Riccardo Cotarella (qui sotto a dx con Gianni Fabrizio) ha voluto sintetizzare il concetto alla base della conferenza “L’Umbria del vino guarda al futuro”, tenuta sabato 26 gennaio a Perugia e organizzata dalla cooperativa Umbria Top e da noialtri del Gambero Rosso.
L’occasione ha riunito produttori, enologi, ma anche appassionati di vino umbro. Un pubblico attivo, sensibile alla valorizzazione di questa regione così ricca di contrasti e di bellezze paesaggistiche, il “cuore verde d’Italia” in cui esiste una tradizione enologica ben radicata. In un territorio che ha compiuto passi da gigante negli ultimi lustri.
Ferranda Cecchini - Assessorato Politiche Agricole e Agroalimentari dell’Umbria - e Ciro Bechetti - Coordinatore Agricoltura, Cultura e Turismo dell’Umbria - hanno rimarcato concetti da ripetere come un mantra: semplici, diretti, ma tutt’altro che banali. L’Umbria deve salvaguardare la propria unitarietà e le sue tante identità. Il vino è sicuramente tra i biglietti da visita della regione e potrebbe fare da traino per il turismo. Basti pensare che i vitigni storici umbri sono consumati in gran parte da stranieri che visitano la regione, attratti dal fatto che spesso all’estero non si conoscono. Dopo vent’anni di innovazioni e investimenti è giunto il momento di raccogliere quanto seminato. Per ora è stato fatto davvero poco in tal senso e a rimetterci sono i piccoli produttori che non possono sostenere una situazione economica già di per sé complessa.
“L’Umbria è stata una regione modernista in passato - ricorda Cotarella - oggi deve imparare a riscoprire le proprie particolarità. Bisogna ricordare che l’Umbria si trova in una posizione particolare: non ha coste. Per anni questo l’ha penalizzata, perché senza mare il turismo è meno incentivato. In realtà ora molti si rendono conto che una zona fresca, senza grandi sbalzi di temperatura, è una vera fortuna per produrre vino. E anche per godere dei suoi bellissimi territori”.
Il dibattito nella sala è acceso, perché se sono tutti d’accordo sul fatto di remare nella stessa direzione, soprattutto per esportare il prodotto nel mondo e farne riscoprire un uso anche domestico, bisogna però capire in che modo.
Con quali risorse. Chiara Lungarotti, altro nome storico della viticoltura umbra, parla dell’importanza di superare i particolarismi. Sono poi Antonio Boco, nelle vesti di moderatore, e Gianni Fabrizio e Marco Sabellico, curatori della Guida Vini d'Italia del Gambero Rosso, a parlare di quanto nel mondo ci sia voglia di conoscere storie e racconti sul vino italiano. Un prodotto che ancora affascina e che potrebbe rendere davvero ben più di quanto avvenga.
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Anche Dominik Nocerino Jr, italo-americano e figlio del fondatore di Vinifera Imports (Usa), ha dato il suo apporto cercando di spiegare che il mercato americano è pronto, interessato e curioso di scoprire realtà italiane meno note. Come nel caso dell’Umbria che spesso nelle carte dei vini in America viene considerata Toscana. “Un vero peccato - racconta Nocerino - perché con un pizzico di volontà e di organizzazione nel comunicare all’estero, si potrebbe davvero avere un ritorno anche economico importante. Una delle carte vincenti del vino italiano è poi che spesso, negli States in particolare, viene associato alla cucina italiana, un brand sempre amato dal pubblico e appetibile a livello commerciale”.
Marco Sabellico, al centro
Quali sono quindi, concretamente, le mosse da effettuare? Al termine del convegno ci hanno pensato i produttori stessi a tirare le somme. Hanno infatti preso parola Roberto Barioli, Amilcare Pambuffetti (Scacciadiavoli), Filippo Antonelli, Guido Guardigli (Perticaia) e Bernardo Barberani. Un susseguirsi di interventi a dimostrazione di quanto sia sentito il tema e di quanto si voglia cercare una via realmente percorribile. L’obiettivo è fare gruppo, investire denaro comune e provare a creare un vero brand Umbria, esportabile e rispettoso della storia di questa regione.
Alessio Noè
29/01/2013