iende vitivinicole all'interno del progetto VIVA Sustainable Wine. Che cosa stanno ad indicare? L'aria si riferisce alla misurazione delle emissioni di gas ad effetto serra, l'acqua al calcolo del water footprint (l'impronta idrica con cui si stabilisce quanto e come viene utilizzata l'acqua all'interno delle cantine), il territorio considera le conseguenze delle attività aziendali in un'area specifica e il vigneto è l'indicatore delle pratiche di gestione agronomica.
Al momento le aziende coinvolte sono nove in tutto lo Stivale (Tasca d’Almerita, Planeta, Marchesi Antinori, Mastroberardino, Montevibiano, Masi Agricola, F.lli Gancia & Co, Michele Chiarlo e Venica&Venica), ognuna delle quali ha assunto un impegno volontario nella riduzione dei gas serra. “Si tratta di un progetto pilota iniziato nel 2011 e che si concluderà tra qualche mese” spiega Margherita Vitale della Direzione Generale per lo Sviluppo Sostenibile del Ministero “abbiamo appena chiuso la fase di studio delle metodologie e stiamo ultimando il disciplinare con l'ente certificatore Dnv, per avere un vero protocollo Viva”. Praticamente la prima certificazione di sostenibilità ufficialmente riconosciuta, utilizzabile inizialmente dalle nove aziende coinvolte, e successivamente da chiunque dimostri la propria compatibilità con i requisiti richiesti. “Siamo convinti che il vino abbia un ruolo bandiera nella tutela dell'ambiente” continua Vitale “e vogliamo metterlo nero su bianco”.
Come? Partendo da una piccola etichetta che Tre Bicchieri ha visto in anteprima e che presto le aziende sostenibili potranno apporre sulla parte posteriore della bottiglia: 22x27 mm per indicare logo del progetto Viva, logo del Ministero e codice Qr da cui ogni consumatore può risalire ai quattro indicatori presi in considerazione.
Per passare dalla teoria alla pratica abbiamo chiesto direttamente alle aziende coinvolte il loro modo di vivere la sostenibilità, scoprendo che anche i fattori più piccoli e apparentemente insignificanti possono in realtà avere un loro peso specifico.
“Oggi è facile dire di essere sensibile all'ambiente” risponde Raffaele Boscaini di Masi Agricola “ma solo nel momento in cui la sostenibilità diventa misurabile, allora è anche migliorabile. Per questo il progetto Viva ci invita ad essere più attenti e a diventare più ambiziosi. Basta guardarsi intorno per capire che ogni risorsa può essere razionalizzata e che in fondo intraprendere la strada della sostenibilità significa anche avere dei notevoli risparmi economici”. Masi Agricola aderisce al progetto Viva con i suoi vigneti di Poderi del Bello Ovile in Toscana, ma già da anni ha intrapreso un percorso green anche in tutte le sue tenute, partendo dai piccoli accorgimenti. Qualche esempio. “Nella nostra cantina” spiega Boscaini “abbiamo inserito dei sensori per misurare le variazioni di temperatura, direttamente della botte: in questo modo il refrigerante si mette in moto solo quando lo richiede il vino stesso e non l'uomo o l'ambiente circostante. A questo piccolo espediente si aggiungono poi le pratiche più tradizionali: dai pannelli fotovoltaici che producono energia per il 15% del fabbisogno aziendale, alla riduzione di pesticidi e diserbanti, dalla raccolta delle acqua piovane all'uso di macchinari che consumano poco. E nel rispetto dell'ambiente abbiamo anche installato un decantatore che depura l'acqua utilizzata in cantina, prima di rimetterla in circolo. Ma ogni giorno si scopre che c'è ancora altro da fare”.
Ad esempio anche il trasporto del vino ha dei costi in termini ambientali che è possibile tenere sotto controllo. Lo sanno bene i Tasca d'Almerita che oltre a rientrare nel progetto ministeriale, da anni portano avanti anche il progetto Sustain in collaborazione con l'Università di Piacenza per giungere ad un codice condivisibile di eco-sostenibilità: “Nel calcolo ambientale non vanno considerati solo i processi che direttamente intervengono nella produzione del vino, ma anche tutto il contorno: noi ad esempio privilegiamo gli spostamenti dei nostri prodotti in nave anziché in aereo” dice Gaetano Maccarrone, direttore tecnico dell'azienda siciliana “ma non basta. A pesare notevolmente nel bilancio totale c'è ad esempio il packaging, per questo abbiamo cercato di ridurre il peso della bottiglia e anche quello della carta. Il resto lo si fa giorno per giorno nei 600 ettari delle nostre tenute dove pratichiamo la difesa integrata e privilegiano la biodiversità spezzando gli ettari di vigneti con uliveti e altre coltivazioni. In cantina stiamo cercando di ridurre le emissioni aiutandoci anche con i classici pannelli fotovoltaici con cui riusciamo per ora a produrre circa il 20% di energia”. Significa, diciamolo molto banalmente, che si fa del bene all’ambiente e altrettanto al conto economico.
E dal progetto Viva non poteva mancare l'azienda più green d'Italia: Castello Monte Vibiano di Marsciano (che si è anche aggiudicata il premio speciale del Gambero per vitivinicoltura sostenibile): “Sono convinto che la green economy sia il vero business del futuro” rivela Lorenzo Fasola Bologna, ceo dell'azienda “oggi possiamo affermare con orgoglio che non solo il nostro bilancio è in pareggio, ma siamo riusciti ad arrivare a meno 760 tonnellate di CO2”. In altre parole c'è un surplus ultra: si produce più energia pulita di quanto se ne consuma. Un caso unico in Italia. Che dimostra come anche nel nostro Paese la rivoluzione verde è già iniziata.
a cura di Loredana Sottile
08/04/2013