Contrordine: non è vero che i giovani hanno tradito il vino. A bere meno sono gli over 44

27 Mar 2025, 12:46 | a cura di
L'analisi dell'Osservatorio Vinitaly-Uiv ribalta tutti i luoghi comuni: non solo Millennials e GenZ spendono più dei Boomer, ma sono loro ad arginare il calo dei consumi

«I consumi di vino scendono per colpa delle nuove generazioni». «Il vino non è più attrattivo per Millennials e GenZ». «Solo i Boomer comprano vini costosi». Quante volte negli ultimi anni avete sentito, se non addirittura pronunciato, una di queste frasi? Ebbene, dimenticate tutto.

La fotografia scattata dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly in occasione della conferenza stampa del 57esimo Salone del vino di Verona (6 al 9 aprile) ribalta tutti i luoghi comuni. A quanto pare sono gli under 44 italiani e statunitensi a spendere di più per etichette super premium. Ma le sorprese non finiscono qua. Lo studio, su base Iwsr, smentisce gran parte di un immaginario comune che vede le nuove generazioni molto lontane dal vino, disinteressate e immuni alla sua forza evocativa. Niente di tutto ciò: gli under44 spendono di più e di fatto stanno tenendo a galla un mercato premium minacciato dalla retromarcia di Boomer (tra i 61 e 79 anni) e GenX (45-60 anni).

I consumi non scendono per colpa dei giovani

Se i cocktail hanno fatto breccia nelle preferenze di Millennials e GenZ (e anzi saranno il collante generazionale da non perdere di vista), il vino non è stato dimenticato.  Si dimostra falsa, quindi l’affermazione secondo cui «il vino non fa presa sui giovani». In Italia il profilo dei consumatori di vino per età rispecchia fedelmente la distribuzione anagrafica della popolazione (legal drinking age), con gli under44 a quota 35%, mentre negli Usa Millennials e GenZ - che rappresentano solo un terzo della popolazione - raggiungono quota 47% tra i consumatori di vino, denotando un tasso di penetrazione della bevanda più alto tra i giovani che tra i consumatori più maturi.

Falsa anche la convinzione che vede i giovani più morigerati e inclini ad un consumo saltuario. In entrambi i Paesi la tendenza (alta, attorno all’80%) a ridurre il consumo a 2-3 volte al mese appare piuttosto egualmente distribuita tra le diverse fasce d’età. «Non è vero neanche che i giovani  bevono solo bollicine e nessun vino fermo», aggiunge il responsabile dell'Osservatorio Carlo Flamini.

Falso, infine, che «i consumi scendono per colpa dei giovani». In America - rileva l’Osservatorio - sono proprio i consumatori maturi a tirare il freno a mano. Mentre tra i giovani under44 sono più quelli che hanno aumentato i consumi (31%) di quelli che li hanno diminuiti (26%), nelle fasce di età più avanzate rappresentano solo il 9% quelli che hanno aumentato il consumo di vino, e salgono al 29% quelli che ne hanno diminuito le dosi. In Italia il calo sembra più trasversale e intergenerazionale e coinvolge oltre un quarto della popolazione (27%) in entrambi i cluster d’età. Anche qui, però, a calmierare in parte il calo sono proprio gli under44 (il 14% quelli che hanno aumentato il consumo, contro il 7% nella fascia over44).

GenZ e Millennilas spendono più dei Boomers

Ma c’è di più: gli under44 vedono il vino come status symbol. Nel Belpaese la quota dei giovanissimi italiani che vede il vino come un “fashion statement” è esattamente il doppio (56%) di quella dei boomer (28%), e anche i Millennials staccano i GenX per 16 punti percentuali (45% contro il 29%). Per questo Iwsr ha coniato una nuova categoria, quella degli “Status Seekers” che, pur rappresentando solo l’11% dei consumatori abituali di vino, negli Stati Uniti realizzano il 24% del volume e il 35% dei valori generati dai regular wine drinkers.
Non è un caso se circa il 31% del valore complessivo degli acquisti di vino in America è attribuibile a prodotti in fascia ultra premium, effettuati in 6 casi su 10 da consumatori under44. Diversa la situazione in Italia, dove i vini di alta gamma valgono solo il 10% degli acquisti, ma realizzati anche qui per circa la metà dai giovani consumatori. «Insomma, non è vero che i giovani spendono quattro soldi. E non solo per una questione di aumento del costo della vita, ma perché vanno alla ricerca di brand più costosi», aggiunge Flamini.

Occhio, però, perché c’è una novità importante: il brand non fa più troppa presa sulle nuove generazioni. Sia i giovani americani che italiani, se paragonati alle fasce d’età più elevate, si dichiarano meno fidelizzati a specifici marchi. «I giovani sono, quindi, più infedeli rispetto al passato, sia in termini di brand sia di bevande. Parliamo, infatti, di una generazione liquida, difficile da inquadrare», conclude l'esperto.

Giovani incuriositi dai mesi dry

Piccola curiosità. Gli astemi sono per lo più over44. Su entrambe le piazze – italiana e statunitense - quasi la metà di chi non beve vino appartiene ai Boomer, seguiti dalla GenX (23% negli Usa e 30% in Italia). GenZ e Millennials rappresentano complessivamente solo 3 astemi su 10 negli Stati Uniti e 2 su 10 in Italia.


La tendenza sober curious si inverte nel caso dei cosiddetti periodi “dry”, che negli Usa vedono in prima fila gli under44, con una quota disposta a parentesi temporanee di astinenza che tra i più giovani (GenZ) raggiunge il 60% negli Usa e il 46% in Italia. Si preferisce, quindi, dedicare alcuni periodi al detox, senza rinunciare al vino negli altri periodi dell'anno.

 

 

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