Lunedì sera lo chef, Davide Mazza, mi ha svelato i segreti della tempura, ovvero: il fritto alla giapponese.
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Per preparare la pastella servono: 200 grammi di farina 00 (in Giappone si usa quella di riso in realtà), un uovo intero e mezzo litro di acqua ghiacciata e frizzantissima (tipo Perrier). Poi bisogna tagliare carote, zucchine, melanzane e peperoni a julienne, pulire e privare della testa i gamberi e gli scampi senza, però, togliere la coda. Passare verdure e crostacei in pastella e poi giù nell’olio bollente, olio rigorosamente di arachidi o EVO. Sapete come scoprire quando l’olio ha raggiunto la temperatura ideale? Ecco uno preziosissimo trucco da chef: prendete uno stecchino di legno (quelli da spiedino) e immergetelo nella padella con l’olio, se dalla punta dello stecchino “fuoriescono” delle finissime bollicine, come quelle dello champagne, è fatta.
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Una delle cose più divertenti di questi corsi è che tra vicini di fornelli, inevitabilmente, scatta la competizione. Con amarezza devo ammettere che i miei vicini di ieri sera, una casalinga romana ed un ingegnere milanese, erano molto più bravi di me. La loro tempura era croccante e leggera mentre la mia, soprattutto la prima versione, triste e molliccia.
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Non male anche le variazioni sul tema, si perché nonostante tutti gli sforzi dello chef di parlare di tempura e solo tempura durante la preparazione delle falde di pollo e verdure in tempura con roasty di patate e salsa agrodolce, nessuno è più riuscito a trattenersi  e sono partite a raffica domande e commenti sui più svariati usi e costumi in cucina: “Spaghetti o linguine per la pasta alle vongole?” oppure “No, mai la cipolla nella amatriciana!”. Infine abbiamo affrontato la spinosa questione del vino si o vino per la cottura delle vongole (a quanto pare assolutamente no) e abbiamo scoperto quanto può essere utile per tantissime ricette, ad esempio per mantecare il risotto,  conservare dei cubetti ghiacciati di bisque o salsa di crostacei nel congelatore.
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L’unico vero inconveniente dopo un corso di cucina è che, ed è una certezza, gli amici si auto-inviteranno a cena a casa vostra con la scusa di testare i vostri progressi in cucina. Come quella volta che ho frequentato il corso di Thanksgiving: come preparare un perfetto tacchino farcito all’americana. E ho deciso poi (assolutamente costretta), una domenica pomeriggio, di replicare con una tacchinella ripiena di castagne. Io, una bottiglia di vino rosso e un gallinaceo da quattro chili e mezzo nel mio forno che speravo con tutto il cuore non si seccasse. Quasi cinque ore dopo la tacchinella era perfetta, dorata e croccante al punto giusto, ma io avevo un tale mal di testa che me ne sono andata a dormire.
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Martina Zanetti
13/07/2011