La questione da sciogliere spiega Fabio Barbaglini del ristorante La Cassolette dell'Hotel Mont Blanc, è semplice: è la tecnica al servizio dell'ingrediente o l'ingrediente al servizio della tecnica? "Il sottovuoto", spiega Fabio, "è stata una grande conquista, risolve molti problemi e consente di mantenere tutti i sapori di una preparazione che con altri sistemi andavano persi. Ma certamente non è una tecnica applicabile a un intero menu". Il punto è proprio questo: come ogni metodo si dovrebbe utilizzare solo se contribuisce a dare al piatto determinate caratteristiche, agli ingredienti consistenze e sapori ben precisi. Perché Barbaglini non ha timore di dire che la tecnica, alla moda e sempre la stessa, uniforma: "non devo mai dimenticare che quello che do da mangiare al mio cliente non è di certo una tecnica!". Con il rischio di perdere sapori e consistenze formidabili come la tostatura e la croccantezza di una buona carne cotta al forno.
E Il suo stinco di vitello disossato e profumato al tartufo con topinambur e castagne sull'argomento la dice lunga. Arriva in tavola intenso e morbidissimo, basta un boccone ed esperti e critici non hanno dubbi: se non è sottovuoto è bassa temperatura. E invece no, è cotto semplicemente al forno. Si ripete l'assaggio: gli aromi di tostatura, tipici di una carne ben rosolata, il gusto leggermente affumicato, qui c'è lo zampino di un metodo antico.
La pensa allo stesso modo anche Emanuele Scarello del ristorante Agli Amici di Udine. "Non bisogna dimenticare che uno dei piatti più amati in assoluto è la carne alla brace. E quel gusto, affumicato e croccante, sarà insostituibile".
Che si parta dagliingredienti, dagli abbinamenti,la tecnica non è altro che uno strumento. E la legge, si spera, è uguale per tutti, sottovuoto compreso.
Sara Bonamini
29/02/2012