolgente nel momento in cui si toccano le corde giuste: la cucina, ovviamente, o l’altra sua grande passione, la pesca a mosca, praticata con la tecnica del catch and release, cioè rimettendo in libertà le prede catturate. Perché per lui la parola d'ordine è, nella vita e in cucina: “rispetto”. Rispetto per la materia prima, per i fornitori, i clienti e i dipendenti. Rispetto per la stagionalità, la sostenibilità, la tradizione e il ruolo sociale del cuoco, per cui la cucina è cultura ma anche impegno verso la società. Tra i suoi impegni, anche quello con l'Istituto Nazionale dei Tumori per un progetto di preparazione alimentare con lo scopo di rendere piacevole il cibo a pazienti affetti da disgeusia, un disturbo che altera i sapori dei cibi in seguito alla chemioterapia.
Il suo modo di intendere questo mestiere in una sola parola? Correttezza. Ce lo spiega chiaramente nell'intervista che segue.
Punti critici e punti di forza della cucina oggi?
Sicuramente è meglio di vent'anni fa ma il panorama attuale non è comunque bello. Spesso si fa confusione tra chi lavora seriamente e chi mediaticamente. La cucina, a mio avviso, dovrebbe essere un po' più concreta.
Come distinguere chi lavora seriamente da chi lo fa solo mediaticamente?
C'è sicuramente bisogno di un'alleanza tra chi lavora bene. Poi bisognerebbe ritornare un attimo alla realtà delle cose: con tutto il rispetto nei confronti di alcuni colleghi, ma un cuoco che fa spettacolo a volte rischia di trasmettere un'immagine sbagliata, estremizzata, ridicola e ridicolizzata.
Qual è il compito del cuoco per te?
Il cuoco ha una responsabilità sociale, perché la cucina è cultura e storia, non certo spettacolo.
In che senso “responsabilità sociale”?
Una volta ci pensavo le nonne a tramandare le ricette. E questo tramandare era cosa seria, una sorta di accompagnamento verso la vita matura in cui la cucina rappresentava un elemento fondamentale. Oggi il ruolo delle nonne ce l'abbiamo noi. Ecco perché è importantissimo per un cuoco conoscere le proprie tradizioni, per poi trasmetterle, anche ai clienti.
I cuochi italiani hanno perso le tradizioni?
Non proprio. Diciamo che in generale gli italiani sono esterofili. C'è stato un periodo, anni fa, in cui la maggior parte dei colleghi, soprattutto i più giovani, cucinavano con erbe, radici, cortecce, senza prima conoscere la quantità incredibile di prodotti di cui l'Italia dispone. Non dimentichiamoci che siamo la patria della mozzarella di bufala!
Era una velata critica verso i giovani cuochi. Cosa dire a un ragazzo che vuole intraprendere questa carriera?
È un lavoro bello e faticoso. Dove bisogna studiare le proprie tradizioni, dove è necessario frequentare i ristoranti qualificati, senza dimenticare il proprio ruolo sociale. Noi cuochi siamo i detentori del sapere culinario italiano. In poche parole non si può giocare a fare lo chef.
In Italia esistono scuole valide?
Sì...
Ma?
La maggior parte dei futuri studenti sono totalmente impreparati. A tredici o quattordici anni i ragazzi sanno poco niente dell'alimentazione perché alle medie non è prevista alcuna ora di educazione alimentare. Questo è un tema che andrebbe affrontato.
Bisognerebbe parlarne con il MIUR. Intanto però stai collaborando con il Ministro Martina.
Ho partecipato al Forum di Cucina Italiana promosso da Maurizio Martina, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, con un intervento sulla rivalutazione della materia prima in Italia. E sono stato chiamato a partecipare al 2º forum della Cucina Italiana con un intervento sulla protezione e promozione dei prodotti italiani all'estero, partecipando così di fatto alla creazione del Food Act, un documento di lavoro con dieci obiettivi da raggiungere per promuovere e tutelare la cultura enogastronomica italiana. Con l’obiettivo di promuovere sul territorio italiano ed estero l’agroalimentare di qualità, attraverso la diffusione della cultura della cucina italiana.
Tornando al tuo intervento a Gourmet. C'è un elemento dal quale non si può prescindere per gestire (bene) un ristorante?
Sicuramente la correttezza. Nei confronti del cliente, dei fornitori, dei prezzi, delle materie prime, dei dipendenti. Io sono figlio di un'epoca dove la maggior parte dei ristoratori cercava di fare più soldi possibili, a scapito della correttezza, ora la situazione fortunatamente è ribaltata. Ma non tutti lo sanno.
Gambero Rosso compie 30 anni. Come vede la cucina tra trent'anni?
Molto più responsabile e consapevole.
Ratanà | Milano | via G. De Castillia, 28 | tel. 02 87128855 | www.ratana.it
Gourmet 2016 | Torino | Lingotto Fiere, padiglioni 2 e 3 | dal 13 al 15 novembre | Tutte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito www.gourmetforum.it
a cura di Annalisa Zordan
I volti di Gourmet