>qui sotto, (Criterion, Bogotà), dal titolo “Salvando le scogliere”.
E come può un cuoco salvare scogliere e barriere coralline? Utilizzando in cucina uno dei pesci predatori che più stanno devastando la flora e la fauna dei fondali caraibici: il pesce leone, una vera piaga arrivata dal sud del Pacifico nei Caraibi. Lo chef così prende due piccioni con una fava: si fa difensore della natureza e ha un nuovo ingrediente dalle caratteristiche importanti in cucina, che però va trattato con perizia, perché le sue spine sono velenose.
Risaliamo i continenti, siamo ora negli Stati Uniti con George Mendes, dell’Aldea di New York. Origini portoghesi, studi in Francia e Spagna, passione per il Giappone: questo il mix, perfettamente NYstyle, che sta dietro alla cucina di Mendes.
Ritroviamo nei suoi piatti le radici lusitane, dal baccalà al chouriço ai petiscos (le tapas portoghesi), condite da una miriade di elementi global, come keffir lime, alghe, dashi, shiso e papas.
Ecco natura e scienza incontrarsi nella cucina del polacco Wojciech Modest Amaro (Atelier Amaro di Varsavia). Ancora una volta la biodiversità e la conservazione della natura sono al centro della ricerca e qui entra in gioco la scienza: la cucina di conoscenza non è solo concentrata sulla tecnica, secondo Amaro, ma è relazionata alle specie naturali, alle coltivazioni, alla caccia, all’allevamento, alla pesca, alla manipolazione del cibo e anche al food design.
Il cuoco non può non valutare tutti questi aspetti nella costruzione di un menu e, con rigore molto polacco, lo chef di Varsavia ha costruito un vero e proprio calendario della natura, basato, non sull’articolazione delle stagioni, troppo generica, ma sulle 52 settimane, sulle zone geografiche, sulle centinaia di ingredienti presenti in un determinato momento dell’anno in quel territorio.
La sala si gremisce, eccoci di nuovo in Sudamerica con la stella brasiliana Alex Atala.
Alex Atala
Lo chef del D.O.M. continua il suo lavoro di ricerca sulle materie prime del Brasile e sull’uso (grazie a una collaborazione con alcuni antropologi) che i nativi ne facevano prima della colonizzazione portoghese.
Abbiamo così un piatto costruito con la manzana de coco (mela di cocco), una parte che il frutto ha solo quando germoglia, la rarissima vaniglia selvaggia, le alghe oceaniche, rafano marinato e fave kumaru. Poi sul palco una ricetta evocativa, ricostruita grazie al dialogo con gli sciamani, una sorta di insalata capace di aumentare la sensibilità delle persone: il ceviche di fiori, come lo chiama Atala, è costruito con miele, fiori, erbe marine, peperoncini, limone e ghiaccio.
La fine dell’intervento dello chef paulista, sempre acclamato, è un omaggio al Portogallo e alle tecniche che ha introdotto in Brasile.
Il bacalhau a bras - ricetta della tradizione portoghese a base di baccalà, uova, cipolle e patate - viene rivisitato allora con manioca, maionese, cipolla candita, aceto di Xeres ed erbe.
testo e foto di Pina Sozio
24/01/2013