Spesso un’immagine riesce a comunicare più di mille parole. Che si concordi o meno con l’affermazione, c’è chi ne ha fatto indubbiamente una filosofia di vita e di lavoro: Andre Rucker, Bobby Doherty, Maurizio di Iorio, Stephany Gonot e Davide Luciano sono i food fotographers internazionali del momento che hanno deciso di provocare, far ridere e riflettere attraverso il potere evocativo di uno scatto.
Di certo non sono gli unici né i primi ad aver capito l’utilità di un’immagine, a maggior ragione quando si parla di cibo. Oggi è sempre più facile imbattersi in mostre, eventi e concorsi dedicati alla still life del cibo: da operazioni quasi pittoriche come il Colortaste di Alfonso Catalano a competizioni di respiro internazionali come il Pink Lady Food Fotography Awards.
In un mondo sempre più digitale le ricette hanno poi bisogno di strumenti capaci di trasmettere i profumi, le fragranze e i sapori che le animano. Lo scatto è sempre più complice di un food blogger, di uno chef o di un ristoratore che vogliano deliziare l’osservatore dallo schermo di un pc. La fotografia è utile per dar voce a un piatto, raccontare la sua storia ed evocare specifiche sensazioni legate al gusto; rende più accattivante un cibo, al punto che food porn è diventato uno degli hashtag più gettonati per descrivere foto di golosità da mangiare con gli occhi. Fotografare il food sta diventando una tendenza sempre più popolare, grazie a social come Instagram dove ognuno può condividere scatti real time a piatti fatti in casa o a quelli gourmet di un ristorante. E poi si sa, il piatto buono spesso è anche bello: così per lo meno se lo immaginava Pierre Auguste Escoffier, che ai primi del Novecento introdusse il concetto di estetica di un piatto, come hanno ben dimostrato l'attenzione per gli accostamenti cromatici e la cura nella presentazione della sua nota peche melbà. In Italia Gualtiero Marchesi è stato il primo a sottolineare l'importanza delle logiche “artistiche” nella gastronomia, contribuendo a divulgarne l’attuazione (il celebre riso oro e zafferano ne è solo un esempio).
Ad ogni modo, che sia per legittimare la bellezza di un piatto o per evocare la sublimazione del gusto, la fotografia del cibo richiede comunque un minimo d’abilità, anche da parte di un amatore che voglia destreggiarsi tra diaframmi, obiettivi e set fotografici. Ecco allora un breve decalogo da tenere sempre a mente: la scelta dell’ingrediente è fondamentale; affidatevi alla luce naturale e ricreatela quando possibile; allestite un set fotografico con gli oggetti di cucina; occhio all’inquadratura, l’effetto finale risulterà più naturale con la giusta angolazione; cogliete l’attimo utile per raccontare una storia. Soprattutto, non dimenticate di osservare, sperimentare, imparare.
A questo punto, il corso del Gambero Rosso sulla Food Photography, in collaborazione con Canon Academy, in partenza il 16 marzo, aspetta solo voi. Quale approccio migliore per sperimentare quest’arte?
a cura di Flavia Previtera
allieva del Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico del Gambero Rosso