izzanti, per non parlare di quante buone ed economicissime ricette permettono di preparare in cucina!
Non a caso, la povera cucina contadina ha sempre fatto tesoro di queste umili piantine ricche di nutrienti e di sapore per preparare piatti a km, anzi metro zero, gustosi e sani. Torta pasqualina ligure, Gramugia Lucchese, Fave e cicorie e Cipolle Ripiene, sono solo alcune delle ricette più note a base di erbe e primizie e solo alcune delle dieci ricette “recuperate” attraverso l'iniziativa “Adotta una ricetta con le primizie del tuo orto”, lanciata dall'Accademia Italiana della Cucina, Istituzione Culturale della Repubblica Italiana da quasi sessanta anni impegnata nella salvaguardia del patrimonio gastronomico nazionale.
Che le erbe spontanee e le primizie orticole stessero tornando di moda era un dato visibile: basti guardare ai grandi chef, in tanti ormai dotati di un proprio orto personale a cui attingere per la cucina del proprio ristorante: in prima linea, Piergiorgio Parini, chef del ristorante il Povero Diavolo, grandissimo interprete della cucina di erbe, come pure Antonello Colonna che si è portato dietro la “sua” campagna di Labìco fin nel cuore di Roma, nel'orto del suo ristorante Open Colonna.
Ma si pensi anche a realtà più vicine e quotidiane, come la moda degli orti pubblici in città, che negli ultimi anni ha spopolato nelle grandi metropoli, da New York a Milano; la tendenza Orti Urbani nata ispirandosi a un progetto gemello attivo a Barcellona dal 2003 con l'obiettivo di diffondere la cultura degli orti cittadini in terrazze, balconi e cortili attraverso la commercializzazione di tutto ciò che può servire alla produzione di ortaggi e piante aromatiche per autoconsumo, o la campagna Orto in condotta lanciata da Slow Food nel 2004 e destinata ai giovani studenti e alle loro famiglie, chiamati a realizzare e curare un piccolo orto all'interno della scuola.
Insomma, l'orto fa moda e la gente sembra essere sempre più interessata al consumo di prodotti freschi e genuini. Era ora, possiamo aggiungere. Quello che ancora manca, dopo decenni di grande distribuzione - che ha ridotto la conoscenza di prodotti orticoli a un massimo di 20 referenze in barba a stagionalità e microclima - è sapere quali piante spontanee siano effettivamente commestibili e come possano essere cucinate.
L'iniziativa verde dell'Accademia Italiana della Cucina è proprio quella di recuperare questa conoscenza e le ricette tramandate dalla cultura contadina. E lo fa mettendo a disposizione sul proprio sito internet (www.accademia1953.it) dieci ricette regionali ormai in disuso o quasi e chiedendo ai neo-ortisti di “adottarle”, rispolverando quindi quell'antica cultura ad esse legata.
Perché ciascuna di queste piantine sembra rappresentare un proprio pezzettino d'Italia nascosta, di cui racconta territorio, clima, tradizioni e usanze. Non a caso, ogni regione ha le sue: dalla Valle d'Aosta alla Sicilia sono circa 40 le tipicità censite, alcune delle quali oramai in via di estinzione: dalla ligure “persega”, alle “pastinache” del Trentino, dalle “crispignole” delle Marche al “lambascione” pugliese, solo per citarne alcune.
Erbe o radici che nascono in montagna, nei boschi o ai margini delle strade e che - per i loro sapori unici - rappresentano un bacino indispensabile per la nostra cucina. Senza dimenticare le riconosciute proprietà nutraceutiche che rendono questi vegetali un must per l'alimentazione moderna orientata al binomio gusto salute.
“I prodotti della cucina dell’orto - afferma Giovanni Ballarini, Presidente dell’Accademia Italiana della Cucina - hanno sostenuto in passato intere generazioni appartenenti alle classi più povere. Ma ancora oggi erbe selvatiche, legumi, bulbi, radici, ortaggi da fiore, da fusto continuano ad impreziosire con le loro caratteristiche molte preparazioni gastronomiche della nostra tavola. L’orto italiano inoltre non è soltanto un inesauribile fornitore di materie prime per il cuoco ma è anche un grande spazio economico: l’ortofrutta vale un quarto della “ricchezza verde”del paese, il 40% dell’intera Europa, per un valore di circa 11 miliardi di euro distribuiti fra tutte le regioni italiane”.
Insomma, riscoprirsi contadini fa davvero bene, alla salute... e al portafoglio!
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di Flavia Rendina
01/03/2012