Passione, innovazione e ricerca: ecco il fulcro della filosofia delle cantine Claudio Quarta, di cui ci ha omaggiato con un’intervista la figlia Alessandra, in occasione della 50° Edizione del Vinitaly di Verona. Gli occhi di Alessandra non nascondono la grande determinazione nel seguire le orme del padre e allo stesso tempo la grande stima nei suoi confronti.
Claudio Quarta nasce come ricercatore e biotecnologo. Dopo aver vissuto tanti anni negli Stati Uniti, ad un certo punto della sua carriera decide di cambiare vita. Un’altra sua grande passione, il vino, che lo aveva accompagnato già negli anni della gioventù, prende il sopravvento a tal punto da indurlo a divenire un vignaiolo. Dal 2005 da avvio ad un progetto imprenditoriale unico nel suo genere in cui la ricerca di territori vocati per determinati vitigni selezionati è il fil rouge di tutta la sua sperimentazione.
L’avventura inizia in Puglia - “siamo andati alla ricerca della migliore terra per coltivare il Primitivo e siamo giunti a Marina di Lizzano”- ci spiega Alessandra, con la creazione di una cantina ipogea, Tenute Eméra, dall’omonima dea greca. La ricerca incessante dei migliori territori li conduce alla creazione della Cantina Moros, dedicata unicamente alla produzione di Salice Salentino: ci chiarisce Alessandra - “meno di 7000 bottiglie per anno da un vigneto recuperato di oltre 40 anni che era in stato di abbandono”. Il viaggio prosegue in un territorio del tutto differente, in Irpinia, nella zona di Tufo, con la cantina Sanpaolo, dal nome dell’omonima frazione, per la produzione sia dei bianchi campani più rinomati: Falangina, Greco di Tufo e Fiano di Avellino, sia di raffinati rossi: Aglianico e Taurasi.
Un progetto ambizioso che esplora micro-territori vocati alla viticoltura per esaltare al meglio le potenzialità dei vitigni, il tutto espressione autentica di conoscenza culturale e rappresentazione del territorio attraverso le eccellenze dei vitigni. Si apre, dunque, la strada a numerosi progetti e collaborazioni che li hanno portati a diventare una delle cantine italiane più attive nella comunicazione del patrimonio di cui le diverse aree selezionate sono dotate.
E’ stato proprio in occasione di un seminario tenuto dal professore Attilio Scienza al Vinitaly che si è parlato di due loro progetti molto interessati: l’uno riguardante la salvaguardia e la caratterizzazione della biodiversità della vite attraverso l’impianto di vitigni rari, avviato nelle cantine Eméra – “questo vigneto ospita oltre 500 varietà minori, 5 piante per ogni tipologia di vite, di origine prevalentemente caucasica e mediterranea. Ogni anno facciamo una selezione prima per fenotipo, seguita poi da una seconda selezione per acidità e zuccheri; si conclude poi con le micro vinificazioni” – spiega Alessandra. L’altro progetto, Wine graft- i nuovi Portainnesti, vede la partecipazione di Quarta insieme ad altre cantine molto importanti quali Ferrari, Banfi, Zonin etc in una ricerca volta sia alla sostenibilità ma soprattutto allo studio dei terreni più adatti per impiantare i portainnesti nell’ottica del cambiamento climatico che provoca stress idrico e salinità dei suoli.
“E’ molto più bello lavorare quando capisci che ciò che fai non è solamente un prodotto di consumo ma si porta dietro una storia lunghissima”- è così che Alessandra ci lascia dopo una lunga chiacchierata, suggerendoci che il valore di questa frase è ravvisabile direttamente osservando la loro cantina: ricca di reperti archeologici risalenti alla magna Grecia che rappresenta la prova tangibile di come arte, cultura e vino posso essere l’espressione della tradizione e della valorizzazione di un territorio.
a cura di Flavia Schiano
allieva del Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico del Gambero Rosso