ò la parola vino non compare neanche una volta. Eppure non c'è nessun errore.
Come spiega a Tre Bicchieri William Griffini, ceo di Carter&Benson: “Oggi la figura più richiesta anche nelle aziende vitivinicole è l'export manager, ovvero una persona che abbia capacità manageriali nell'area commerciale e non necessariamente conoscenze enologiche. Serve una figura veloce in un mercato veloce e per un settore forse ancora lento in Italia, qualcuno capace di intercettare la domanda, di inserirsi nelle gare d'appalto e di nobilitare la comunicazione anche attraverso i nuovi media”. Come a dire bene la qualità, ma adesso bisogna vendere.
Dello stesso avviso anche Andrea Pecchioni, direttore di WineJob, l'agenzia specializzata nel reclutare professionisti nel mondo del vino (di cui Tre Bicchieri ogni venerdì pubblica la rubrica di ricerca del personale): “Tra i fattori determinanti nell'affermazione dell'export manager c'è sicuramente l'emergere di nuovi mercati esteri rispetto al passato. A quelli tradizionali come Europa, Stati Uniti, Giappone e Australia, si sono aggiunti i Paesi emergenti come Ucraina, Kazakistan, Russia. E a questo bisogna aggiungersi la necessità di essere più presenti sul territorio: quello che prima si faceva tramite computer e telefono, oggi si preferisce farlo face to face”.
Motivi che stanno portando anche all'affermarsi di una nuova figura, ancora più specifica e più “abroad oriented”. Si tratta del resident manager. Eccone l'idetikit che ne fa Pecchioni: “Il residente manager è colui che vive nel paese con cui si hanno scambi commerciali, non si sostituisce ai canali di vendita delle aziende, ma ne cura il marketing e i rapporti direttamente sul posto. È una figura relativamente nuova che le grandi aziende ormai hanno inserito nel personale, mentre le piccole cercano di garantirsi in condivisione con altre aziende non concorrenti per poter ammortizzare i costi”.
Sia l'export manager, sia il residente manager hanno delle caratteristiche comuni: ottima conoscenza delle lingue, predisposizione alla mobilità e una buona cultura generale. Sul fronte formazione le lauree che spalancano le porte delle cantine sono per lo più quelle in materie economiche.
Figure specializzate, quindi, ma non nella direzione che fino ad ora ha caratterizzato il settore vinicolo, ovvero la conoscenza delle tecniche di vinificazioni. Queste rimangono patrimonio dell'enologo, ma non bastano più. Come spiega lo stesso Pecchioni: “Oggi l'enologo ha subito dei notevoli cambiamenti, acquisendo caratteristiche che lo avvicinano sempre più al settore marketing. Senza che venga meno la preparazione professionale in cantina, l'enologo deve essere anche un buon comunicatore, essenziale e non troppo tecnico, capace di affiancare la struttura commerciale con una buona dialettica e una buona conoscenza delle lingue”. Enologi, export o residente manager, una cosa è comunque certa: il settore del vino non sta poi così male.
Una ricerca elaborata da Manpower per Tre Bicchieri, mostra che, nonostante la crisi che non ha risparmiato il settore vitivinicolo, nel 2011 si è registrato un incremento del 20% nell’assunzione di figure professionali nel comparto. Tra le regioni italiane in cerca di personale in testa ci sono Toscana, Marche, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna. E c'è una novità importante: mentre in passato il settore viveva di canali propri, passaparola e contratti stagionali, adesso ci si affida alle agenzie del lavoro. Segno che il mercato è diventato più maturo ed è pronto ad offrire possibilità di lavoro più stabili?
di Loredana Sottile
02/03/2012