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«Sì - racconta Enzo D'Eugenio titolare con la famiglia della Fenice - Mio fratello Piero (foto sopra) si arrabbia sempre, ma io devo vendere i piatti. Se i tedeschi mi rimandano indietro le carbonare senza panna, io devo adeguarmi. E pure mio fratello in cucina!»
Già, per i clienti che non conoscono l'originale, ma anche per i cuochi italiani che non hanno mai lavorato in Italia, la realtà è quella: la carbonara è con panna e prosciutto, la piccatina alla milanese è una cotoletta dorata e fritta!
Sì, è questo che spesso accade nei ristoranti italiani all'estero: la tradizione è tradotta, quando non tradita, per avvicinarsi al gusto locale. E poi ci sono il food cost che cambia molto scegliendo gli ingredienti giusti (per non parlare di quelli di alta qualità), il personale di sala che il vuole accontentare il cliente, e il cliente stesso che è convinto del suo sapere e dei suoi sapori (nella foto sotto, la sala del locale di Pforzheim).
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Ma a questo punto, chi convince i signori Schneider che sono stati sempre presi in giro? Ma soprattutto chi decide cosa è giusto e cosa no, in tavola? Dallo storico contrasto tra cucina e sala in genere esce vincitore chi ha dalla sua il favore dei numeri. Ecco spiegata allora "l'altra carbonara", con creamsauce.
Certo, poi la speranza è l'ultima a morire. E per fortuna si riesce anche a convincere gli ospiti, i cuochi e i ristoratori stessi, come racconteremo nelle prossime puntate della nostra piccola inchiesta.
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Intanto, nell'annoso contrasto tra carbonara all'italiana o alla tedesca, parliamo con Enzo D'Eugenio (foto sopra), che qui in Germania ci sta e ci lavora dal 1989. Quasi venti anni di equilibrismi per portare a casa il risultato e far conoscere e apprezzare la vera cucina italiana. Con qualche vittoria e qualche cedimento, come per la famigerata carbonara.
Il suo è un ritratto esemplare. Da quasi vent'anni in una città che conta 120.000 abitanti e una trentina di ristoranti italiani, molti meno i tedeschi. La maggior parte è di vita breve, gli indirizzi storici sono una manciata. Colpa di un'improvvisazione che è un vizio comune, e di un'attitudine al risparmio che incide sulla materia prima.
Le "corruzioni" più frequenti? Piatti traboccanti di salse, la lasagna servita in una terrina piena di sugo, la pizza piccola e spessa. Poi ci sono i tortellini conditi con i frutti di mare, il caffellatte caldo come bevanda a tutto pasto. «Ho saputo di una parmigiana diventata una cotoletta panata con pomodoro e parmigiano, passata in forno». Però ai clienti piace così. Questo è l'ostacolo maggiore. Ma oggi va meglio: le persone viaggiano di più, provano la cucina originale, riconoscono i sapori veri. «Basti pensare che vent'anni fa non c'era richiesta di pesce, mentre oggi lo faccio arrivare due volte a settimana dall'Italia».
Qui cuocere con l'olio di semi è normale e lo è anche per molti ristoratori italiani.
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«Abbiamo iniziato dagli ingredienti: olio, pomodori, pasta, farina, anche acqua minerale. Ma sulle ricette a volte abbiamo dovuto cedere. È l'esempio della carbonara. Non ci siamo rassegnati, però. Abbiamo trovato il modo di mostrare cosa c'è dietro un piatto e quale è il lavoro in cucina. E oggi molte più persone chiedono la carbonara “all'italiana”. Una bella soddisfazione!».
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Antonella De Santis
24 agosto 2012
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