“La possibilità di utilizzare i nomi dei comuni del Chianti Classico non è affatto peregrina. Io personalmente sono favorevole però va studiata bene” dice Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio Vino Chianti Classico “Terminato l’iter per l’approvazione della Gran Selezione (affinamento più lungo e criteri qualitativi più esigenti; n.d.r),ÂÂ la questione potrebbe essere affrontata coinvolgendo i soci”. È una prima risposta alle critiche sollevate da Vittorio Fiore nell’intervista rilasciata al Gambero Rosso la scorsa settimana nella quale venivano toccati molti aspetti della politica del Consorzio. Non ultima creare delle sottozone con i toponimi come Radda, Gaiole, Castellina, Greve cioè tutti i nomi dei comuni che riportano la specifica “in Chianti” oltre alle frazioni Lamole, Ruffoli, Panzano, ecc., ormai conosciute dagli appassionati di mezzo mondo. La legislazione sulle denominazioni le ha sempre contemplate ma solo in numero molto limitato di casi è stata utilizzata. Insomma, fa sapere Zingarelli, se la Gran Selezione dovrebbe rappresentare il cappello dei vini d’eccellenza del Chianti Classico - già esistenti oppure di nuova creazione - l’aggiunta delle sottozone potrebbe essere un altro obiettivo da approfondire.
Generalmente la critica enologica, sia nazionale sia estera, è sempre stata favorevole alla specificazioni comunali, mentre è sempre stata più fredda nei confronti della Gran Selezione e in particolare sugli effetti che comporterà sulla qualificazione del Chianti Classico. Sottozone a parte, Zingarelli ha voluto parlare anche del presente e del futuro del Gallo Nero. “È vero che nel 2008 e 2009 nel Chianti Classico abbiamo subìto una crisi molto forte: le conseguenze sono state un rallentamento nelle vendite, il calo del prezzo del nostro sfuso e l’aumento delle giacenze in cantina. Ora però questa fase è terminata e siamo in netta ripresa” afferma Sergio Zingarelli e poi continua “Premesso che tra i compiti di un Consorzio non è prevista la vendita del vino c’è da considerare che appena dieci anni fa, nel 2003, il 40% del Chianti Classico era venduto sul mercato nazionale, adesso quella percentuale è calata al 20% e l’export è molto cresciuto: il contesto è profondamente cambiato e tutte le decisioni che sono state prese in questi anni vanno viste in questo àmbito. Magari rispetto ad altre prestigiose denominazioni toscane saremo meno vivaci, ma i nostri volumi non sono certo comparabili con i loro”. Nella Top Ten 2012 delle Dop italiane effettuata da Valoritalia, il Classico occupa il 10° posto sia per quanto riguarda il vino certificato, sia per quello imbottigliato. Il Chianti Docg, in questa classifica, occupa rispettivamente il 2° e il 3° posto ma a fronte di superfici vitate assai più vaste (17200 ha vs 7200 ha). “Il problema della convivenza e della concorrenza con il Chianti esiste da almeno sessant’anni” dice“non è certo una novità. Specialmente nella Gdo qualche prezzo corsaro in tempi di crisi è sempre possibile, ma è altrettanto vero che i brand famosi tengono il prezzo e stanno andando bene”. Quanto alla misura di bloccare in cantina una parte (20%) della produzione, Zingarelli conviene che l’effetto sui prezzi è stato nullo, anzi “alla fine ha penalizzato proprio quelle aziende che vendono tutto e che magari avevano fatto degli investimenti per rinnovare i vigneti”. La ripresa del mercato e le vendemmie più magre delle ultime annate, hanno di fatto ridotte le eccedenze, riportando la situazione alla normalità. Tra le critiche sollevate da Fiore c’era anche l’esistenza di una clausola che avrebbe impedito la commercializzazione del vino “atto a divenire Chianti Classico” per un anno dalla vendemmia. A questo proposito il Consorzio ha inviato a tutti gli associati un chiarimento per cui “la richiesta della certificazione potrà essere presentata dalle aziende in qualunque momento esse ritengano che il vino abbia raggiunto i requisiti minimi previsti del’art. 6 del disciplinare di produzione e quindi anche antecedentemente al 1° ottobre. Resta invece invariato il principio per il quale le stesse partite dovranno essere poste in vendita per il consumo (es. scaffale) non prima del 1° ottobre dell’anno successivo alla vendemmia”. La modifica, per la cronaca, è stata deliberata dall’Assemblea dei Soci del 28 maggio 2012 con 1348 voti favorevoli (pari all’83% dei voti presenti) e 282 voti contrari. A quanto pare, e visto il ricorso annunciato, sarà una discussione destinata a continuare.
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a cura di Andrea Gabbrielli
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 12 dicembre.ÂÂ Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, bastacliccare qui.