come membro del direttivo guidato da Emanuele Scarello, il presidente uscente. Pacato, concreto, discreto non ama raccontare di sé gli step di formazione che lo hanno portato ad essere uno più validi interpreti della nostra cucina: «Ho girato molto ma non amo dire in quali ristoranti blasonati sono stato. Conta tanto il piccolo dove c’è un solo fuoco quanto il maestro stellatissimo. In questi anni abbiamo dato un’esagerata importanza alle mostrine».
In dieci anni come siete cambiati voi giovani ristoratori italiani?
«Siamo tutti un po’ meno giovani, più concreti, meno in balia di suggestioni esterne. Non dimentichiamo che siamo un’Associazione di ristoratori e non solo di cuochi e come tali dobbiamo ogni giorno fare i conti con le ragioni dell’impresa. Dobbiamo stare molto attenti a non fare cucine troppo particolari senza corrispondenza con il territorio».
La corrispondenza di cui parla tra cucina e territorio non rischia di essere un freno al l’innovazione?
«Io personalmente non credo più al discorso innovazione/tradizione. Oggi non esistono limiti o barriere. Ma più di ogni altra cosa conta essere normali, trovare la propria normalità, la propria identità e il senso di una professione lontana dai riflettori. Questo non significa non essere aperti. A maggior ragione va fatto un grande sforzo in questa direzione senza preclusioni di sorta».
Quale sarà la sua linea?
«Di totale continuità. In questi tre anni ho lavorato fianco a fianco con Emanuele e intendo proseguire sulle parole d’ordine: fare squadra, fare sistema».
Lo Stato non sembra però troppo aiutare la ristorazione. Come vede per esempio i blitz fiscali che si stanno intensificando negli ultimi tempi?
«Ho l’impressione che vogliamo diventare tedeschi in un mese e mezzo dopo epoche di sprechi e sperperi. Ma questo ad essere sinceri è l’ultimo problema dei ristoratori. Il sistema food insieme a quello del turismo è una forza che non viene preso in considerazione dalla politica. Di conseguenza stiamo perdendo identità e qualità. La nostra sta diventando una professione aperta a qualsiasi improvvisazione, in mano agli improvvisatori. Noi faremo di tutto per non erodere il nostro patrimonio».
Maria Consolo
12 marzo 2012