Se lโexport del vino italiano cresce - ormai abbiamo superato i 5 miliardi di euro - il mercato domestico continua inesorabilmente a dimagrire, mettendo a rischio la sopravvivenza di tante aziende e anche la tenuta del nostro potenziale produttivo Nel canale Horeca, la quota di mercato che nel 2007 era del 40,2% delle vendite totali, nel 2012 รจ scesa al 34,6% e, stando alle rilevazioni di Winemonitor-Nomisma, in un anno potrebbe arrivare al 32% perdendo quasi dieci punti in sette anni. Il fatturato di bar e ristoranti nel quarto trimestre 2013 รจ calato del 2,8%, trascinando a -3,8% il fatturato complessivo dellโanno. Male anche la differenza tra imprese che hanno avviato lโattivitร e imprese che lโhanno cessata. Nel 2013 si registra ancora un saldo negativo di 9.475 unitร , dice Fipe-Confcommercio. Nel 2012 le famiglie italiane hanno speso 12 euro al mese per comprare vino, il 2,5% della spesa per alimentari di 468 euro e lo 0,48% della spesa totale mensile di 2.419 euro. Il vino, nonostante tutto, resta la bevanda alcolica di riferimento, secondo Vinitaly. Anche se il consumo pro-capite, si avvicina sempre piรน ai 37 litri. In questi anni, le previsioni sul calo sono state tutte puntualmente smentite: il fondo del barile ogni volta รจ piรน lontano.
Giร Lussemburgo, Francia, Portogallo bevono piรน di noi mentre la Svizzera (Dati OIV- 2009) รจ pronta al sorpasso: per un Paese come lโItalia, da sempre produttore di vino, consumare meno dei Paesi dove si esporta, non รจ un bel messaggio.Gli effetti della crisi senza dubbio si sentono ma non รจ lโunica spiegazione di ciรฒ che sta succedendo. Nel settore si avverte quasi un clima di rassegnazione anche a fronte di un mondo della politica con comportamenti a dir poco schizofrenici. Infatti se da una parte si fa a gara per definire il vino tra i migliori ambasciatori del made in Italy, esaltando il suo ruolo nellโagroalimentare, dallโaltra la lobby antialcolica equipara il consumo del vino agli stupefacenti oppure gli imputa responsabilitร (stragi del sabato sera, abnormi comportamenti giovanili, ecc.) che non sono sue. Messaggi contraddittori che non aiutano certo a capire.
Come reagire allora, almeno per provare a rallentare il declino? Per Matilde Poggi, presidente della Federazione dei vignaioli indipendenti (Fivi) si tratta di โriappropriarsi del vino come un prodotto/alimento culturale legato alle nostre tradizioni e alla nostra storia. Un progetto di lungo respiro che ha nellโeducazione alimentare nelle scuole un tassello importante, fondamentale per ricucire un rapporto che si รจ interrottoโ. Secondo Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini, โbisogna rafforzare la presenza nella ristorazione con nuove proposte (consumo a bicchiere, nuovi formati, ecc.) cosรฌ come rinsaldare lโalleanza fra produttori, per iniziative di degustazione-informazione. Ma non basta. Cโรจ la necessitร di sburocratizzare, di ridurre i costi e di recuperare risorse per investire nellโeducazione al bere responsabile e di qualitร โ. Domenico Zonin, presidente dellโUnione italiana vini (UIV) dice che โla filiera deve reagire: non bisogna mollare il mercato interno nel momento piรน difficile, sarebbe profondamente sbagliato. Per questo bisognerebbe utilizzare le risorse delle Camere di commercio: si tratta di soldi pubblici da gestire insieme alle aziende โ come succede per i fondi Ocm - che potrebbero essere investiti per far conoscere meglio il nostro vinoโ.
Lโopinione di Alessandra Boscaini, responsabile commerciale di Masi Agricola, azienda votata allโexport con una quota pari 92% del fatturato รจ che โin questo momento storico le maggiori soddisfazioni ci arrivano dai mercati esteri, perรฒ non abbiamo mai sottovalutato l'importanza del mercato domestico dove stiamo vendendo vini di qualitร e dal prezzo piรน elevatoโ. Le ricette messe in campo dallโazienda comprendono maggior flessibilitร e velocitร nelle consegne, assortimento di vecchie annate, incremento dellโenoturismo con programmi e strutture dedicate, attivitร di comunicazione, dialogo con il consumatore finale attraverso i social media. Per Adriano Orsi, presidente del settore vinicolo di Fedagri โVisto che la flessione dei consumi sul mercato interno รจ da imputare a ragioni strutturali legate ai nuovi stili di vita che si vanno affermando nella societร italiana, bisogna saper puntare sempre di piรน sulla capacitร di immettere sul mercato vini di qualitร in grado di soddisfare tutte le esigenzeโ. Sergio Zingarelli, patron di Rocca delle Macรฌe e presidente del Consorzio del Chianti Classico, non solo ha incrementato le vendite allโestero del 16% ma ha consolidato il mercato interno registrando una crescita del 12%. โSono convinto che stare sul territorio di appartenenza ed essere riconosciuto prima di tutto nel nostro Paese, possa rappresentare la garanzia della qualitร e dellโaffidabilitร che gli acquirenti esteri ricercano in un vino. ร difficile che un importatore guardi di buon occhio un prodotto che non abbia riscontro nel suo mercato dโorigineโ. Infatti il mercato italiano รจ quanto mai una vetrina importante e strategica per il futuro del nostro vino, sguarnirla significherebbe indebolire la nostra immagine, anche allโestero. Urgono politiche e impegni di lungo respiro non solo dei privati ma soprattutto delle istituzioni.
a cura di Andrea Gabbrielli
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Questo articolo รจ uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 3รรย aprile
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